L'esecuzione dell'Arte della fuga come opera completa non era prevista da Bach, né era concepibile nell'ambito della prassi concertistica del suo periodo. Lo stesso vale per tutte le opere che il compositore ha riunito in gruppi di sei, dodici o anche in cicli più ampi. Infatti, l'usanza di raccogliere opere di simile fattura in un volume manoscritto o in un'edizione a stampa era nata da considerazioni di carattere pratico, e non va quindi intesa come riferimento ad un'affinità fra le composizioni e con ciò alla possibilità di un'esecuzione in forma ciclica.
In seguito alla tradizione delle "edizioni complete" del diciannovesimo secolo, si impose nel ventesimo quella della "incisione completa" e della "esecuzione di tutte le opere". Ma mentre altri cicli e raccolte di opere bachiane possono essere integrati con facilità nella prassi concertistica di oggi, le esecuzioni dell'Arte della fuga rappresentano ancora un fenomeno piuttosto raro. Nei Concerti brandeburghesi, nelle Sonate e partite per violino solista, nelle Suites per violoncello e persino nel Musikalisches Opfer (fra le sue composizioni quella che più si avvicina all'Arte della fuga) ci troviamo davanti a un certo numero di componenti eterogenee, che differiscono fra loro per la struttura dei movimento, il tempo, la tonalità, il metro, l'organico e il numero di voci. Al contrario, l'Arte della fuga è costituita da 22 movimenti in re minore quasi tutti in ritmo binario, concepiti in maniera polifonica e basati su un unico tema.
Non si tratta qui di cercare di definire l'Arte della fuga come l'ultima composizione per complessso strumentale di Bach, ma è certo che nelle esecuzioni con strumenti a tasto vengono a mancare alcune sfumature come la dinamica e il colore.
Indubbiamente bisogna essere molto cauti con uno "schiarimento" acustico: alcune combinazioni strumentali erano assolutamente estranee alla prassi dei diciottesimo secolo, e alcuni strumenti non si prestano per l'esecuzione di musica polifonica.
E' interessante, tuttavia, paragonare l'Arte della fuga ad altre raccolte di composizioni simili, come ad esempio il Kunstbuch di Theile oppure gli Artifici musicali di Vitali. Se si getta uno sguardo alla Vienna degli anni Ottanta del Settecento e in particolare agli adattamenti mozartiani - non soltanto dell'Arte della fuga ma soprattutto delle fughe per pianoforte K.401 (375e) e K.426, la nascita e l'arrangiamento delle quali hanno una storia piuttosto complicata - ci si accorgerà che l'opera incompiuta di Bach non appare affatto unica nel suo genere per quanto riguarda le difficoltà che presenta. L'uso di comporre fughe senza specificare gli strumenti per la loro esecuzione ha alle spalle una lunga tradizione che alla fine - come nel caso delle due fughe mozartiane conduce alla composizione di fughe la cui esecuzione risulta sempre inadeguata se non addirittura impossibile, qualunque sia la scelta dello strumento o del complesso strumentale.
Sin dal 1600 la fuga per archi, accanto a quella per pianoforte, aveva occupato un posto fisso nel campo della musica strumentale, e veniva curata in pari misura in Inghilterra, in Francia, in Italia e in Germania. Esistono numerose opere simili come composizioni indipendenti (con titoli come Fantasia, Ricercare, Capriccio, Fuga), oppure senza titolo e facenti parte di una sonata, sia per complessi di quattro viole da gamba sia per il moderno complesso d'archi e per complessi misti, come ad esempio le composizioni di Valentin Hausmann, Caspar Kerll, Reincken, Buxtehude, G.E. Vitali, G. Legrenzi, Corelli, Torelli e Johann Theile. Nella tradizione tedesca e in quella italiana esiste un vasto repertorio di musica polifonica per strumenti ad arco.
Dalla metà del diciassettesimo secolo in poi la famiglia dei violino ha avuto soltanto tre intonazionl (non tre formati), come violino, viola e violoncello (in si bemolle come relitto della vecchia tecnica di costruzione e in do nella variante moderna), in modo che la questione dello strumento da impiegare per la seconda voce rimane sempre controversa. Mentre in Italia venne scelto molto presto il secondo violino come soluzione definitiva, in Germania fu mantenuta per lungo tempo la prima viola per la parte di contralto, accanto a una seconda viola (probabilmente di dimensioni più grandi) per la parte di tenore. Di conseguenza, per i Contrapuncti 1 e 5, più "all'antica", e per l'incompiuta fuga finale abbiamo scelto questo organico, adatto anche per l'estensione delle voci nelle composizioni.
Per i Contrapuncti 4 e 6 viene aggiunta alla quarta voce un continuo di clavicembalo, che in parte suona una versione "accorciata" del basso e va inteso semplicemente come rinforzo del suono.
In relazione alla discussione sull'opera come composizione per complesso strumentale, Gustav Leonhardt pone la seguente domanda nella nota introduttiva per la sua incisione dell'Arte della fuga: "Perché improvvisamente devono apparire addirittura due clavicembali per l'esecuzione di un brano?" (s'intende nelle varianti "a 2 Clav." del Contrapunctus 13 in forma diretta e all'inverso). Anche nella nostra incisione questa versione (intitolata "Fuga") che conclude la prima edizione viene suonata su due strumenti anche se, come è ben noto, l'indicazione "a 2 Clav." significa "per due manuali". Ma contemporaneamente appare evidente che in questo caso si rende indispensabile la partecipazione di un secondo suonatore, poiché il pezzo non è realizzabile con un solo strumento nemmeno nella sua forma originale (appunto Contrapunctus 13). Per via delle numerose differenze (di notazione, metro, numero delle voci) fra la forma originale dei Contrapunctus 13 e la variante (Fuga "a 2 Clav") dobbiamo presumere che quest'ultima sia stata inserita "per errore" nella prima edizione, e che rispecchi soltanto una prassi di esecuzione curata nella famiglia Bach e già presente nelle composizioni dei francesi André Raison e François Couperin: l'esecuzione su uno strumento a tre e a quattro mani.
Nella presente incisione tuttavia - contrariamente alle nostre cognizioni - abbiamo scelto la versione già collaudata per due clavicembali per la "Fuga", mantenendo questa combinazione anche per altri brani dell'opera che non recano indicazioni precise. Accanto ai Contrapuncti 10 e 12, vengono impiegati due clavicembali per i Canones "alla Ottava" e "alla Decima" - con ciascun interprete che suona con una mano sola. Le piccole "irregolarità" che nascono neil'esecuzione da parte di due suonatori e le sonorità diverse dei due clavicembali conferiscono una vita propria a ciascuna delle due voci canoniche.
In seguito alla tradizione delle "edizioni complete" del diciannovesimo secolo, si impose nel ventesimo quella della "incisione completa" e della "esecuzione di tutte le opere". Ma mentre altri cicli e raccolte di opere bachiane possono essere integrati con facilità nella prassi concertistica di oggi, le esecuzioni dell'Arte della fuga rappresentano ancora un fenomeno piuttosto raro. Nei Concerti brandeburghesi, nelle Sonate e partite per violino solista, nelle Suites per violoncello e persino nel Musikalisches Opfer (fra le sue composizioni quella che più si avvicina all'Arte della fuga) ci troviamo davanti a un certo numero di componenti eterogenee, che differiscono fra loro per la struttura dei movimento, il tempo, la tonalità, il metro, l'organico e il numero di voci. Al contrario, l'Arte della fuga è costituita da 22 movimenti in re minore quasi tutti in ritmo binario, concepiti in maniera polifonica e basati su un unico tema.
Non si tratta qui di cercare di definire l'Arte della fuga come l'ultima composizione per complessso strumentale di Bach, ma è certo che nelle esecuzioni con strumenti a tasto vengono a mancare alcune sfumature come la dinamica e il colore.
Indubbiamente bisogna essere molto cauti con uno "schiarimento" acustico: alcune combinazioni strumentali erano assolutamente estranee alla prassi dei diciottesimo secolo, e alcuni strumenti non si prestano per l'esecuzione di musica polifonica.
E' interessante, tuttavia, paragonare l'Arte della fuga ad altre raccolte di composizioni simili, come ad esempio il Kunstbuch di Theile oppure gli Artifici musicali di Vitali. Se si getta uno sguardo alla Vienna degli anni Ottanta del Settecento e in particolare agli adattamenti mozartiani - non soltanto dell'Arte della fuga ma soprattutto delle fughe per pianoforte K.401 (375e) e K.426, la nascita e l'arrangiamento delle quali hanno una storia piuttosto complicata - ci si accorgerà che l'opera incompiuta di Bach non appare affatto unica nel suo genere per quanto riguarda le difficoltà che presenta. L'uso di comporre fughe senza specificare gli strumenti per la loro esecuzione ha alle spalle una lunga tradizione che alla fine - come nel caso delle due fughe mozartiane conduce alla composizione di fughe la cui esecuzione risulta sempre inadeguata se non addirittura impossibile, qualunque sia la scelta dello strumento o del complesso strumentale.
Sin dal 1600 la fuga per archi, accanto a quella per pianoforte, aveva occupato un posto fisso nel campo della musica strumentale, e veniva curata in pari misura in Inghilterra, in Francia, in Italia e in Germania. Esistono numerose opere simili come composizioni indipendenti (con titoli come Fantasia, Ricercare, Capriccio, Fuga), oppure senza titolo e facenti parte di una sonata, sia per complessi di quattro viole da gamba sia per il moderno complesso d'archi e per complessi misti, come ad esempio le composizioni di Valentin Hausmann, Caspar Kerll, Reincken, Buxtehude, G.E. Vitali, G. Legrenzi, Corelli, Torelli e Johann Theile. Nella tradizione tedesca e in quella italiana esiste un vasto repertorio di musica polifonica per strumenti ad arco.
Dalla metà del diciassettesimo secolo in poi la famiglia dei violino ha avuto soltanto tre intonazionl (non tre formati), come violino, viola e violoncello (in si bemolle come relitto della vecchia tecnica di costruzione e in do nella variante moderna), in modo che la questione dello strumento da impiegare per la seconda voce rimane sempre controversa. Mentre in Italia venne scelto molto presto il secondo violino come soluzione definitiva, in Germania fu mantenuta per lungo tempo la prima viola per la parte di contralto, accanto a una seconda viola (probabilmente di dimensioni più grandi) per la parte di tenore. Di conseguenza, per i Contrapuncti 1 e 5, più "all'antica", e per l'incompiuta fuga finale abbiamo scelto questo organico, adatto anche per l'estensione delle voci nelle composizioni.
Per i Contrapuncti 4 e 6 viene aggiunta alla quarta voce un continuo di clavicembalo, che in parte suona una versione "accorciata" del basso e va inteso semplicemente come rinforzo del suono.
In relazione alla discussione sull'opera come composizione per complesso strumentale, Gustav Leonhardt pone la seguente domanda nella nota introduttiva per la sua incisione dell'Arte della fuga: "Perché improvvisamente devono apparire addirittura due clavicembali per l'esecuzione di un brano?" (s'intende nelle varianti "a 2 Clav." del Contrapunctus 13 in forma diretta e all'inverso). Anche nella nostra incisione questa versione (intitolata "Fuga") che conclude la prima edizione viene suonata su due strumenti anche se, come è ben noto, l'indicazione "a 2 Clav." significa "per due manuali". Ma contemporaneamente appare evidente che in questo caso si rende indispensabile la partecipazione di un secondo suonatore, poiché il pezzo non è realizzabile con un solo strumento nemmeno nella sua forma originale (appunto Contrapunctus 13). Per via delle numerose differenze (di notazione, metro, numero delle voci) fra la forma originale dei Contrapunctus 13 e la variante (Fuga "a 2 Clav") dobbiamo presumere che quest'ultima sia stata inserita "per errore" nella prima edizione, e che rispecchi soltanto una prassi di esecuzione curata nella famiglia Bach e già presente nelle composizioni dei francesi André Raison e François Couperin: l'esecuzione su uno strumento a tre e a quattro mani.
Nella presente incisione tuttavia - contrariamente alle nostre cognizioni - abbiamo scelto la versione già collaudata per due clavicembali per la "Fuga", mantenendo questa combinazione anche per altri brani dell'opera che non recano indicazioni precise. Accanto ai Contrapuncti 10 e 12, vengono impiegati due clavicembali per i Canones "alla Ottava" e "alla Decima" - con ciascun interprete che suona con una mano sola. Le piccole "irregolarità" che nascono neil'esecuzione da parte di due suonatori e le sonorità diverse dei due clavicembali conferiscono una vita propria a ciascuna delle due voci canoniche.
Reinhard Goebel (Traduzione: Claudio Perselli)
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