Alma Mahler: scoperti nuovi amori Gli ultimi segreti della Circe Liberty.
Marco Vallora (La Stampa, 5/8/1994)
E uno di piu'. Insospettato. Anche il pittore belga Fernand Khnopff, il misteriosofico evocatore di Meduse addormentate e di sirene dalle labbra sigillate, conobbe gli abbracci esperti e fatali di Alma Mahler. Dopo Mahler, Klimt, Kokoschka, Gropius, Werfel, il reverendo Hollensteiner - in odore cardinalizio e trent'anni di meno - e non pochi altri (sapeva scegliere, la Signora) Khnopff - in questa geografia dell'eros famoso - davvero ci mancava. A scoprire queste tracce è stato un simpatico musicologo inglese trapiantato in Germania, Anthony Beaumont, un direttore d'orchestra che ha scelto di sacrificare la propria vita a Busoni (cui ha dedicato una monografia) e a Zemlinsky, di cui presto dovrebbe licenziare una completa biografia. E' da anni che sta frugando tra carte inedite e manoscritti incompiuti, in quel formidabile serbatoio che è l'America dei college, dove l'agghiacciante stoltizia del talent scout più celebre della storia, Adolf Hitler, riuscì a convogliare il più invidiabile nucleo di intelligenze, a seguito della diaspora nazista. Beaumont è venuto a Dobbiaco, alla "Settimana Mahler", proprio per presentare delle interessanti pagine inedite di Zemlinsky, per complesso da camera. Alexander von Zemlinsky, in Italia, lo si è incominciato a conoscere anni fa a Venezia, grazie ad una Biennale Musica curata da Mario Messinis, che presentò la felice sorpresa dell'opera lirica Una tragedia fiorentina, da Wilde. Poi è diventato più facile ascoltare l'altra opera sinistra, Il compleanno dell'infanta (ovvero Il Nano), la splendida integrale dei suoi Quartetti, nella magnifica edizione del La Salle Quartett, infine Chailly, soprattutto, ha riportato in auge la fascinosa Lyrische Suite, che ispirò Berg, che a Zemlinsky dedicò la sua, di Suite Lirica. Con la consueta intelligenza di programmazione, il Teatro Massimo di Palermo annuncia per il prossimo anno una vera rarità: Der Traumgorge, ispirato al figlio sognatore di Schoenberg. Che di Zemlinsky Alma fosse stata invaghita - per lo spazio rapido di un'infatuazione - questo era noto, ne parla lei stessa nei suoi diari. Anche se lo apostrofa crudamente "ranocchio schifoso", "gnomo orrendo", se non sopporta quel suo lato trasandato e clochard, i capelli trascurati e quel fascino magnetico che certo non deriva da una bellezza olimpica, la giovanissima, irraggiungibile musa è subito sedotta dal genio di questo magister nato. Gustav Mahler si è già profilato all'orizzonte, ma ha il pallido fascino di un adolescente linfatico, gli occhialini da professore: distribuisce poesie d'amore (sospette in casa di Karl Moll, il patrigno di Alma, geniale architetto) sempre sul bilico di risultare goffo, ridicolo. Zemlinsky è più tragico, invece: una specie di professor Unrat da Angelo Azzurro. Si prostra, l'insegue, la perseguita, l'implora: è l'unica donna ad avere l'accesso alla sua scuola, ed è un'allieva piuttosto dotata. Ma è tremenda: accetta di fidanzarsi, lei la così bella, l'Unica, "con cosi' tanto da donare che costringe gli altri a mendicare". Scambia con lui lettere infuocate pur di non mostrarsi insieme in pubblico. Mitologiche gelosie retrospettive perchè lui è già stato con una donna. E si concede a pezzettini, da buona allumeuse, ma guai, "la prova d'amore, un'ora di felicità", no, non vuole concederla, "attribuisce alla sua verginità un valore simbolico" chiosa Francoise Giroud. Eppure, mentre Zemlinsky delira, "Voglio prostrarmi davanti a te, riverirti come un idolo sacro", lei confida al suo diario: "Vorrei inginocchiarmi davanti a lui, baciare il suo ventre scoperto, tutto, tutto. Amen!". L'Amen lo portò Gustav Mahler, che pure era devotissimo a Zemlinsky: gli mise in scena una delle sue prime opere, C'era una volta e da grandissimo maestro concertatore considerava Zemlinsky il maggiore direttore vivente (anche Webern e Stravinskij, del resto, ne erano convinti): collaboratore di Klemperer alla Krolloper di Berlino, egli fece moltissimo per la musica contemporanea, e per lo stesso Mahler, dirigendo le sue dieci sinfonie ed i Lieder. Ma all'imperante dodecafonia della Scuola di Vienna preferì sempre Bartok o Hindemith, Stravinskij o Malipiero. Racconta Beaumont, che a Filadelfia ha scovato oltre ventisei taccuini di diario inedito di Alma: "E' ben noto l'astio che lei conservà per tutta la vita a Mahler, che le impedì di comporre. In uno di questi taccuini scrive: "Se me lo chiedesse Alexander, che è un grande musicista, forse potrei anche accettare. Ma Gustav! Diventera' mai un vero compositore? Non lo so, penso che rimarrò una donna libera"". Libera, ma sposata, con Mahler: perchè, osserva, "ho l'impressione che farà di me un essere migliore, che mi nobiliterà". Ora è lo stesso Zemlinsky ad avvicinare i Mahler alla Scuola di Vienna: Zemlinsky, la cui sorella Mathilde ha sposato Arnold Schoenberg. "Era un'amicizia essenziale, di poche parole, quella con Schoenberg - ricorda Beaumont - ed io credo che nonostante tutti i conflitti estetici non si sia mai davvero infranta". Gli Schoenberg vivevano praticamente in una comunità febbrile di intelligenze che non si lasciavano mai, tra cui primeggiava il genio tormentato e depresso di Richard Gerst, il grandissimo pittore espressionista ora riscoperto, che dipinse per una sola estate, passando furiosamente da un secessionismo puntinista alla Klimt al più sguaiato urlo fauve di derisione. Si era perdutamente innamorato di Mathilde, tante volte ritratta: fuggirono anche insieme. Fu Webern a riportare a casa la sposa traviata: Gerst andò di là, in salotto, fece harakiri e poi si finì con una pistola, a ventitrè anni. Mathilde Zemlinsky non parlò più, tragica "donna silenziosa": Schoenberg non l'aveva perdonata. "Ed io credo - sostiene Beaumont - che Zemlinsky non perdonò mai a lui quella durezza calvinista: Mathilde morì distrutta, di lì a poco. Poi si moltiplicarono le tensioni teorico-musicali. Quando l'ebreo sefardita Zemlinsky - ho trovato radici della sua famiglia perfino ad Ancona, anche se la sua seconda moglie, morta recentemente, negava con me l'origine semita di Alexander - sebbene "con pochi dollari in tasca" dovette abbandonare la Germania per l'America, con Schoenberg si vide una volta sola. Appena sceso dalla nave, l'intervistatore lo interrogò proprio sulla dodecafonia. "Durante il viaggio ho studiato il Quartetto per fiati di Schoenberg. Non ci ho capito nulla". Scrisse anche, al cognato, candidamente, per avere delucidazioni. Schoenberg non rispose. Ma Beaumont ha scoperto una lettera, mai spedita, in cui Schoenberg tentava un estremo contatto. "Soltanto in seguito - precisa ancora Beaumont - mi resi conto di quali secondi fini nascondessero quelle domande". Probabilmente, invece, Zemlinsky non riuscì mai a liberarsi dalla sua fedeltà ad un solido impianto tonale, brahmsiano. E del resto il frammento di quintetto giovanile (1897), intensamente eseguito a Dobbiaco dal Manderlring Quartett, fu presentato proprio al cospetto di un sorpreso Johannes Brahms. E' Zemlinsky a raccontare: "Richiese lo spartito e mi domandò di andarlo a trovare, dicendomi ironicamente: "Naturalmente solo se è interessato a discuterne con me". Non era facile parlare con lui. All'inizio apportò cautamente delle modifiche, senza mai lodare o incoraggiare, infine diventò anche impetuoso". E quando il giovane fresco di conservatorio cerca di difendere un passaggio "che mi sembrava riuscito, dal punto di vista brahmsiano", il vecchio sapiente, sornione, risponde: "Lei non si preoccupi di Brahms, pensi piuttosto a Mozart". Forse per questo il manoscritto è andato in parte disperso: mai pubblicato per non dover seguire i consigli di Brahms. Zemlinsky, del resto, è autore di molti numeri incompiuti. Come l'opera non finita Re Candaule, che Beaumont sta ultimando per l'attesa prima del '96, a Zurigo, poi a Vienna e Berlino, con la regia del grande Kremer. Ispirata al dramma di Gide (a sua volta ispirato da Hebbel) nella traduzione di Franz Blei, l'aforista del Bestiario, l'opera è la storia di Gide, cui Candaule - per il suo eccesso di generosità malata - permette, grazie ad un anello magico, di vedere la propria moglie nuda: è così perfetta che vuol condividere questa gioia. Il problema è che il soprano (a Zurigo sarà la povera Julia Varady, staremo a vedere) deve dunque comparire nudo in scena. Arthur Bodansky, il celebre direttore austriaco amico di Bruckner e collaboratore di Toscanini, il primo ad eseguire, nel 1914, Parsifal fuori da Bayreuth, sconsigliò Zemlinsky: "Tu sei pazzo, come si fa?". E Zemlinsky si arrese, consolandosi con un'altra incompiuta, la conturbante Circe!: chissà se pensava ancora ad Alma.
Marco Vallora (La Stampa, 5/8/1994)
1 commento:
Se la critica musicale (o gli articoli su argomenti affini) è quasi morta... allora ben venga l'idea di un archivio virtuale che ricorda a tutti quando di musica si scriveva ancora.
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