Negli anni della giovinezza, tra il 1901 e il luglio del 1902, Arnold Schönberg si guadagnò da vivere svolgendo le mansioni di collaboratore musicale in un cabaret di Berlino, l'"Uberbrettl" di Ernst von Wolzogen: questi, noto per il carattere anticonformista e per aver steso il libretto della seconda opera lirica di Richard Strauss, Feuersnot (1901), era un uomo che aveva viaggiato, e si era appassionato al cabaret parigino, tentando con successo di crearne a Berlino l'equivalente tedesco. All'"Uberbrettl" Schönberg ebbe un incarico da semplice collaboratore; autodidatta, suonava il pianoforte abbastanza male (e male lo suonò per tutta la vita), e quindi le sue mansioni erano limitate alle prove e alla preparazione dei cantanti, oltre che alla stesura di nuove canzoni da proporre al pubblico berlinese. L'esperienza del cabaret "Uberbrettl" fu breve, ma lasciò una traccia significativa nell'evoluzione interiore del compositore. Tornato a Vienna nel 1903 con la speranza di trovare una sistemazione stabile nella sua città natale. Schönberg si trovò ad affrontare un ambiente poco o punto sensibile alle sue innovazioni artistiche, e mal disposto anche a concedergli quello spazio in ambito didattico cui egli tanto ambiva. Nel 1910, dopo una serie di clamorosi insuccessi alle prime esecuzioni di sue composizioni (tra cui quelli, a loro modo memorabili, di Verklärte Nacht e della Kammersymphonie op.9), Schönberg riuscì ad ottenere un posto di libero docente di materie musicali teoriche all'Accademia Imperiale di Musica e Arti Figurative di Vienna; nel 1911, tuttavia, una campagna di stampa violentissima scatenatasi contro di lui lo obbligò a lasciare il posto e a rifugiarsi nuovamente a Berlino. ormai ridotto in condizioni economiche peggio che precarie, per assumere un cattedra di estetica e teoria della composizione al Conservatorio Stern. Nella capitale prussiana Schönberg ritrovò vecchi amici ed estimatori, tra cui Arthur Schnabel, Ferruccio Busoni e Oskar Fried. In un momento di rinnovato ottimismo, riprese a comporre con nuova lena. Nacquero così, sul finire del 1911, il breve ma importantissimo Herzgewächse op.20 per soprano, celesta, harmonium e arpa, e, qualche mese più tardi, le ventuno liriche di quella che sarebbe diventata la sua opera più popolare, il Pierrot lunaire op.21. Pierrot lunaire, per soprano e cinque strumentisti per otto strumenti, fu scritto su commissione dell'attrice di cabaret Albertine Zehme, che ne curò la prima esecuzione il 6 ottobre 1912 alla Choraliensaal di Berlino, vestita da Pierrot e accompagnata da un gruppo di musicisti che suonavano dietro un paravento, sotto la direzione dello stesso Schönberg. L'opera fu subito accolta con molto interesse, e in seguito, specialmente dopo la Prima Guerra Mondiale, divenne la composizione più eseguita e giudicata più rappresentativa di Schönberg. Quando Alfredo Casella la propose in Italia, nel 1924, Giacomo Puccini fece un lungo viaggio per andare a sentirla. Schönberg ricordò sempre quest'episodio con gratitudine. L'opera è costituita da ventuno ("tre volte sette", secondo la dizione di Schönberg) liriche del poeta belga Albert Giraud, tradotte in tedesco con una certa libertà da Otto Erich Hartleben. Si tratta di liriche di valore abbastanza modesto, ma che costituivano, con la loro singolare miscela di sarcasmo, ironia, spirito dissacrante e, a volte, puro esemplice cattivo gusto, uno stimolo ideale per Schönberg. Il titolo originale della composizione parla esplicitamente di Melodramen per voce recitante (Sprechstimme) e strumenti. Il Melodrama, di cui la musica tedesca serbava preziose testimonianze dai tempi di Antonin Benda, su su fino a Beethoven e a Schubert, e in tempi più recenti a Richard Strauss, era formato da un testo recitato su un libero accompagnamento musicale. Le ventuno liriche del Pierrot lunaire sono in effetti Melodramen, ma in una accezione del tutto particolare, perché Schönberg ha minuziosamente indicato l'altezza delle note da intonare da parte della voce recitante, mettendo però bene in chiaro che tali note in genere non devono essere "cantate", ma semplicemente "parlate", cioè intonate all'attacco, ma subito abbandonate con una discesa o una salita del suono. Ciò porta il compositore a usare una vasta gamma di effetti vocali ("parlato", "cantato" "bisbigliato senza accento", "intonato con accento", etc.), che si uniscono ad un impiego sempre diversificato degli otto strumenti (flauto, ottavino, violino, viola, clarinetto, clarinetto basso, violoncello e pianoforte), creando colori vocali e strumentali di inaudita originalità. Oltre a ciò, Schönberg fa qui frequentemente ricorso alle tecniche compositive degli Antichi Maestri (per usare un termine che ci ricorda l'opera di un altro grande austriaco di questo secolo, Thomas Bernhard), impiegando la Passacaglia in Die Nacht e forme molto complesse di canone in Parodie e Der Mondfleck; oppure, all'inverso, cita tradizionali ritmi di danza, come il Valzer in Valse de Chopin, il Minuetto in Enthauptung, la Barcarolle in Heimweh. Nell'ultimo brano, infine, O alter Duft, sono impiegati, in successione, tutti e otto gli strumenti, mentre la musica ha per lo più il semplice andamento di una canzone omofonica.
di Danilo Prefumo (note al CD Arts 47389-2, 1998)
Nessun commento:
Posta un commento