Non mi sarebbe dispiaciuto essere un genio; non potendolo essere, mi piacerebbe avere un genio per amico d'eccezione. Naturalmente, darei metà della vita per essere nato e vissuto nella Vienna dell'Ottocento: per esempio, ai tempi di Schubert, o una generazione più tardi, ai tempi di Brahms, tanto per sottolineare ancora una volta i due centenari che hanno accompagnato, un po' in penombra, il 1997, e che stanno per uscire dalla scena ufficiale. Se fossi vissuto a Vienna tra il 1860 e il 1900, non potendo essere Brahms (che fu, appunto, un genio), sarei stato volentieri Theodor Billroth, medico chirurgo e anatomista patologo.
L'amicizia tra Theodor Billroth e Johannes Brahms è uno dei tratti più forti e riconoscibili fra quelli che disegnano la riservatissima vita privata del compositore, ed è anche uno di quei capitoli di storia culturale o di biografia artistica ai quali ci si accosta con gioia, poiché rasserenano e trasmettono indirettamente felicità, ma che sono citati e dati per certo assai più che davvero conosciuti.
Naturalmente, quest'ultimo giudizio va distinto in gradi. Nell'area di lingua e cultura tedesca, ha avuto, almeno fra gli studiosi e gli amatori di musica, una buona notorietà non tanto la raccolta epistolare accentrata sul solo Billroth, ossia i Briefe von Theodor Billroth editi a cura di Georg Fischer un anno dopo la morte dell' illustre medico (Hahnsche Buch-Handlung, Hann ver-Leipzig 1895), quanto il carteggio bilaterale uscito molti anni dopo (Billroth und Brahms im Briefwechsel, a cura di Aloys Greither, Urban & Schwarzenberg, Berlin-Wien 1935). Oh, sì, uno strano ritardo anche rispetto alle attese della cultura musicale austro-tedesca, se si pensa alla fittissima frequentazione brahmsiana di quel pubblico e al carattere quasi di culto che, non soltanto a Vienna, ha sempre avuto tutto ciò che riguarda la biografia di Brahms. Ma, alla fine, un buon lavoro, una silloge utilissima, una fonte irrinunciabile, tanto più preziosa se si considera che Brahms, diversamente dai musicisti che lasciarono un corpus amplissimo (Schumann, Berlioz, Liszt) o sterminato (Wagner) di testi teorici, autobiografici, critici, diaristici, affidò soltanto a pochi scritti epistolari le rare espressioni del suo pensiero sulla musica, sulla cultura, sul mondo. Dopo l'edizione del 1935, il carteggio Brahms-Billroth curato da Greyther divenne a sua volta raro, ma una continuità rimase viva: una riedizione ebbe luogo quasi vent'anni dopo la fine della guerra (Billroth im Briefwechsel mit Brahms, Urban & Schwarzenberg, Munchen-Berlin 1964). Si parlava di gradi: in Italia, nulla c'è stato in questo periodo di più di un secolo dalle morti del medico (1894) e del musicista (1897), nulla di cui lo studioso potesse disporre, e non si parla soltanto di accessibilità a testi in lingua italiana, ma di accessibilità tout court, essendo a sua volta divenuto raro anche in Austria e in Germania il volume edito nel 1964.
Ma i muri crollano in questa fin-de-siecle (altri ahimè, si fabbricano), e a volte l'impossibile si avvera. La cultura musicale italiana dev'essere grata a una presenza benefica e rasserenante, a Enzo Restagno, se finalmente anche da noi esce in accuratissima edizione il carteggio Brahms-Billroth. In una bella collana della torinese Edt, "Biblioteca di cultura musicale", nella serie "Improvvisi", è apparsa la traduzione di Anna Rastelli (bella, precisa, corredata da un'ampia introduzione della traduttrice) dell'edizione 1964 curata a suo tempo da Greyther. Restagno, curatore generale del libro, e scopritore a Vienna, in anni lontani, dell'ormai raro volume originale, ci dà uno dei primi frutti di una sua iniziativa: quella di far pubblicare in lingua italiana una serie di opere non - si badi - rare, curiose, interessanti, integrative di conoscenze, eccetera, bensì scritti capitali, ineludibili, essenziali per qualsiasi musicista o studioso o cultore di musica. Il carteggio Brahms-Billroth ne è un eloquente esempio, e illumina su ciò che l'iniziativa di Restagno vuol essere.
Così, grazie alla fertile operosità dello studioso torinese e alle sue scelte dagli esiti sempre felici e di altissima qualità, possiamo ripercorrere l'itinerario di un sodalizio illustre, e scoprire, nei giudizi o nelle confessioni e nei moti d'insofferenza dell'uno o dell'altro interlocutore alcuni lati nascosti di quel gran enigma che è l'essenza intima dell'arte brahmsiana. Nato a Bergen nell'isola di Rugen (all'estremo nord della terra tedesca) il 26 aprile 1829, morto ad Abbazia (oggi Opatija, incantevole luogo balneare e climatico della Croazia) il 6 febbraio 1894, Billroth fu, come Brahms, un tedesco quasi iperboreo trapiantato a Vienna, fra le rose del Sud. Eccellente musicista amatoriale, scrisse un famoso libro di psico-fisiologia della "musicalita", Wer ist musikalisch?, edito postumo nel 1895 a cura di Eduard Hanslick. Molte composizioni cameristiche di Brahms ebbero il loro primo battesimo in casa Billroth. Sì, sarebbe bello essere vissuti a Vienna in quegli anni.
Leggere questo libro rende più acuto il rimpianto. "Caro Johannes: Billroth-Brahms, lettere 1865-1894", edizione italiana a cura di Enzo Restagno, traduzione italiana di Anna Rastelli, Edt, Torino 1997, pagg. 116, L. 25.000.
di Quirino Principe (Il Sole 24 Ore, 2/01/1997)
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