Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, novembre 19, 2005

Le Goldberg di Glenn Gould

Era una giornata calda e umida quando Glenn Gould fece ingresso per la prima volta nei Columbia-Studios, esattamente nell'edificio n.207, una vecchia chiesa presbiteriana abbandonata nella 30th Street di New York. Oltre al pullover e la giacca di tweed, portava un cappotto invernale, una sciarpa di lana Shetland e un berretto, due paia di guanti (uno sopra l'altro) e una sedia pieghevole, quindi una valigetta piena di pillole e infine lo spartito delle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach. Guadagnato lo sgabello, Gould tastò il pianoforte, si tolse le scarpe, fece disporre un cuscino orientale ("mi sento infelice se i piedi toccano il pavimento nudo", bofonchiò agli addetti), poi chiese del latte magro. A ogni pausa vi tuffava biscotti di maranta arundinacea, dolcetti che rumoreggiavano non poco sotto la pressione delle mandibole. Dopo aver immerso le braccia in una tinozza di acqua bollente, cominciò.
Ci si accorse qualche giorno dopo quel che era accaduto in quello studio. Le Variazioni Goldberg batterono tutti i record di vendita, lasciando al secondo posto anche un'incisione di Louis Armstrong.
Quel "giovane selvaggio" di ventidue anni, senza regole e incapace di formalità, aveva stravolto i codici di lettura delle Variazioni. Al mondo importò ben poco se Gould si poteva identificare con la figura di Jimmy Porter (che la penna di John Osborne porterà sulle scene l'anno successivo col brano teatrale Look Back in Anger). Quel che sconvolgeva i sette o otto etti di cervello dei professori era quella lettura di Bach. Un testo enigmatico, nato da un gioco di centri concentrici armonici, scritto per portare a passeggio l'anima, nel quale il sommo tedesco nascose i bisbigli indispensabili per evocare la serenità e la pace. Due arie e ventinove variazioni contenevano mille trappole. Gould ebbe bisogno di 38 minuti e 27 secondi per eseguire le Goldberg. La mitica Wanda Landowska ne usò 49 abbondanti. E lei le inseguì tutta la vita - forse ne parlò da giovinetta in un incontro con Tolstoj - e la registrazione che abbiamo, quella effettuata nel 1945 sempre a New York, costò lacrime e sangue ai tecnici. La leggenda s'impadronì di questa donna, brutta e fascinosa come poche altre, nevrotica e divina, che correva da una tastiera all'altra per cercare il suono che non riusciva a ghermire.
Eppure, nemmeno lei, la divina del cembalo, aveva posto la parola "fine" accanto alla partitura delle Goldberg.
Certo, nemmeno Gould in quella sua prima incisione. Correva il 1955.
Le Goldberg continuò a studiarle, a esse pose domande e in esse cercò risposte. E Glenn divenne, grazie alla sua pazza arte, un clown che evocava il divino. Poi, un giorno, varcò di nuovo la soglia di quella chiesa presbiteriana abbandonata, l'edificio n.207 dei Columbia-Studios. Correva il 1981. Aveva le pillole e i guanti, l'acqua bollente pronta e il cuscino, i biscotti e il latte magro.
Riportò sul leggio, per la registrazione, lo spartito delle Variazioni Goldberg. Voleva risentire quella del 1955 ma non riusciva. Cominciava e smetteva (ce la farà tre giorni prima della nuova). Perchè? Difficile rispondere. Forse queste parole che confidò a Joseph Roddy, al termine della seconda fatica, ci possono aiutare: "Non riuscivo assolutamente a identificarmi con lo spirito della persona che aveva compiuto quell'incisione. Mi sembrava quasi un estraneo il quale si era trovato dentro la mia pelle". Glenn soffrì. Probabilmente pianse. Senz'altro urlò. Chiese a questa partitura tempo; ordinò alle sue dita di dilatare i cerchi concentrici armonici per poter penetrare. Capì che tra una variazione e l'altra occorreva silenzio, spazio, sublime rabbia.
Quando i tecnici chiusero le operazioni con i nastri, si accorsero che Gould aveva impiegato 51 minuti e 15 secondi: 13 minuti in più.
Un'eternità.
Considerazioni finali. La registrazione del 1951 delle Variazioni Goldberg è stata pubblicata dalla Sony e si trova nel primo cofanetto della "Glenn Gould Edition" (cd n.SMK 52594); quella ora ricordata del 1981 fa parte del secondo, uscito in questi giorni (è il cd n.SMK 52619). Tale compact vede la luce insieme ad altri cinque, tra i quali non mancano le Tre sonate per pianoforte di Hindemith, ballate, rapsodie e intermezzi di Brahms, la trascrizione della Pastorale di Beethoven realizzata da Liszt, le Invenzioni a 2 voci e le Sinfonie a 3 voci dello stesso Bach. Inoltre - ironie e stranezze della sorte - con la seconda incisione la vecchia chiesa presbiteriana cessava di essere il luogo di registrazione della Columbia. E Gould l'anno dopo toglieva il disturbo.
Aveva cominciato la sua avventura con le Goldberg; con esse la chiuse. Non considerava quest'opera un capolavoro, anzi la riteneva "sopravvalutata". Tuttavia, l'enigma che essa racchiudeva l'aveva catturato. Per inseguirlo, per delinearne la forma, per decifrarne il messaggio, Gould usò tutta la propria vita. Che sia ringraziato per questo. Ha mostrato, meglio di ogni disquisizione, cosa sia e cosa significhi la musica. E soprattutto come ci si può avvicinare all'"eterno autunno" che Bach, un giorno, nascose sotto queste note.

di Armando Torno (Il Sole 24 Ore, 7/3/1993)

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