"UNA FOCA ADDOMESTICATA CHE SUONA 'GOD SAVE THE QUEEN' SU UNA SERIE DI TROMBE D'AUTOMOBILE..."
L'Arte della fuga, Contrapunctus XIV, una "Fuga a 3 Soggetti" - vale a dire una fuga tripla - in re minore, in metro alla breve. Gould la suona, come sempre, profondamente curvato sopra la tastiera. Inizia con la mano sinistra; la destra, simile a quella di un direttore d'orchestra, sembra vibrare nell'aria accompagnando con ampi gesti, allargati al massimo, ogni nota eseguita dalla sinistra. La sua testa si china ancor più profondamente, sembra quasi ch'egli guardi nel vuoto sotto l'ascella sinistra...
"Bach ha scritto fughe per tutta la vita. Non vi era un'occupazione che fosse più consona al suo temperamento, e non esiste un altro genere musicale che permetta di valutare in maniera più esatta lo sviluppo della sua arte." Quanto è stato detto per il compositore ha altrettanta valdità per l'interprete: in certo senso l'intera vita di Gouid si potrebbe definire come una specie di Arte della fuga, come una ricerca dell'ideale polifonico. L'unica musica che lo interessasse era infatti quella contrappuntistica; e, viceversa, egli nutriva una profonda avversione per qualsiasi forma di musica il cui impulso iniziale non nasce da idee lineari" - anche nei casi in cui le opere derivavano nientemeno che dalla penna di Johann Sebastian Bach, come il Concerto italiano, BVVV 971 oppure la Fantasia cromatica e fuga in re minore, BWV 903.
Per quanto riguarda l'Arte della fuga, questo opus summum del pensiero polifonico affiorò per la prima volta nel repertorio del canadese il 16 aprile 1956, nel programma di un recital pianistico tenuto a Toronto, ch'egli iniziò con i contrappunti II, IV e VII. Nell'arco di tempo che si estende fino al suo "Concert Drop-Out" sono documentabili circa una dozzina di recital in cui Goud ha eseguito una selezione di contrappunti (solitamente tre o quattro) dall'Arte della fuga: ad esempio il 7 maggio 1956 a New York, il 12 maggio 1957 a Mosca e il 7 giugno 1957 a Vienna; ed anche in occasione delle sue ultime due apparizioni in pubblico, precisamente il 29 marzo 1964 a Chicago e il 10 aprile 1964 a Los Angeles. A quel periodo risale anche la produzione discografica dei contrappunti I - IX, realizzata da Gould per la CBS tra il 31 gennaio e il 4 febbraio 1962. Le registrazioni, diversamente da quasi tutte le altre effettuate fino a quei momento, non ebbero luogo nel leggendario studio newyorkese della 30th Street, bensì a Toronto, per l'esattezza nella "All Saints' Angilcan Church", dove la ditta Casavant Frères poco tempo prima aveva installato un grande organo neobarocco a quattro manuali con 66 registri. Tuttavia i cinque giorni riservati alla produzione risultarono insufficienti, ragion per cui venne programmata un'altra sessione in data 21 febbraio, questa volta con l'organo della "Chapel of the Theological College" di New York.
Indipendentemente dalla questione se l'idea di registrare l'Arte della fuga con l'organo fosse merito di Gouid o della CBS, il progetto non era poi tanto spropositato come potrebbe sembrare in prima analisi. Da un lato Gould aveva alle spalle un regolare studio organistico (assolto con Frederick C. Silvester presso il conservatorio di Toronto) e inoltre aveva sempre richiamato l'attenzione sui fatto che "l'organo ha esercitato un'influenza decisiva non soltanto sui miei gusti più tardi nella scelta del repertorio, ma credo anche sull'aspetto fisiologico del mio modo di suonare". D'altro canto la tessitura quasi astratta di questa musica, che non sembra concepita per uno strumento specifico, è perfettamente "rappresentabile" con l'organo, come lo è col pianoforte o con qualsiasi altro strumento addirittura con l'infausto "harpsipiano", con il quale Gouid aveva eseguito il contrappunto IV per un concerto televisivo nell'ambito della serie CBC "Sunday Music" il 25 gennaio 1962 (quindi pochi giorni prima della prima sessione nella "All Saints' Church").
Va sottolineato comunque che Gould non era affatto disposto a scendere a compromessi, che in realtà sarebbero stati indispensabili tenendo conto delle particolari condizioni della registrazione con l'organo. "Le confiderò un segreto", confessò nel 1977 nelle sue conversazioni con Jonathan Cott, "per quanto riguarda il mio disco organistico, [è stato] fatto letteralmente senza ch'io mi sia mai esercitato una sola volta allo strumento. Mi sono preparato esclusivamente al pianoforte [...] ed ho impostato i registri all'ultimo momento". In quell'occasione Gould non impiegò l'edizione organistica dell'Arte della fuga, e preferì affidarsi all'edizione "Peters" (trascritta su due pentagrammi da Carl Czerny), in cui aveva rudimentalmente schizzato il decorso della parte per pedale. Effettivamente, in almeno tre fughe - i contrappunti III, IV e V - Gould suona semplicemente manualiter, ed anche negli altri sei contrappunti l'impiego del pedale è ridotto a un minimo assoluto. A questo si aggiungono gli altri aspetti, seppure coerenti, dell'impostazione di Gouid, quali l'esecuzione non legato (diametralmente opposta all'essenza dell'organo) e l'altrettanto poco organistica "estetica di registrazione", con il rumore dell'aria che risultava (volutamente) udibilissimo: "I microfoni erano posizionati così vicino ai somieri dell'organo, che le canne potevano veramente 'parlare', come si suoi dire, ed ogni tanto anche fischiare come gli asmatici."
La condanna della critica non poteva essere più unanime. Persino critici ben disposti (come ad esempio il suo collega di studi John Beckwith) scrissero peste e corna dell'incisione: "L'impostazione di Gould sembra assolutamente antimusicale, e mi ricorda lo spettacolo di una foca addomesticata che suona 'God save the Queen' su una serie di trombe d'automobile." Anche se per anni nella corrispondenza tra il pianista e la casa discografica "Columbia" riemerge ogni tanto dalle tenebre come un fantasma il progetto di una seconda registrazione, dedicata ai cinque contrappunti rimanenti, l'incisione organistica pubblicata come "Volume I" fu destinata a condurre una vita solitaria; un "Volume II' non si sarebbe mai visto. Anche altri progetti organistici (ad esempio un'incisione delle sei sonate di Mendelssohn) non si materializzarono, se non altro per motivi di salute, come spiegò Gould nel gennaio 1965 al reverendo William Glenesk: "Temo tuttavia che i giorni delle mie esecuzioni all'organo siano conclusi. Come Lei saprà, qualche anno fa ho inciso la prima metà dell'Arte della fuga [...] e le conseguenze di questa sessione di registrazione sono state piuttosto spiacevoli: ho avuto enormi difficoltà con la sindrome della spalla (che non mi dà mai completamente pace), e pertanto l'intera esperienza mi è costata un po' cara per quel che riguarda la mia esecuzione al pianoforte. Il motivo è abbastanza semplice - l'intero rapporto tattile con l'organo è totalmente diverso rispetto al pianoforte, e pertanto tutte le forze relative vanno ripartite in conseguenza. Quanto invidio le persone che sono capaci di cambiare avanti e indietro da uno strumento all'altro, adattandosi con un minimo di sforzo - io temo invece di non riuscire a cambiar sella così facilmente. A prescindere quindi dal completamento della mia incisione dell'Arte della fuga prevista in data successiva (quando potrò permettermi di rinunciare a suonare il pianoforte per qualche settimana), sono deciso, in un futuro pronosticabile, a non eseguire più concerti per organo."
Detto questo, Gould tornò pur sempre due volte nello studio per registrare l'Arte della fuga di Bach - ma come pianista: il 23 novembre 1967 eseguì in un recital per la CBC i contrappunti IX, XI e XIII, e agli inizi del 1981 Bruno Monsaingeon poté convincerlo a concludere una puntata della trilogia filmata "Glenn Gould plays Bach" con il monumentale contrappunto XIV, che Bach ha lasciato in forma frammentaria. La sera della registrazione Gould convocò il regista e gli confessò che la fuga gli poneva dei grattacapi: "E' la cosa più difficile che abbia mai affrontato. E'... - in qualche modo bisogna renderla scorrevole ma come si fa? Ne ho diverse versioni - una che suonerebbe un po' come una pavana, un'altra come una giga, tutte completamente diverse per quanto riguarda tempi, fraseggi, articolazioni e così via."
Nella battuta 239 la musica s'interrompe con il re3, una croma. Come fulminato da una scossa elettrica, Gould solleva improvvisamente il braccio - la scena è stata immortalata dalla cinepresa con un fermo immagine e lo mantiene sospeso in aria, come se d'ora in poi dovesse rimanere fermo per tutti i tempi: "Nella musica non vi è mai stato nulla di più bello di questa fuga." Coloro che hanno avuto l'occasione di assistere a un'esecuzione gouldiana dell'ultimo contrappunto, rimasto incompiuto, dell'Arte della fuga di Bach, non potranno mai dimenticare qest'immagine.
L'Arte della fuga, Contrapunctus XIV, una "Fuga a 3 Soggetti" - vale a dire una fuga tripla - in re minore, in metro alla breve. Gould la suona, come sempre, profondamente curvato sopra la tastiera. Inizia con la mano sinistra; la destra, simile a quella di un direttore d'orchestra, sembra vibrare nell'aria accompagnando con ampi gesti, allargati al massimo, ogni nota eseguita dalla sinistra. La sua testa si china ancor più profondamente, sembra quasi ch'egli guardi nel vuoto sotto l'ascella sinistra...
"Bach ha scritto fughe per tutta la vita. Non vi era un'occupazione che fosse più consona al suo temperamento, e non esiste un altro genere musicale che permetta di valutare in maniera più esatta lo sviluppo della sua arte." Quanto è stato detto per il compositore ha altrettanta valdità per l'interprete: in certo senso l'intera vita di Gouid si potrebbe definire come una specie di Arte della fuga, come una ricerca dell'ideale polifonico. L'unica musica che lo interessasse era infatti quella contrappuntistica; e, viceversa, egli nutriva una profonda avversione per qualsiasi forma di musica il cui impulso iniziale non nasce da idee lineari" - anche nei casi in cui le opere derivavano nientemeno che dalla penna di Johann Sebastian Bach, come il Concerto italiano, BVVV 971 oppure la Fantasia cromatica e fuga in re minore, BWV 903.
Per quanto riguarda l'Arte della fuga, questo opus summum del pensiero polifonico affiorò per la prima volta nel repertorio del canadese il 16 aprile 1956, nel programma di un recital pianistico tenuto a Toronto, ch'egli iniziò con i contrappunti II, IV e VII. Nell'arco di tempo che si estende fino al suo "Concert Drop-Out" sono documentabili circa una dozzina di recital in cui Goud ha eseguito una selezione di contrappunti (solitamente tre o quattro) dall'Arte della fuga: ad esempio il 7 maggio 1956 a New York, il 12 maggio 1957 a Mosca e il 7 giugno 1957 a Vienna; ed anche in occasione delle sue ultime due apparizioni in pubblico, precisamente il 29 marzo 1964 a Chicago e il 10 aprile 1964 a Los Angeles. A quel periodo risale anche la produzione discografica dei contrappunti I - IX, realizzata da Gould per la CBS tra il 31 gennaio e il 4 febbraio 1962. Le registrazioni, diversamente da quasi tutte le altre effettuate fino a quei momento, non ebbero luogo nel leggendario studio newyorkese della 30th Street, bensì a Toronto, per l'esattezza nella "All Saints' Angilcan Church", dove la ditta Casavant Frères poco tempo prima aveva installato un grande organo neobarocco a quattro manuali con 66 registri. Tuttavia i cinque giorni riservati alla produzione risultarono insufficienti, ragion per cui venne programmata un'altra sessione in data 21 febbraio, questa volta con l'organo della "Chapel of the Theological College" di New York.
Indipendentemente dalla questione se l'idea di registrare l'Arte della fuga con l'organo fosse merito di Gouid o della CBS, il progetto non era poi tanto spropositato come potrebbe sembrare in prima analisi. Da un lato Gould aveva alle spalle un regolare studio organistico (assolto con Frederick C. Silvester presso il conservatorio di Toronto) e inoltre aveva sempre richiamato l'attenzione sui fatto che "l'organo ha esercitato un'influenza decisiva non soltanto sui miei gusti più tardi nella scelta del repertorio, ma credo anche sull'aspetto fisiologico del mio modo di suonare". D'altro canto la tessitura quasi astratta di questa musica, che non sembra concepita per uno strumento specifico, è perfettamente "rappresentabile" con l'organo, come lo è col pianoforte o con qualsiasi altro strumento addirittura con l'infausto "harpsipiano", con il quale Gouid aveva eseguito il contrappunto IV per un concerto televisivo nell'ambito della serie CBC "Sunday Music" il 25 gennaio 1962 (quindi pochi giorni prima della prima sessione nella "All Saints' Church").
Va sottolineato comunque che Gould non era affatto disposto a scendere a compromessi, che in realtà sarebbero stati indispensabili tenendo conto delle particolari condizioni della registrazione con l'organo. "Le confiderò un segreto", confessò nel 1977 nelle sue conversazioni con Jonathan Cott, "per quanto riguarda il mio disco organistico, [è stato] fatto letteralmente senza ch'io mi sia mai esercitato una sola volta allo strumento. Mi sono preparato esclusivamente al pianoforte [...] ed ho impostato i registri all'ultimo momento". In quell'occasione Gould non impiegò l'edizione organistica dell'Arte della fuga, e preferì affidarsi all'edizione "Peters" (trascritta su due pentagrammi da Carl Czerny), in cui aveva rudimentalmente schizzato il decorso della parte per pedale. Effettivamente, in almeno tre fughe - i contrappunti III, IV e V - Gould suona semplicemente manualiter, ed anche negli altri sei contrappunti l'impiego del pedale è ridotto a un minimo assoluto. A questo si aggiungono gli altri aspetti, seppure coerenti, dell'impostazione di Gouid, quali l'esecuzione non legato (diametralmente opposta all'essenza dell'organo) e l'altrettanto poco organistica "estetica di registrazione", con il rumore dell'aria che risultava (volutamente) udibilissimo: "I microfoni erano posizionati così vicino ai somieri dell'organo, che le canne potevano veramente 'parlare', come si suoi dire, ed ogni tanto anche fischiare come gli asmatici."
La condanna della critica non poteva essere più unanime. Persino critici ben disposti (come ad esempio il suo collega di studi John Beckwith) scrissero peste e corna dell'incisione: "L'impostazione di Gould sembra assolutamente antimusicale, e mi ricorda lo spettacolo di una foca addomesticata che suona 'God save the Queen' su una serie di trombe d'automobile." Anche se per anni nella corrispondenza tra il pianista e la casa discografica "Columbia" riemerge ogni tanto dalle tenebre come un fantasma il progetto di una seconda registrazione, dedicata ai cinque contrappunti rimanenti, l'incisione organistica pubblicata come "Volume I" fu destinata a condurre una vita solitaria; un "Volume II' non si sarebbe mai visto. Anche altri progetti organistici (ad esempio un'incisione delle sei sonate di Mendelssohn) non si materializzarono, se non altro per motivi di salute, come spiegò Gould nel gennaio 1965 al reverendo William Glenesk: "Temo tuttavia che i giorni delle mie esecuzioni all'organo siano conclusi. Come Lei saprà, qualche anno fa ho inciso la prima metà dell'Arte della fuga [...] e le conseguenze di questa sessione di registrazione sono state piuttosto spiacevoli: ho avuto enormi difficoltà con la sindrome della spalla (che non mi dà mai completamente pace), e pertanto l'intera esperienza mi è costata un po' cara per quel che riguarda la mia esecuzione al pianoforte. Il motivo è abbastanza semplice - l'intero rapporto tattile con l'organo è totalmente diverso rispetto al pianoforte, e pertanto tutte le forze relative vanno ripartite in conseguenza. Quanto invidio le persone che sono capaci di cambiare avanti e indietro da uno strumento all'altro, adattandosi con un minimo di sforzo - io temo invece di non riuscire a cambiar sella così facilmente. A prescindere quindi dal completamento della mia incisione dell'Arte della fuga prevista in data successiva (quando potrò permettermi di rinunciare a suonare il pianoforte per qualche settimana), sono deciso, in un futuro pronosticabile, a non eseguire più concerti per organo."
Detto questo, Gould tornò pur sempre due volte nello studio per registrare l'Arte della fuga di Bach - ma come pianista: il 23 novembre 1967 eseguì in un recital per la CBC i contrappunti IX, XI e XIII, e agli inizi del 1981 Bruno Monsaingeon poté convincerlo a concludere una puntata della trilogia filmata "Glenn Gould plays Bach" con il monumentale contrappunto XIV, che Bach ha lasciato in forma frammentaria. La sera della registrazione Gould convocò il regista e gli confessò che la fuga gli poneva dei grattacapi: "E' la cosa più difficile che abbia mai affrontato. E'... - in qualche modo bisogna renderla scorrevole ma come si fa? Ne ho diverse versioni - una che suonerebbe un po' come una pavana, un'altra come una giga, tutte completamente diverse per quanto riguarda tempi, fraseggi, articolazioni e così via."
Nella battuta 239 la musica s'interrompe con il re3, una croma. Come fulminato da una scossa elettrica, Gould solleva improvvisamente il braccio - la scena è stata immortalata dalla cinepresa con un fermo immagine e lo mantiene sospeso in aria, come se d'ora in poi dovesse rimanere fermo per tutti i tempi: "Nella musica non vi è mai stato nulla di più bello di questa fuga." Coloro che hanno avuto l'occasione di assistere a un'esecuzione gouldiana dell'ultimo contrappunto, rimasto incompiuto, dell'Arte della fuga di Bach, non potranno mai dimenticare qest'immagine.
Michael Stegernann (cd sony smk 52 595) trad. Claudio Perselli, 1997
1 commento:
In the recording, the video of Bruno, Gould stops, yes with Re 3, BUT at the 233rd bar !!! not the 239th where the sheet is interrupted. So, this article writer, knowing the sheet of this Fugue stops at 239 bar, gave for granted Gould did it, BUT THIS GUY DIDN'Y EVEN HEAR Gould accurately, on this one, since Gould stops at 233rd bar, for some unknown to me reason.
D. Ponte
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