Ha toccato molte città italiane: nella tappa milanese abbiamo incontrato per un dialogo Paolo Borciani. Lo incontro nella sua casa milanese in una mattinata che volge ormai alla conclusione. La nostra conversazione dopo i primi preamboli si avvia verso i tracciati musicali che vedono questo musicista vivere in perfetta simbiosi con le mutazioni della letteratura musicale affiancato nella sua vita d'artista dai suoi non certo meno importanti colleghi i quali formano il Quartetto Italiano noto negli ambienti di tutto il mondo per la raffinatezza dei loro suono e per l'immacolatezza degli incastri.
Il collegamento che c'è stato con Pollini per il concerto alla Scala, come si è verificato e quali problemi ci sono stati nell'esecuzione?
Il collegamento con Pollini risale a vari anni fa: eravamo già con la Philips, che propose di fare un brano di Brahms, non ricordo se Brahms o Schumann, comunque un quintetto con il pianoforte. Noi siamo sempre piuttosto restii a collaborazioni; le nostre collaborazioni più o meno sono state con un clarinettista di nome Anton Pierre De Bavier, che ha fatto con noi un disco di Mozart. Un'altra collaborazione molto interessante è stata con von Wengler a Salisburgo, abbiamo fatto due tempi di Brahms e con Pollini, proprio la Philips ci chiese di fare un quintetto proponendo Bishop ed io dissi che mi pareva strano che con un pianista come Pollini in Italia preferissero fare suonare lui, al che il commissario artistico non ebbe nulla da obiettare, ma cercò, nell'interesse della Philips di convincerci diversamente e mi mandò i dischi di Bishop perché li giudicassi. In effetti ci siamo conosciuti durante il nostro concerto, era alla Piccola Scala, di questa proposta si è dimostrato contento, per un disco ben volentieri ed ha proposto anche di suonare insieme e così abbiamo cominciato a lavorare pensando a questo disco e abbiano fatto la prima due anni fa a Torino, poi abbiamo suonato a Roma, a Parigi, ad Amsterdam e a Milano avevamo già suonato al Conservatorio, questo per quanto riguarda la storia del nostro incontro.
Che cosa ne pensate della musica contemporanea, che spazio date alla musica contemporanea, sempre a livello di Quartetto?
Quello che pensiamo direi è dimostrabile soprattutto da quello che abbiamo fatto o che abbiamo cercato di fare, cioè abbiamo tentato, da anni, di stimolare i compositori a scrivere qualcosa, inizialmente un'opera per Quartetto e orchestra e mi sono dato da fare scrivendo e contattando musicisti di nome perché si mettessero nell'ordine di idee di fare un'opera del genere, ne parlai con molte persone: uno dei primi fu Milhaud che incontrai a San Francisco, un altro Frank Martin, un altro Ghedini, il quale scrisse un Quartetto ma non un Quartetto per orchestra, che non è andato in porto per le troppe difficoltà e si è così optato per un Quartetto semplice. Poi, Nono e Bussotti scrisse infatti "I semi di Gramsci", che abbiamo eseguito sia nella versione per orchestra che senza orchestra, perché si può considerare «double face».
Cosa ne pensa dell'Urtext? Voi seguite questo schema nelle vostre esecuzioni?
Certo è assolutamente necessario avvicinarsi il più possibile a quello che ha scritto il compositore, ma alle volte devo dire che nell'Urtext ci sono dei problemi, cioè un Urtext porta una cosa, un Urtext un'altra, alcune volte non si sa quale sia l'originale e quale la prima edizione, questo è successo per molte opere di Mozart. Nonostante questi ostacoli è bene cercare una buona edizione che non sia piena di arricchimenti esagerati, con errori scolastici. Per esempio molte edizioni di Mozart sono oscene, posso fare anche un nome: Peters, fa delle cose innominabili, cambia proprio il fraseggio ed io ho avuto modo di fare un confronto dall'originale preso da una biblioteca ed era decisamente diverso. Quindi è un dovere prendere in considerazione questo tipo di partiture, un esecutore deve sapere cosa ha scritto un autore. Purtroppo alcune volte non si riesce a trovare l'Urtext: per esempio adesso dovremo incidere dei Quartetti di Haydn e l'Haydnwerke è arrivata fino ad un certo punto mentre noi dovremo fare gli ultimi numeri (op.77) quindi ci dovremo servire di altre edizioni, come l'Armonia. Ecco adesso c'è un'operazione purificatrice e sono senz'altro d'accordo nel seguirla.
Bisogna andare un po' cauti!
Sì, a volte si esagera, la filologia può portare ad una certa freddezza e bisogna stare attenti perché anche il segno grafico a volte è stato modificato, con una legatura o altro, bisogna saper interpretare.
Un po' come nel Rinascimento: il segno grafico era una traccia e poi bisognava interpretare?
Esatto, poi dipende dagli autori, Mozart scrive quello che vuole e bisogna fare quello che vuole, altri invece no, però con i grandi compositori è bene attenersi a quello che hanno scritto loro.
Come è nato il suo libro, edito da Ricordi, "il Quartetto", con quali esigenze?
Dall'esigenza di passare il tempo sugli autobus americani, questa non è una battuta. E' nato occasionalmente su un autobus nella Louisiana, ho cominciato per passare il tempo, scrivendo dei brani e adesso sto facendo un lavoro sull'insegnamento, sono sempre cose che mi sono state richieste e mi è nato un desiderio di scrivere qualcosa per non leggere sempre il giornale. In treno mi sono messo a lavorare seriamente, anche se inizialmente era a livello di passatempo. In Italia si sentiva l'esigenza di questo saggio, c'è un altro libro dei genere, di cui non ricordo il nome, ma è raro. Si, però quello che voleva essere un libro divulgativo è diventato poi sin troppo tecnico, specialmente nella seconda parte. Un altro mio libro è "Per la musica contemporanea" ed è un lavoro a cui tengo in modo particolare, con brani miei ed alcuni tratti dalla produzione di Maderna, Nono ed altri.
Ma la crisi del violino e degli archi in generale, c'è in Italia?
Dunque, la crisi degli archi in Italia, parliamo dei violino, è dovuta a molti fattori: inizialmente è stato tamponato quando c'era pochissima gente interessata, poi la situazione della scuola, l'assenteismo. Un fattore importante è lo sproporzionato numero di conservatori, ci sono troppe classi e soprattutto troppi allievi per classe; cioè si è allargata troppo la base, seguendo un concetto che potrebbe teoricamente sembrare vero ed è vero sotto certi aspetti, allargando così anche il terreno di selezione, però ovviamente una classe numerosa non può essere ben curata dall'insegnante ed a questo proposito è da sottolineare il fatto che nei Conservatori italiani non è ammessa la figura dell'assistente. Questi a mio avviso, sono i motivi principali, adesso si spera nel Convegno milanese al quale sono intervenute numerose personalità del mondo musicale e si spera naturalmente in qualcosa di buono, anche se personalmente non sono molto ottimista; è da notare però il fatto che la richiesta di musica è straordinaria, mentre ci sono delle strutture scolastiche e dei programmi ministeriali veramente inaccettabili... A questo proposito ho scritto personalmente con Michelangelo Abbado al Ministero proponendo una scelta di pezzi moderni da inserire nei programmi, ma sino ad oggi non ho ricevuto alcuna risposta.
Tornando alla figura del Quartetto: dopo la Scala, quali sono i vostri programmi per il prossimo futuro?
Andremo in Olanda e successivamente in aprile incideremo due dischi di Haydn. Un incontro importante, nel quadro dei festivals, sarà un corso di Quartetto, esperienza nuova per noi, perché non abbiamo mai fatto dei corsi di questo tipo se non singolarmente o in occasione delle "Vacanze musicali" dell'anno scorso. Con questa manifestazione si spera di sensibilizzare maggiormente il pubblico al problema della continuità del Quartetto, perché è molto difficile e si richiede sacrificio ed anche doti particolari, soprattutto tecniche. Per quanto ci riguarda faremo il possibile!
Il nostro colloquio termina dandoci appuntamento in una qualsiasi serata milanese ed in un qualsiasi teatro dove la scelta comune sia quella di ascoltare della buona musica.
di Adriano Bassi ("Banchetto Musicale", Anno II n.4, marzo 1980)
Il collegamento con Pollini risale a vari anni fa: eravamo già con la Philips, che propose di fare un brano di Brahms, non ricordo se Brahms o Schumann, comunque un quintetto con il pianoforte. Noi siamo sempre piuttosto restii a collaborazioni; le nostre collaborazioni più o meno sono state con un clarinettista di nome Anton Pierre De Bavier, che ha fatto con noi un disco di Mozart. Un'altra collaborazione molto interessante è stata con von Wengler a Salisburgo, abbiamo fatto due tempi di Brahms e con Pollini, proprio la Philips ci chiese di fare un quintetto proponendo Bishop ed io dissi che mi pareva strano che con un pianista come Pollini in Italia preferissero fare suonare lui, al che il commissario artistico non ebbe nulla da obiettare, ma cercò, nell'interesse della Philips di convincerci diversamente e mi mandò i dischi di Bishop perché li giudicassi. In effetti ci siamo conosciuti durante il nostro concerto, era alla Piccola Scala, di questa proposta si è dimostrato contento, per un disco ben volentieri ed ha proposto anche di suonare insieme e così abbiamo cominciato a lavorare pensando a questo disco e abbiano fatto la prima due anni fa a Torino, poi abbiamo suonato a Roma, a Parigi, ad Amsterdam e a Milano avevamo già suonato al Conservatorio, questo per quanto riguarda la storia del nostro incontro.
Che cosa ne pensate della musica contemporanea, che spazio date alla musica contemporanea, sempre a livello di Quartetto?
Quello che pensiamo direi è dimostrabile soprattutto da quello che abbiamo fatto o che abbiamo cercato di fare, cioè abbiamo tentato, da anni, di stimolare i compositori a scrivere qualcosa, inizialmente un'opera per Quartetto e orchestra e mi sono dato da fare scrivendo e contattando musicisti di nome perché si mettessero nell'ordine di idee di fare un'opera del genere, ne parlai con molte persone: uno dei primi fu Milhaud che incontrai a San Francisco, un altro Frank Martin, un altro Ghedini, il quale scrisse un Quartetto ma non un Quartetto per orchestra, che non è andato in porto per le troppe difficoltà e si è così optato per un Quartetto semplice. Poi, Nono e Bussotti scrisse infatti "I semi di Gramsci", che abbiamo eseguito sia nella versione per orchestra che senza orchestra, perché si può considerare «double face».
Cosa ne pensa dell'Urtext? Voi seguite questo schema nelle vostre esecuzioni?
Certo è assolutamente necessario avvicinarsi il più possibile a quello che ha scritto il compositore, ma alle volte devo dire che nell'Urtext ci sono dei problemi, cioè un Urtext porta una cosa, un Urtext un'altra, alcune volte non si sa quale sia l'originale e quale la prima edizione, questo è successo per molte opere di Mozart. Nonostante questi ostacoli è bene cercare una buona edizione che non sia piena di arricchimenti esagerati, con errori scolastici. Per esempio molte edizioni di Mozart sono oscene, posso fare anche un nome: Peters, fa delle cose innominabili, cambia proprio il fraseggio ed io ho avuto modo di fare un confronto dall'originale preso da una biblioteca ed era decisamente diverso. Quindi è un dovere prendere in considerazione questo tipo di partiture, un esecutore deve sapere cosa ha scritto un autore. Purtroppo alcune volte non si riesce a trovare l'Urtext: per esempio adesso dovremo incidere dei Quartetti di Haydn e l'Haydnwerke è arrivata fino ad un certo punto mentre noi dovremo fare gli ultimi numeri (op.77) quindi ci dovremo servire di altre edizioni, come l'Armonia. Ecco adesso c'è un'operazione purificatrice e sono senz'altro d'accordo nel seguirla.
Bisogna andare un po' cauti!
Sì, a volte si esagera, la filologia può portare ad una certa freddezza e bisogna stare attenti perché anche il segno grafico a volte è stato modificato, con una legatura o altro, bisogna saper interpretare.
Un po' come nel Rinascimento: il segno grafico era una traccia e poi bisognava interpretare?
Esatto, poi dipende dagli autori, Mozart scrive quello che vuole e bisogna fare quello che vuole, altri invece no, però con i grandi compositori è bene attenersi a quello che hanno scritto loro.
Come è nato il suo libro, edito da Ricordi, "il Quartetto", con quali esigenze?
Dall'esigenza di passare il tempo sugli autobus americani, questa non è una battuta. E' nato occasionalmente su un autobus nella Louisiana, ho cominciato per passare il tempo, scrivendo dei brani e adesso sto facendo un lavoro sull'insegnamento, sono sempre cose che mi sono state richieste e mi è nato un desiderio di scrivere qualcosa per non leggere sempre il giornale. In treno mi sono messo a lavorare seriamente, anche se inizialmente era a livello di passatempo. In Italia si sentiva l'esigenza di questo saggio, c'è un altro libro dei genere, di cui non ricordo il nome, ma è raro. Si, però quello che voleva essere un libro divulgativo è diventato poi sin troppo tecnico, specialmente nella seconda parte. Un altro mio libro è "Per la musica contemporanea" ed è un lavoro a cui tengo in modo particolare, con brani miei ed alcuni tratti dalla produzione di Maderna, Nono ed altri.
Ma la crisi del violino e degli archi in generale, c'è in Italia?
Dunque, la crisi degli archi in Italia, parliamo dei violino, è dovuta a molti fattori: inizialmente è stato tamponato quando c'era pochissima gente interessata, poi la situazione della scuola, l'assenteismo. Un fattore importante è lo sproporzionato numero di conservatori, ci sono troppe classi e soprattutto troppi allievi per classe; cioè si è allargata troppo la base, seguendo un concetto che potrebbe teoricamente sembrare vero ed è vero sotto certi aspetti, allargando così anche il terreno di selezione, però ovviamente una classe numerosa non può essere ben curata dall'insegnante ed a questo proposito è da sottolineare il fatto che nei Conservatori italiani non è ammessa la figura dell'assistente. Questi a mio avviso, sono i motivi principali, adesso si spera nel Convegno milanese al quale sono intervenute numerose personalità del mondo musicale e si spera naturalmente in qualcosa di buono, anche se personalmente non sono molto ottimista; è da notare però il fatto che la richiesta di musica è straordinaria, mentre ci sono delle strutture scolastiche e dei programmi ministeriali veramente inaccettabili... A questo proposito ho scritto personalmente con Michelangelo Abbado al Ministero proponendo una scelta di pezzi moderni da inserire nei programmi, ma sino ad oggi non ho ricevuto alcuna risposta.
Tornando alla figura del Quartetto: dopo la Scala, quali sono i vostri programmi per il prossimo futuro?
Andremo in Olanda e successivamente in aprile incideremo due dischi di Haydn. Un incontro importante, nel quadro dei festivals, sarà un corso di Quartetto, esperienza nuova per noi, perché non abbiamo mai fatto dei corsi di questo tipo se non singolarmente o in occasione delle "Vacanze musicali" dell'anno scorso. Con questa manifestazione si spera di sensibilizzare maggiormente il pubblico al problema della continuità del Quartetto, perché è molto difficile e si richiede sacrificio ed anche doti particolari, soprattutto tecniche. Per quanto ci riguarda faremo il possibile!
Il nostro colloquio termina dandoci appuntamento in una qualsiasi serata milanese ed in un qualsiasi teatro dove la scelta comune sia quella di ascoltare della buona musica.
di Adriano Bassi ("Banchetto Musicale", Anno II n.4, marzo 1980)
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