Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, agosto 25, 2012

Kagel: alcune riflessioni su "Aus Deutschland"


Mauricio Kagel (1931-2008)
Si pensi ai declamatori del passato, che da brevi componimenti creavano monologhi teatrali di carattere patetico. Secondo uno spirito non dissimile Liszt ha definito i Lieder di Schubert «opere in miniatura» ed ha così attirato l’attenzione sulle differenze che intercorrono tra la lettura muta, la recitazione, l’esecuzione cantata di una poesia. Nel contempo è evidente che nel canto liederistico sono in gioco affetti e sensazioni di palese natura drammatica e climax in stretta successione i quali avrebbero bisogno solo di una realizzazione teatrale per dimostrare la loro efficacia scenica. Non da ultimo la definizione di Liszt offre materia di riflessione in quanto vi si può trovare il presentimento di una svolta nel senso della riduzione della forma, di un’espressione musicale dotata di concisione. Per quanto riguarda la lingua di questo pezzo, visto che il libretto si basava sulla tecnica del collage mi sembrava importante che non sembrasse un pot-pourri di poesie diverse, ma che desse l’impressione di provenire da un’unica mano. Un’interpretazione in un certo senso “esagerata” dell’originale è stato il presupposto estetico della composizione: attraverso la trasposizione letterale sulle scene i testi avrebbero dovuto essere messi in scena come tableaux vivants del teatro barocco. In contrapposizione a questo montaggio non si verifica quasi nessuna citazione musicale che mantenga la tensione determinata nell’ascoltatore da versi celeberrimi. Infatti Aus Deutschland va vissuto tranquillamente ma con orecchi inquieti: suona come Kagel, avrebbero di nuovo riconciliato la coscienza divisa dell’ascoltatore. La concordanza di citazione testuale e di musica originale avrebbe potuto svolgere una funzione sì soddisfacente, ma anche discutibilmente restaurativa che sinora non ha affatto caratterizzato la tecnica delle citazioni.

I principi della composizione del libretto di Aus Deutschland sono emersi quasi contemporaneamente alla scelta dei temi che rappresentano argomenti chiave del romanticismo. Per prima cosa ho cercato di separare amore, natura e morte, i classici temi che tuttora costituiscono la materia del romanticismo di tutti i tempi, dalle nostre rappresentazioni romantiche sui romantici. Ciò è stato reso necessario dal fatto che altrimenti avrebbero potuto crearsi confusioni né utili né sufficientemente contraddittorie. Autori che hanno impresso di sé uno stile e che lo hanno realizzato attraverso opere congeniali possono essere talvolta identificati solo in parte in quanto persone vissute in un determinato momento storico.

Ma ci sono spesso segrete connessioni. Un esempio desunto da una parte della storia della musica appena trascorsa. Molti dei compositori degli anni Cinquanta tenevano ad evidenziare nei loro scritti e nelle opere, ed anche nell’aspetto esteriore, l’influsso delle discipline esatte (al contrario Einstein assomigliava piuttosto a un artista...). Proprio il compositore che più ha inizialmente influenzato la mia generazione, cioè Webern, aveva l’aspetto di un ingegnere o un matematico. Magro, ascetico, con occhiali al tempo stesso spirituali ed oggettivi, rappresentava perfettamente la scarsità del superfluo e l’ascesi del dopoguerra (anche se i suoi lineamenti erano rimasti del tutto immutati rispetto all’anteguerra). Questo ha permesso ai compositori una musica totalmente organizzata e anche un’identificazione fisica con il loro modello. Ci si sarebbe potuti figurare un essere umano come Rabelais sulla frontiera più avanzata di un controllo utopicamente regolato della percezione acustica? Evidentemente no. Si è così verificata una sorta di perfetta simbiosi. Probabilmente l’identificazione con un Webern “brutto” non avrebbe potuto aver luogo.

Riflessioni di questo genere sono forse contestabili, ma non si basano affatto su considerazioni di natura soggettiva. Al contrario: io cerco di essere oggettivo, mentre oggettivizzo tutto ciò che è razionalmente analizzabile. Il riferimento a Webern e alla sua passione per l’esattezza dovrebbe chiarire il mio lavoro che riguarda l’argomento, davvero inesauribile, del romanticismo.

Mi immagino il romanticismo come una specie di decotto di sensazioni inespresse e di aneliti che può essere proiettato nell’intimo di ciascuno perchè poi se ne distilli ciò che è propriamente personale. Essenzialmente mi sembra di dover distinguere tra un’idea personale su ciò che sarebbe il romanticismo e un’entità che tenderei a chiamare libido artistica. Il romanticismo è innanzitutto una contrapposizione tra due realtà: la prima corrisponde a ciò che ci si immagina come realtà e a come potrebbe essere fatta, la seconda corrisponde alla realtà vera e propria così com’è effettivamente e che in quanto tale non può essere accettata. Si viene così a creare un rapporto di tipo triangolare:

io invento
la/e realtà
la/e realtà io riconosco
hanno luogo senza di me la/e realtà.


Il mio accenno alla proliferazione di realtà che si può rilevare nel mio schema è un’inevitabile conseguenza: ciascuna delle due realtà sopra citate consta di realtà diverse.

Come esempio può servire la creazione di una figura di Aus Deutschland: la Notte.

Nel complesso la notte può essere vista come parte della natura perché appartiene simbolicamente al regno del visibile. Non è necessario dubitare della sua esistenza per speculare sul suo conto. Il suo regolare ritorno le assicura – come anche al sole e alla luna – un predominio illimitato nel sistema di coordinate della rappresentazione romantica del mondo. La natura, in quanto immagine essenziale di una verità visibile, è nel contempo il momento risolutivo della contrapposizione tra libido artistica e realtà. Se centinaia di persone vanno a passeggio su un prato fiorito, sicuramente una parte di coloro che stanno ad osservare sentirà che ai fini della realizzazione artistica tutto ciò può essere animato per mezzo di un’astrazione intensificata oppure di una concretizzazione insistemente metaforica. Il desiderio creativo dell’invenzione romantica è acceso soprattutto da questa percezione creativa della natura. La natura viene costantemente descritta in modo nuovo, viene inventata in modo nuovo e poiché viene inventata contiene sempre significati mutevoli. Un solo significato valido sarebbe insufficiente in quanto la natura stessa si trova in uno stato di costante mutamento. Le diverse nature che si presentano agli occhi dei romantici assomigliano alle immagini di un film riprese una dopo l’altra dallo stesso angolo visuale, ma con diversi tempi di posa.

In un certo senso la notte del romanticismo corrisponde alla radio (al contrario la televisione può essere agevolmente assimilata al giorno). Infatti con l’inizio della notte finisce il mondo del visibile e può iniziare il sentimento del cosmo e della sua infinitezza. Nella poesia di Eichendorff Notte viene detto:

Perché il Signore va sopra le vette
E benedisce la terra silenziosa.


Il dialogo della fantasia al sopravvenire dell’invisibile favorisce alla fine del pezzo la vera animazione dell’Olimpo del compositore nella forma di un’enorme quadro a silhouettes. «Schubert in cielo» corrisponde in quanto combinazione di quadro a silhouettes e lanterna magica al cinema del Biedermeier (e forse anche a un precursore del televisore, se si dovesse parlare del rapporto con il naïf).

Certamente alcuni personaggi del pezzo sono archetipi. Tuttavia nell’incontro con altri personaggi del pezzo si trasformano in allegorie. In questo modo si creano diversi stadi di somiglianza (un esempio analogo, archetipi in Goethe possono diventare nei disegni di Alfred Kubin componenti di un’allegoria).

La Morte appare per la prima volta nel quadro 10 come immagine corrente della paura. Tre fonti testuali sono state utilizzate per organizzare la scena. La morte e la fanciulla di Matthias Claudius, La morte è la fredda notte di Heinrich Heine e Il lamento della fanciulla di Friedrich Schiller. Nel quadro 20 invece la Morte è la liberatrice tanto desiderata. Di nuovo tre poesie costituiscono la rete drammaturgica della scena: Il giovinetto e la morte di Joseph von Spaun, La nostalgia del becchino di J. N. Craigher de Jachelutta, Desiderio di morte di Max von Schenkendorf. Però laddove la morte non è più temuta, ma desiderata e perde la cote per affilare la falce, la morte stessa prova paura per lo spaventoso rovesciamento dei ruoli: solo la morte infonde timori, i quali avvolgono con il suo odore le altre figure. Proprio il desiderio di morte è il tema centrale del pezzo, quel desiderio di morte appagato/inappagato che nel romanticismo – e durevolmente sino ad oggi – si mostra capace di vitalità. Un magma di notizie e sensazioni mortuarie che nonostante il costante mutamento garantisce sempre l’omogeneità dei suoi influssi.

Un altro esempio è Edward, protagonista dell’omonima ballata scozzese, che con la musica di Loewe ha messo vario tempo fa a soqquadro i salotti tedeschi. Io ne scrivo un melodramma comme il faut, ma quasi del tipo dell’Assassinio del duca di Guisa all’inizio del cinema muto. Dev’essere cantata con una tensione quasi insopportabile, o meglio una tensione quasi inaudita, per poter rappresentare in modo corrispondente il senso di ininterrotta costrizione che scaturisce da questo dramma dell’incesto. La madre di Edward lo ha indotto ad uccidere suo marito, il padre di suo figlio. Ho fatto rimanere muto fino alla fine del quadro un enorme cavaliere, una sorte di Super-Padre che osserva quanto avviene in scena: l’aura di Shakespeare con un pizzico di tragedia greca. D’altra parte: la popolarità di Carl Loewe nel secolo scorso si basava esenzialmente su due aspetti. Per un verso era un compositore di ballate, cioè di componimenti narrativi, per un altro verso egli disinnescava la drammaticità delle sue vicende epiche con una musica piacevole, che ritorna sempre uguale strofa dopo strofa. In questo modo Loewe ha attinto al nucleo del piacere borghese. La tensione del racconto viene mantenuta visto che si possono capire le parole cantate, ma il contenuto viene relativizzato perchè il testo non viene intonato ricorrendo a una musica ad hoc, ricca di onomatopee, ma come musica assoluta. Vi è insomma una statica orientata alla meta e un’atmosfera immutata le quali riproducono all’ingrosso le peculiarità del testo originale. Alla fine del quinto quadro ho voluto sottolineare il desiderio di possesso che assillava la borghesia tedesca emergente al tempo di Loewe e che l’ha portata a un pensiero aggressivo di stampo conservatore: per questo ho fatto dire all’armatura «E che ne sarà della tua corte, della tua casa?» dopo che Edward ha pugnalato sua madre.

È stato per me importante cercare di documentare il carattere ermafrodita del sentimento romantico nella poesia e nella musica. Mi ha sempre colpito il fatto che proprio nei Lieder un cantante uomo può ad esempio cantare pieno di passione «O tu, amato mio!». Si potrebbe parlare – utilizzando uno dei concetti preferiti di Adorno in un contesto errato – di fungibilità della recezione.

Anche nel mondo dei Lieder non è determinante se un uomo in quanto donna si rivolge a un altro uomo, ma come egli canta. In altre parole: vengono qui acusticamente trasposti sentimenti più che contenuti, nuda comunicazione musicale che esclude ogni carattere informativo. Con tutta la sua spiccata accentuazione passionale il Lied tedesco è in sostanza asessuato. Proprio l’estrema plasmabilità di un sentimento leale e sincero consente una trasposizione per così dire discrezionale: dall’originale per baritono si può immediatamente ricavare la versione per soprano. Se un tenore è innamorato e canta indirizzandosi a un altro uomo – in questo modo sfigurando la drammaturgia concepita in origine – ciò non avrebbe pressoché dato luogo in passato a pensieri sconvenienti. Certamente nella letteratura operistica vi sono un certo numero di parti “in pantaloni”, dal Cherubino di Mozart all’Oktavian di Strauss, cui però lo spettatore giunge coscientemente preparato trattandosi di casi molto noti.

Invece Aus Deutschland contiene ambiguità sessuali determinate dal mio modo di vedere il romanticismo. Quanto il poeta del Dichterliebe canta nelle vesti di una poetessa che sta invecchiando, ne deriva una materializzazione del testo estremamente volubile. Il soggetto erotico assume le fattezze della poetessa che canta, la quale proietta il componimento sul suo passato. Il fatto che attraverso la musica le parole possono assumere una nuova sensualità acustica abilita il compositore a precisare tale nuova dimensione dell’erotismo. Lo stesso Schubert nel Dichterliebe si trasforma in bardo e sostituisce l’infelice Heine. Nel mondo delle idee schubertiane si possono osservare varie trasformazioni di questo tipo. La scelta del testo – come già mostrano i titoli – costituisce un primo passo verso l’identificazione, senza la quale l’attuazione sonora non è pressoché pensabile: solo essa consente di valutare il grado di artisticità e di natura del brano, decide se il testo va deformato oppure deve rimanere comprensibile. La messa in musica avviene a due livelli, la comprensibilità (durata normale delle sillabe) e il canto (dilatazione delle vocali). È di continuo in discussione il problema di come scavare il testo per far posto a nuovi contenuti musicali. (Quand’è che durante Il viaggio d’inverno Schubert si trasforma definitivamente nell’uomo dell’organetto?). I poeti sono chiamati a trasporre in parole il dolore. Se un compositore decide a sua volta di trasporre tali parole in dolore acustico, è possibile che varie caratteristiche della poesia vengano occultate a favore di una musica esplicitamente contrassegnata dall’inquietudine. Ne consegue che la musica (di Schubert) viene percepita in modo più intenso della poesia (di Wilhelm Müller, ma anche di Goethe o di Heine). [...]

Le schubertiadi possono essere considerate quasi dei precursori dell’«Associazione per esecuzioni musicali private» di Schönberg, non da ultimo visto che ne condividono lo spirito puristico. Il partecipante a una schubertiade si dichiara esplicitamente null’altro che un amatore di musica e in un certo senso va verso una professionalizzazione dell’ascolto dell’organetto. Ma a chi dedica la sua devozione, nel momento in cui si ritira nel proprio privato? Naturalmente a un singolo compositore. Questo rapporto conduce direttamente alla modernità attraverso Wagner e inoltre motiva un certo stravagante totalitarismo che si nota talvolta nei compositori, la loro aspirazione a una sorta di diritto esclusivo. (C’è così tanta musica al mondo che è ben comprensibile il desiderio – fondato o infondato che sia – a vedere il proprio lavoro come punto conclusivo, e perciò come nuova partenza. Lo scopo è sempre lo stesso, cioè raggiungere possibilmente il maggior numero di ascoltatori con il minor numero di pezzi, naturalmente i propri). Nella schubertiade la pratica della musica è connessa a una componente voyeristica. Certamente l’influsso erotico dell’interprete – allorchè si esibisce in una piccola compagnia di persone ed assume un’importanza di primissimo piano – raggiunge il suo acme. (Hollywood ci ha precocemente abituati a ciò e ci ha offerto la stessa situazione in due modi: un giovane pianista indomabile attorniato da fanciulle adoranti, che in lui vedono incarnata una sensualità assoluta derivante da una musica vissuta senza residui, oppure una cinepresa curiosa indaga ogni particolare fisico dell’esecuzione). Il piacere pubblico/privato della schubertiade corrisponde al divertimento borghese di un divertimento segreto. Solo con l’ampliamento della prassi concertistica dovuta ai concerti rock, in cui l’offerta della musica va di pari passo con una sfrenata partecipazione degli spettatori, sono caduti i freni inibitori del piacere erotico-acustico in presenza di altri. Quindi anche Woodstock – come Bayreuth – si può considerare una specie di schubertiade uniformata da un medesimo abito.

Molte figure di questo pezzo diventano progressivamente più vecchie nelle successive entrate in scena. Forse si tratta di una reazione al fatto che che nella rappresentazione di un mondo romantico non vi è alcuno spazio per le persone anziane. L’amore non sembra un tema adatto a persone che invecchiano, la gerontologia sarebbe l’esatto contrario del romanticismo. [...]

In modo molto evidente la musica di questo pezzo ha carattere rapsodico, che tende a sostituire la funzione dei bardi. Le rapsodie non sono mai state considerate come composizioni perfette e immutabili in quanto hanno una forte componente occasionale e richiamano un tipo di lavoro finalizzato al proprio sostentamento. Questo però non è esatto se si pensa che esse sono un tentativo di imbrigliare l’improvvisazione, oppure – come ad esempio in Liszt – possono diventare un campo di ricerca nell’ambito del concerto. La parola rapsodia porta con sé l’idea che la sostanza musicale e l’organizzazione formale di un pezzo sono di fatto insufficienti. Naturalmente abitudini inveterate esigono che una musica debba essere costruita con solidità e probità artigianale per avere un qualsivoglia valore. Ma indicazioni di questo genere ingannano o condizionano in senso negativo. Oggi riscontriamo un uso eclettico, per così dire a pot-pourri, delle tecniche compositive, le quali fanno pensare alle rapsodie. Ciò non è mai stato notato poiché il pensiero rapsodico non è suscettibile di allearsi con nessun altro tipo di folclore. [...]

Ho imparato dai tempi della mia pratica teatrale in Argentina la cosiddetta prova principale col pianoforte, che spesso poteva dare ai suoi partecipanti più gioia di altre prove. Proprio questa curiosa mescolanza di totale dispendio scenico e l’accompagnamento solo di un pianoforte, che sostituisce l’orchestra, è stato il punto di partenza del mio lavoro. Le prove principali col pianoforte si compiono in un’atmosfera che – al pari di altre dimensioni del teatro musicale – è ricca di comicità involontaria e di surreale, ma anche di semplicità ed entusiasmante fantasia. Parlando di questa prova non si vuole asserire la superfluità dell’orchestra, ma essa attesta piuttosto che la ricchezza timbrica è solo in parte una necessità assoluta per un compositore. Qui si congiungono sorprendenti evidenze di natura musicale con un teatro completo. Naturalmente al pianoforte spetta una funzione capitale. Nel corso del pezzo ci si comporta in modo diverso sia dal punto di vista scenico che tecnico: aspirazioni altissime nel senso del sinfonismo romantico, uno spartito schematico, effetti fonici differenziati, imitazioni di altri strumenti, accompagnamento tradizionale, cadenze, studi e pezzi caratteristici completano una serie di possibilità che solo il pianoforte (e gli altri strumenti a tastiera qui utilizzati) possono offrire. Sezioni con musica per pianoforte si sentono poi sotto forma di interventi su nastro magnetico registrato. A tal fine sono stati utilizzati due pianoforti da tempo fuori servizio, i quali però non sono stati aggiustati per non distruggere la patina da musica “rovinata”. Dietro le quinte si sentono poi altri pianoforti che vengono a costituire un secondo, terzo Ego del pianoforte in sala, i quali - come un eco anonimo - dialogano con l’invisibile. [...]

Osservando come Mahler si faceva la cravatta – ha detto Schönberg una volta – si può imparare sulla composizione più che da qualunque consigliere di corte per la musica. Questa osservazione è tanto più sorprendente se si considera che Schönberg era appagato più dall’oggettivazione teorica che dalla sensazione soggettiva (si pensi al Trattato d’armonia!). La vera esperienza consiste nel fatto che Mahler si annodava il farfallino proprio come Schönberg si sarebbe aspettato. Egli non doveva scoprire nulla di nuovo, ma solo osservare una serie di gesti organici che suggellano o scorrevole legato dei movimenti con due staccati conclusivi. Questa rappresentazione, perfettamente offerta, si basa su capacità altrettanto perfette di ‘sentirla’ con perspicacia attraverso l’invenzione. Un tale procedimento andrebbe in primo luogo designato ricorrendo al concetto di cultura.

Qui non si trova alcuna accumulazione di conoscenze, piuttosto una certificazione di conoscenze pregressi. E se avessi composto Aus Deutschland per motivi simili a questi?

Mauricio Kagel

1 commento:

Anonimo ha detto...

articolone! grazie per averlo postato.