Non molte settimane fa, Gino Negri è venuto a casa mia - gli ultimi tempi lo faceva di rado, rimaneva molto nel paese di Montevecchia dove aveva una casa - e m'ha fatto il riassunto della sua ultima esperienza musicale. "Ho scritto musica facile per cori. Perché ho scoperto che c'è tanta gente che ha voglia di fare musica, non di ascoltarla soltanto, e che però deve scoprire qualcosa di nuovo mentre fa musica. Sai quanti cori ci sono in Italia? Centinaia e centinaia, migliaia forse; e sai quanti ce ne possono essere?".
E' andato al divanetto accanto a cui aveva posato, per terra, la cartella con cui girava sempre quando doveva parlare della sua attività, ne ha estratto fogli scritti a macchina e fotocopiati. Si parlava d'una musica terapeutica per l'anima, che con semplicità apriva orizzonti, e della sua convinzione di poterla offrire come un'occasione bellissima. "Tu sospetti", m'ha detto, e io difatti sospettavo. Negli entusiasmi, Gino Negri tendeva a vedere in grande; e negli ultimi tempi una sincera frenesia di lasciare qualche cosa di utile e di fondo l'aveva preso. Non che non l'avesse fatto prima: genio del cabaret, nei tempi in cui l'orrida corsa dell'Italia al consenso era temprata dall'ironia; creatore di operine leggere ma spesso inquietanti come Pubblicità, Ninfa gentile, che attende ancora un'interpretazione non bonaria; inventore di pagine di straordinaria penetrazione tra parola e linea musicale e suono come Sangue tuo nelle mie vene sui Mottetti di Montale, ancora incredibilmente ineseguita, è un musicista la cui importanza interiore è probabilmente pari alla spregiudicata leggerezza. Ma adesso ne sentiva l'urgenza, la possibilità in grande.
"Tu sospetti, ma adesso sentirai, e mi dirai". Ha scostato lo sgabello dal posto accanto al pianoforte, e, in piedi come era solito fare, posati alcuni fogli pentagrammati sul leggio, s'è apprestato a suonare. Io non sapevo ancora se ne sarebbe stato in grado. Un ictus qualche mese prima gli aveva tolto prima i coordinamenti nella musica, poi, ritrovati quelli, la capacità di unire le due mani alla tastiera. Cominciò infatti con la destra, suonando la linea melodica d'una voce, e cantando la linea d'un'altra. Eran canti a due voci, e parevano il manifesto di quel linguaggio d'armonia, basato sulle vicinanze degli accordi di tutti gli armonici d'un suono, che partiva dall'"armonia gravitazionale" ideata dal suo maestro Roberto Lupi. Era come se incominciassero, le due "voci", un cammino noto, e poi invece prendessero svolte imprevedute: come quando in montagna, se scusate il paragone (ma venne fuori allora, parlandone), uno crede di vedere già dal basso tutta la strada fino alla cima, ed invece via via viene deviato per valli, e curve, e scopre cose inaspettate, e solo quando è su riesce a vederle tutte per davvero.
A un tratto ebbe bisogno di spiegare che le difficoltà di concetto erano molto diminuite dalla logicità dell'intonazione: e per parlare affidò la parte che stava cantando alla destra, e quella della destra alla sinistra. Unì timidamente le mani. Lo pregai di rallentare, ma non perché, passata l'emozione del vedere la vita che in lui rifluiva ogni volta che si recuperava, avessi timore della sua fatica, bensì per meglio ascoltare le risonanze di quelle combinazioni, e immaginare le altre voci che sembravano venir chiamate dalla fantasia. Presto lo pregai di star zitto, non c'era proprio nulla da spiegare. Così, suonava lento a due mani, mormorando soltanto a fior di labbra le parole del testo.
Alla fine, mi disse: "Eh?". Ma s'accorse presto anche lui che c'era bisogno ancora di un po' di silenzio. Quando lo ruppi, mi venne da dirgli: ti ricordi quando parlammo del più ufficiale fra i musicisti del "regime all'opposizione"? E tu dicevi: "Se quello è un musicista io sono un genio"? Io non sono convinto che lui sia un musicista, però tu sei un genio.
Raccolse i fogli, ridacchiando. "Eh? Ci sono dei lampi di genio, eh!". Poi prese il tono da rivelazioni, aprì appena un poco la mano destra e la ruotò tenendola all'ingiù, in un suo gesto abituale come a dire: io so come vanno le cose a questo mondo. "Come sempre, nella mia musica. Qualche lampo di genio, e tutto il resto lampi di merda".
Ridendo, raccolse i fogli nella cartella. Pochi minuti dopo era uscito dalla mia casa; ed io provai già acuta quella sensazione disarmata e dolorosa che presto, alla sua morte, avremmo tutti avuto acutissima con profondo dolore, sentirci soli.
Angelo Foletto (Musica Viva, Anno XV n.10, ottobre 1991
2 commenti:
Milanese abito da parecchi anni a Parigi e proprio ieri per caso mi sono ritrovata in mano i vecchi 45 tours, dello spettacolo che Negri fece nel 63 al Gerolamo: Costretto dagli eventi.Era un caro amico,che purtroppo io viaggiando molto, ho perso completamente di vista, per ricontattarlo ho cercato sue notizie su internet. Apprendo che è deceduto e questo mi rattrista molto, anche perchè forse non è stato riconosciuto, come lo meritava, il suo grande talento
Buongiorno, sto cercando materiale audio sulle opere di Gino Negri, con particolare interesse per "Circo Max". Qualcuno può aiutarmi?
grazie
Alessandra
Posta un commento