Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, settembre 17, 2006

Gustav Mahler e... mister X

Accompagnai Mahler a Toblach e mi dovetti recare poi a Tobelbad per ordine medico a curare i miei nervi malati. Mahler, affidato a vecchi domestici di fiducia, rimase a Toblach dove incominciò gli schizzi della Decima. Io mi sentivo molto male e non reggevo più completamente spossata dalla attività senza requie e senza sosta esplicata da quel motore titanico che era lo spirito di Mahler. A Tobelbad facevo la solita vita di quando ero sola in qualche posto, del tutto solitaria. Così solitaria e malinconica che il direttore dello stabilimento, preoccupato per il mio stato, mi presentò dei giovani che mi accompagnassero nelle mie passeggiate. Un artista X... mi era specialmente simpatico e presto non ebbi dubbi che mi amava e che sperava di venir ricambiato. Partii. Mahler venne a prendermi alla stazione a Toblach, e d'un tratto era più innamorato che mai. Forse l'amore di quell'estraneo mi aveva ridato una certa sicurezza in me stessa, certo è che guardavo all'avvenire con più fiducia ed ero felice, ma non desideravo nulla di diverso.
Circa otto giorni dopo arrivò una lettera di quel giovane in cui mi scriveva che non poteva vivere senza di me e che, se avevo la minima inclinazione per lui, dovevo abbandonare tutto e andare con lui. La lettera, indirizzata a me, portava sulla busta la scritta ben evidente «Al Signor Direttore Mahler». Non si è mai saputo se il giovanotto aveva agito in uno stato di confusione febbrile o se era stato suo desiderio inconscio che la lettera arrivasse direttamente nelle mani di Mahler.
Mahler era seduto al pianoforte, lesse la lettera ed esclamò con voce soffocata: «Cos'è questo?» e mi porse la lettera. Mahler era persuaso, e lo rimase, che X ... aveva mandato quella lettera a lui appositamente per chiedergli la mia mano, come egli diceva.
Quel che accadde allora è indescrivibile! Finalmente potei dar sfogo a tutta la mia pena: come per anni avevo anelato al suo amore e com'egli, tutto preso dalla convinzione di avere, una missione da compiere, mi aveva semplicemente perso di vista. Per la prima volta nella sua vita intuì che esiste anche qualche cosa come un intimo obbligo verso la persona con cui ci si è legati. Improvvisamente si sentì colpevole. Trascorremmo giorni e giorni così l'uno accanto all'altra, non facendo che piangere, finché non arrivò mia madre, che avevamo chiamato in aiuto nella nostra pena.
Durante questa crisi, che affrontammo con la massima sincerità, sentii che mai e poi mai avrei potuto abbandonare Mahler. Quando glielo dissi, il suo volto fu come illuminato, non poteva stare un minuto senza di me, in un'estasi di amore!
Le sue lettere di quell'epoca diranno quello che passo qui sotto silenzio. Egli mi attirò a sé - ma veramente non m'ero mai staccata del tutto. Ora era geloso di tutto e di tutti. Egli che aveva dimostrato per l'innanzi un'indifferenza addirittura offensiva verso questo genere di sentimento. La porta tra le nostre camere, che erano attigue, doveva restare sempre aperta. Doveva sentirmi respirare. Spesso mi svegliavo la notte per vederlo in piedi, al buio, accanto al mio letto. Ne provavo spavento come di fronte allo spirito di un trapassato. Ogni giorno dovevo andarlo a prendere al suo studio, all'ora di colazione. Lo facevo con grande precauzione, perché nel suo terrore smisurato di perdermi, o di avermi già perduta, si buttava spesso sul pavimento della capanna e piangeva. Perché così, diceva, era più vicino alla terra.
Parlavamo come non avevamo mai parlato insieme. In realtà il mio amore sconfinato aveva perduto un po' alla volta la sua forza e il suo calore. Non mi ero mai interessata al destino di altre donne, ero incredibilmente ingenua e ora le appassionate proteste di amore del giovane X ... mi avevano aperto gli occhi. Avevo capito all'improvviso che il mio matrimonio non era un matrimonio - e che la mia vita personale era assolutamente incompleta. Ma tenni nascosta a Mahler questa verità, e se anch'egli lo sapeva (esattamente come me), tuttavia continuammo la finzione fino alla fine, per riguardo verso di lui.
Un incidente, di poca importanza in sé, tramutò il tormento psichico in malattia fisica. Per non creare complicazioni, la miss inglese ci tenne nascosto di essere affetta da una grave angina. Era in contatto continuo con noi e finì per contagiarci tutti l'uno dopo l'altro. Alla fine anche Mahler, più leggermente degli altri, sembrava. Guarì presto e si rimise al lavoro.
Era notte, tutti dormivano. All'improvviso mi svegliai, come se fossi stata sfiorata dal dito di Dio. Chiamai subito Mahler - nessuna risposta. Corsi al suo letto - vuoto. Mi precipitai nell'altro e lo trovai svenuto accanto alla candela accesa. Lo riportai a letto, chiamai mia madre, mandai il domestico in bicicletta a chiamare il medico (un amico che abitava a Schluderbach) e frattanto diedi a Mahler tutti i cardiotonici che trovai in casa. Mahler si riebbe presto ma rimase pallido e freddo per parecchio tempo. Lo avvolgemmo in panni caldi, lo massaggiammo, gli preparammo delle borse di acqua calda per le mani e per i piedi e quando arrivò il dottore, alle cinque del mattino, era stato fatto tutto quel che si poteva fare e Mahler aveva ormai solo bisogno di riposo.
Un giorno, durante una passeggiata, vidi nascosto sotto un ponte il giovane X ... che si aggirava già da tempo nei paraggi, come appresi più tardi da lui, con la speranza di incontrarmi e di strapparmi una risposta alla Sua lettera.
Dallo spavento, non già dalla gioia, il cuore cessò di battermi. Riferii immediatamente a Mahler di averlo visto; disse: «Lo vado a prendere io stesso. » Scese seduta stante a Toblach, lo trovò subito e disse: «Venga!» Non furono scambiate altre, parole.
Frattanto si era fatta notte. Percorsero tutta la lunga strada senza parlare, Mahler davanti con una lanterna, l'altro dietro. Buio fitto. Io ero rimasta in camera mia. Mahler entrò nella mia stanza con espressione grave. Dopo una lunga esitazione raggiunsi X ... Interruppi dopo pochi minuti il breve colloquio che ebbi con lui, perché improvvisamente mi aveva assalita un'angoscia per Mahler. Mahler camminava su e giù per la sua stanza. Due candele ardevano sul suo tavolo. Leggeva la Bibbia. Disse: «Quel che fai sarà ben fatto. Deciditi! » Ma non avevo scelta!
La mattina dopo scesi a Toblach, dove X ... doveva prendere congedo da me, lo accompagnai al treno e tornai a casa al più presto. Mahler mi venne incontro a mezza strada. Aveva avuto tanta paura che dopo tutto fossi partita anch'io. X ... telegrafò da ogni stazione del percorso, durante il suo viaggio di ritorno. Seguirono invocazioni e suppliche: tutto questo si rifletteva nelle stupende poesie scritte in quei giorni da Mahler.
Se negli ultimi tempi avevo spesso sentito con disperazione che il tempo fuggiva senza che io riuscissi a vivere una mia vita, pure non mi sarei potuta immaginare una vita senza Mahler. Meno che mai, poi, con un altro uomo. Certo avevo pensato qualche volta di andarmene, sola, da qualche parte, di ricominciare una vita nuova, ma sempre senza desiderare la compagnia di un'altra persona.. Mahler era e rimaneva per me il punto centrale della mia esistenza.
Ma egli era sconvolto fin nell'intimo. Fu allora che scrisse tutte quelle invocazioni e tutte quelle frasi rivolte a me, nell'abbozzo della partitura della Decima Sinfonia. Riconosceva di aver condotto una vita da psicopatico e decise improvvisaniente di recarsi da Sigmund Freud. Descrisse a Freud il suo stato singolare e le sue preoccupazioni e Freud, a quanto sembra, riuscì veramente a tranquillizzarlo. Freud, dopo la sua confessione, gli aveva fatto i più aspri rimproveri: «Come si può voler incatenare a sé una giovane donna, quando si è in uno stato simile?» gli domandò. Alle fine gli disse: «Conosco Sua moglie. Essa amava suo padre e può cercare e amare solo quel tipo di persona. La Sua età, che Lei teme, è proprio ciò che La rende attraente a Sua moglie. Non si preoccupi! Lei ama Sua madre e ha cercato il tipo di lei in tutte le donne. Sua madre era triste e sofferente, Lei vuole, inconsciamente, che anche Sua moglie sia così.»
Come aveva ragione in tutti e due casi! La madre di Gustav Mahler si chiamava Marie. Quando ci incontrammo voleva cambiare il mio nome in Marie, sebbene gli riuscisse difficile pronunziare la «r» e il nome di Marie gli procurasse qualche difficoltà: avrebbe voluto che io fossi più «sofferta» - questa la sua parola. Si rammaricava che io avessi avuto fino allora poche esperienze tristi e mia madre gli rispose: « Tranquillizzati, la vita si incaricherà certo di dargliele! »
Dal canto mio, ho realmente cercato sempre l'uomo piccolo, basso, saggio e di spirito superiore, simile a mio padre, come l'avevo conosciuto e amato.
Le spiegazioni di Freud tranquillizzarono Mahler. Ma non ne volle mai sapere del suo complesso materno. Rifuggiva da simili concezioni.
In quei giorni tempestosi ero andata, una volta, a passeggio con la nostra bambina, chiamata Gucki. Al ritorno, giunta nei pressi di casa, mi fermai agghiacciata: erano i miei Lieder che si stavano suonando e cantando. La bara che conteneva quelle creature era una cartella che mi ero trascinata dietro alla nostra residenza estiva, in primavera, e di nuovo a Vienna, in autunno; non ero mai riuscita a rassegnarmi. Ora entrai nella stanza molto vergognosa e un po' arrabbiata, ma Mahler mi venne incontro con tale gioia, che non riuscii a dire una parola.
«Cos'ho fatto? Questi Lieder sono belli. eccellenti! Esigo che tu lavori ancora e li pubblicheremo. Non mi darò pace ora finché non ti sarai rimessa a lavorare. Mio Dio, com'ero di idee ristrette! »
E li suonò e risuonò. Dovetti mettermi subito a tavolino e riprendere il lavoro alle parti mancanti, dopo un intervallo di dieci anni!
Alma Mahler (da "Ricordi e lettere", il Saggiatore, 1976)

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