(...) di Sonate che non smetterò mai di suonare.
Nel suonarle, sentimenti dolorosi trafiggono la mia anima. "
Cornelia Goethe (1767)
Intorno alla metà del XVIII secolo nuovi fermenti musicali attraversarvano l'Europa. I suoni di una "nuova musica", luminosa, galante, leggera, antitetica alle ampollosità del Barocco, si diffondevano per le città e le corti di mezza Europa, affermandosi come il nuovo modo di fare musica.
Parigi fu probabilmente il più importante tra i centri di questa "nuova musica". Qui il mecenatismo di alcuni nobili aveva permesso giù alla fine degli anni '30 la creazione di alcune orchestre private che cominciarono o proporre al pubblico parigino, inizialmente in modo quasi clandestino, una programmazione alternativa rispetto alle proposte ufficiali dell'Opéra, delle due Comédies (Fronçoise e Italienne) e dei Concert Spirituel, istituzioni pubbliche prestigiose ma assai poco ricettive delle emergenti novità musicali dell'epoca. E' interessante notare come questi nuovi circoli privati fossero "i soli luoghi a Parigi dove, con vent'anni di anticipo, si ascolta senza arrossire della musica strumentale"(B.Brévan, Les changements de la vie musicale parisienne de 1774 à 1799, Presses Universitaires de France, 1980), con riferimento al fatto che l'Opèra, le Comédies ed il Concert Spirituel imponevano di fatto al pubblico parigino l'ascolto di musica quasi esclusivamente vocale, siano esse opere, mottetti, contate o voudevilles.
La febbrile attività di queste orchestre (presso il marchese de la Pouplinière si tenevano fino o tre grand concerts al giorno), unita alla disponibilità finanziaria dei loro patroni ed al successo crescente di pubblico, sempre più interessato alle novità che vi si potevano ascoltare, le rese ben presto protagoniste del rinnovomento della musica orchestrale in Europa ed uno dei motori delle avanguordie musicali dell'epoca. La loro copacità di attrazione presso i musicisti francesi e stranieri (soprattutto tedeschi) resero presto Parigi una
tappa irrinunciabile per ogni artista dell'epoca. Basti citare Jan Stamic, che lavorò presso de la Pouplinière tra il 1754 ed il 1755, o lo stesso Wolfgang Amadeus Mozart, più volte a Parigi negli anni '60, che nel 1764 vi pubblicò le sue Sonate per cembolo e violino op. I.
E fu proprio a Parigi che Johann Schobert intraprese la suo carriera di cembalista e compositore.
Tedesco, nato in Slesia (Breslavia?) poco prima del 1740, Johann Schobert arrivò a Parigi nel 1760 in qualità di clavicembalista dell'orchestra privata del Principe Louis Fronçois de Bourbon-Conti. Virtuoso di clavicembalo, Schobert scrisse esclusivamente musica per tastiera, esplorondo le forme della sonata solistica, della musica da camera e del concerto con orchestra. Nonostante il suo legame con il Principe Conti, Schobert come alyti suoi contemporanei, non appartiene più al mondo chiuso delle corti. Egli pubblica tutto la sua musica (spesso a proprie spese), si esibisce nei salotti parigini, ha un discreto numero di allievi privati, comprende che ormai il successo professionale di un musicista si misura anche dal livello di popolarità raggiunto. Proprio in quegli anni si sta infatti facendo largo (soprattutto a Parigi e Londra) una nuova figura, quella del musicista libero professionista, non più legato a filo doppio ad un principe o ad una corte, ma libero di proporre ad un pubblico più ampio i frutti del proprio lavoro e, soprattutto, libero di trovare fonti alternative di reddito: la stessa strada che avrebbero seguito di lì a poco, con alterna fortuna, Johann Christian Boch e Wolfgang Amadeus Mozart.
Per meglio sostenere la sua immagine presso il pubblico parigino (o meglio, presso gli acquirenti delle sue musiche), Schobert annunciò quindi nel 1764, denotando una certo predisposizione agli affari, che "il va donner ou public, par souscription, douze sonotes de clavecin de sa composition. On en delivrera, une tous le mois" ("darà al pubblico, previa sottoscrizione, dodici sonate per clavicembalo. Ne fornirà una al mese"). Così nascono anche le Six Sonates pour le Clavecin dédiées a Modame de la Valette op.XIV, pubblicate chez l'auteur a Parigi nel 1766, che prevedono tra l'altro una parte del violino ad libitum, aggiunta a posteriori per esigenze editoriali.
Compositore di natura profondamente eclettico, Schobert introduce un tipo di scrittura nuovo, agila, virtuosa, sintetizzando in uno stile assai peculiare i tratti dei sonatismi viennese e veneziano (a partire dal 1756 l'editore parigino Venier comincia a pubblicare le opere di Alberti e Galuppi), le novità orchestrali di Mannheim (valga per tutti l'incipit della Sonata n.2, sicuramente figlia degli ascolti parigini delle sinfonie di Jan Stamic) e addirittura il genere empfindsam in voga nella Germania del nord. Schobert non abbandono tuttavia completamente la tradizione francese: la ricchissima tavolozza di abbellimenti utilizzato, l'introduzione di Polonaises e Minuetti, l'uso delle petit reprises riconducono immediatamente ad un altro mondo, lontano da quella "nuova musica" cui Schobert appartiene spiritualmente.
Se il linguaggio di Schobert è dunque in qualche modo "di transizione", i contenuti della sua musica sono assolutamente nuovi, veri precorritori delle future inquietudini romantiche. Sentimenti quali il dolore, la tristezza, la solitudine, la malinconia, la disperazione fanno la loro comparsa senza più essere mediati dalla retorica del barocco, ma in modo diretto, attraverso il cosciente utilizzo di nuovi strumenti espressivi: le galanterie sono ridotte al minimo e in ogni modo sempre funzionali ad un discorso musicale di grande profondità, i contrasti espressivi sono acuiti dalle giustapposizioni improvvise dei modi maggiori e minori (ad esempio nel Minuetto della Sonota n.5), il modo minore assume il ruolo di vero protagonista (le Sonate n.3 e n.4 e diversi singoli movimenti dalle altre sonate sono in minore). Non mancano naturalmente momenti di grande allegrezza (il Presto della Sonata n.2), di vera e propria gioia (il Minuetto della Sonota n.6), di gioco (la Badinage della Sonata n.6), di struggente bellezza (l'Andante della Sonata n.2) e di serenità (è il clima delle Sonate n.7 e n.5), ma in generale ci troviamo di fronte ad una musica "anti-illuminista" per eccellenza, assai interiorizzata ed in ogni caso "lontano da canoni di chiarezza e ragione", come fa notare intelligentemente G. Pestelli (L'Età di Mozart e di Beethoven, EDT, 1991). Cosi, in questo clima di diffusa instabilità spirituale, possono facilmente monifestarsi moti di violenta disperazione (il Presto della Sonato n.4), dichiarazioni di rabbiosa impotenza (come il Trio del Minuetto della Sonata n.2), curiosi sbalzi di umore (l'Andonte della Sonata n.6), riflessioni malinconiche (l'Andonte della Sonato n.4), momenti di immensa solitudine (si ascolti il Minuetto Grazioso della Sonato n.3), che donano a queste composizioni un'intensità espressiva che non trova riscontro in nessuno dei suoi contemporanei.
L'improvvisa morte di Schobert e di quasi tutta la suo famiglia (descritta da Melchior Grimm in uno particolareggiata cronaca dell'epoca), avvenuto nell'agosto 1767 per avvelenamento da funghi ed in seguito ad una leggerezza tale da far balenare l'ombra di un tragico suicidio collettivo, interruppe la sua brillante carriera ma, soprattutto, privò il panorama musicale dell'epoca di uno dei suoi più innovativi e geniali rappresentanti. Schobert lasciò una suo eredità artistica: inviso a Leopold Mozart ("è tremendamente falso"), probabilmente per invidia verso un virtuoso di clavicembalo che rischiava di oscurare la bravura dei suoi figli nelle tournée europee, fu invece oggetto di ammirazione da parte di Wolfgang Amadeus fanciullo, che conobbe attraverso le opere di Schobert forse per la prima volta le sfumoture più intime e segrete della musica.
Parigi fu probabilmente il più importante tra i centri di questa "nuova musica". Qui il mecenatismo di alcuni nobili aveva permesso giù alla fine degli anni '30 la creazione di alcune orchestre private che cominciarono o proporre al pubblico parigino, inizialmente in modo quasi clandestino, una programmazione alternativa rispetto alle proposte ufficiali dell'Opéra, delle due Comédies (Fronçoise e Italienne) e dei Concert Spirituel, istituzioni pubbliche prestigiose ma assai poco ricettive delle emergenti novità musicali dell'epoca. E' interessante notare come questi nuovi circoli privati fossero "i soli luoghi a Parigi dove, con vent'anni di anticipo, si ascolta senza arrossire della musica strumentale"(B.Brévan, Les changements de la vie musicale parisienne de 1774 à 1799, Presses Universitaires de France, 1980), con riferimento al fatto che l'Opèra, le Comédies ed il Concert Spirituel imponevano di fatto al pubblico parigino l'ascolto di musica quasi esclusivamente vocale, siano esse opere, mottetti, contate o voudevilles.
La febbrile attività di queste orchestre (presso il marchese de la Pouplinière si tenevano fino o tre grand concerts al giorno), unita alla disponibilità finanziaria dei loro patroni ed al successo crescente di pubblico, sempre più interessato alle novità che vi si potevano ascoltare, le rese ben presto protagoniste del rinnovomento della musica orchestrale in Europa ed uno dei motori delle avanguordie musicali dell'epoca. La loro copacità di attrazione presso i musicisti francesi e stranieri (soprattutto tedeschi) resero presto Parigi una
tappa irrinunciabile per ogni artista dell'epoca. Basti citare Jan Stamic, che lavorò presso de la Pouplinière tra il 1754 ed il 1755, o lo stesso Wolfgang Amadeus Mozart, più volte a Parigi negli anni '60, che nel 1764 vi pubblicò le sue Sonate per cembolo e violino op. I.
E fu proprio a Parigi che Johann Schobert intraprese la suo carriera di cembalista e compositore.
Tedesco, nato in Slesia (Breslavia?) poco prima del 1740, Johann Schobert arrivò a Parigi nel 1760 in qualità di clavicembalista dell'orchestra privata del Principe Louis Fronçois de Bourbon-Conti. Virtuoso di clavicembalo, Schobert scrisse esclusivamente musica per tastiera, esplorondo le forme della sonata solistica, della musica da camera e del concerto con orchestra. Nonostante il suo legame con il Principe Conti, Schobert come alyti suoi contemporanei, non appartiene più al mondo chiuso delle corti. Egli pubblica tutto la sua musica (spesso a proprie spese), si esibisce nei salotti parigini, ha un discreto numero di allievi privati, comprende che ormai il successo professionale di un musicista si misura anche dal livello di popolarità raggiunto. Proprio in quegli anni si sta infatti facendo largo (soprattutto a Parigi e Londra) una nuova figura, quella del musicista libero professionista, non più legato a filo doppio ad un principe o ad una corte, ma libero di proporre ad un pubblico più ampio i frutti del proprio lavoro e, soprattutto, libero di trovare fonti alternative di reddito: la stessa strada che avrebbero seguito di lì a poco, con alterna fortuna, Johann Christian Boch e Wolfgang Amadeus Mozart.
Per meglio sostenere la sua immagine presso il pubblico parigino (o meglio, presso gli acquirenti delle sue musiche), Schobert annunciò quindi nel 1764, denotando una certo predisposizione agli affari, che "il va donner ou public, par souscription, douze sonotes de clavecin de sa composition. On en delivrera, une tous le mois" ("darà al pubblico, previa sottoscrizione, dodici sonate per clavicembalo. Ne fornirà una al mese"). Così nascono anche le Six Sonates pour le Clavecin dédiées a Modame de la Valette op.XIV, pubblicate chez l'auteur a Parigi nel 1766, che prevedono tra l'altro una parte del violino ad libitum, aggiunta a posteriori per esigenze editoriali.
Compositore di natura profondamente eclettico, Schobert introduce un tipo di scrittura nuovo, agila, virtuosa, sintetizzando in uno stile assai peculiare i tratti dei sonatismi viennese e veneziano (a partire dal 1756 l'editore parigino Venier comincia a pubblicare le opere di Alberti e Galuppi), le novità orchestrali di Mannheim (valga per tutti l'incipit della Sonata n.2, sicuramente figlia degli ascolti parigini delle sinfonie di Jan Stamic) e addirittura il genere empfindsam in voga nella Germania del nord. Schobert non abbandono tuttavia completamente la tradizione francese: la ricchissima tavolozza di abbellimenti utilizzato, l'introduzione di Polonaises e Minuetti, l'uso delle petit reprises riconducono immediatamente ad un altro mondo, lontano da quella "nuova musica" cui Schobert appartiene spiritualmente.
Se il linguaggio di Schobert è dunque in qualche modo "di transizione", i contenuti della sua musica sono assolutamente nuovi, veri precorritori delle future inquietudini romantiche. Sentimenti quali il dolore, la tristezza, la solitudine, la malinconia, la disperazione fanno la loro comparsa senza più essere mediati dalla retorica del barocco, ma in modo diretto, attraverso il cosciente utilizzo di nuovi strumenti espressivi: le galanterie sono ridotte al minimo e in ogni modo sempre funzionali ad un discorso musicale di grande profondità, i contrasti espressivi sono acuiti dalle giustapposizioni improvvise dei modi maggiori e minori (ad esempio nel Minuetto della Sonota n.5), il modo minore assume il ruolo di vero protagonista (le Sonate n.3 e n.4 e diversi singoli movimenti dalle altre sonate sono in minore). Non mancano naturalmente momenti di grande allegrezza (il Presto della Sonata n.2), di vera e propria gioia (il Minuetto della Sonota n.6), di gioco (la Badinage della Sonata n.6), di struggente bellezza (l'Andante della Sonata n.2) e di serenità (è il clima delle Sonate n.7 e n.5), ma in generale ci troviamo di fronte ad una musica "anti-illuminista" per eccellenza, assai interiorizzata ed in ogni caso "lontano da canoni di chiarezza e ragione", come fa notare intelligentemente G. Pestelli (L'Età di Mozart e di Beethoven, EDT, 1991). Cosi, in questo clima di diffusa instabilità spirituale, possono facilmente monifestarsi moti di violenta disperazione (il Presto della Sonato n.4), dichiarazioni di rabbiosa impotenza (come il Trio del Minuetto della Sonata n.2), curiosi sbalzi di umore (l'Andonte della Sonata n.6), riflessioni malinconiche (l'Andonte della Sonato n.4), momenti di immensa solitudine (si ascolti il Minuetto Grazioso della Sonato n.3), che donano a queste composizioni un'intensità espressiva che non trova riscontro in nessuno dei suoi contemporanei.
L'improvvisa morte di Schobert e di quasi tutta la suo famiglia (descritta da Melchior Grimm in uno particolareggiata cronaca dell'epoca), avvenuto nell'agosto 1767 per avvelenamento da funghi ed in seguito ad una leggerezza tale da far balenare l'ombra di un tragico suicidio collettivo, interruppe la sua brillante carriera ma, soprattutto, privò il panorama musicale dell'epoca di uno dei suoi più innovativi e geniali rappresentanti. Schobert lasciò una suo eredità artistica: inviso a Leopold Mozart ("è tremendamente falso"), probabilmente per invidia verso un virtuoso di clavicembalo che rischiava di oscurare la bravura dei suoi figli nelle tournée europee, fu invece oggetto di ammirazione da parte di Wolfgang Amadeus fanciullo, che conobbe attraverso le opere di Schobert forse per la prima volta le sfumoture più intime e segrete della musica.
Mario Martinoli (note al CD "Johann Schobert: Six Sonates pour le Clavecin op.IX" - Stradivarius STR 33460 - 1996)
1 commento:
Non conoscevo a questo compositore. Ci sono registrazioni delle sue opere?
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