Queste registrazioni che ci tramandano la voce di musicisti illustri, voci di almeno mezzo secolo fa e che, affidate a mezzi ancora incerti, pure si sono salvate dal tempo e da due guerre, queste registrazioni, dicevamo, conservano un interesse umano che talvolta eguaglia quello artistico. Ad esempio: nelle lettere e biografie di Gustav Mahler non pare sia reperibile un cenno a sue incisioni discografiche o simili. C'è allora da domandarsi: perché quel grande e musicalissimo direttore d'orchestra, quel vigilante e gelosissimo compositore si sarà fatto mai indurre a sedersi davanti a un pianoforte e a trascrivervi l'ultimo tempo della sua Quarta Sinfonia, inoltre facendo anche a meno della voce del soprano pur prevista dalla partitura? E perché non si preoccupò, almeno, di surrogare la voce suonandone la parte sullo strumento? E tutto questo, proprio in Mabler che alla parola chiedeva il coronamento dell'idea musicale... Timore di rendere la pagina piú ardua? Atto polemico contro se stesso? Ingenuo gusto di provare comechessia il nuovo mezzo, per poi «risentirsi», anche cosí dimezzato?
Propendiamo per l'ultima ipotesi. Quest'artista che fu toccato da bagliori tragici, ch'ebbe della sua arte un concetto quasi messianico, c'è ancora piú caro immaginarlo, del tutto incurante di noi posteri, spinto da una curiosità quasi infantile, farsi registrare proprio nella «vita celestiale». Con perfetta naturalezza le mani che sul podio gli erano di continuo agitate e frementi si fecero qui delicate e ferme. Senza sbavature di suono, senza sottintesi «intelligenti», senza ironia, ma senza neppure certo infantilismo ora tronfio ora sonnolento che qualche direttore d'orchestra cala in questa come in altre musiche mahleriane, quelle mani dipingono con maestria di tocco l'unico paradiso nel quale Mahler, probabilmente, credesse senza riserva alcuna: quello per i bambini.
Propendiamo per l'ultima ipotesi. Quest'artista che fu toccato da bagliori tragici, ch'ebbe della sua arte un concetto quasi messianico, c'è ancora piú caro immaginarlo, del tutto incurante di noi posteri, spinto da una curiosità quasi infantile, farsi registrare proprio nella «vita celestiale». Con perfetta naturalezza le mani che sul podio gli erano di continuo agitate e frementi si fecero qui delicate e ferme. Senza sbavature di suono, senza sottintesi «intelligenti», senza ironia, ma senza neppure certo infantilismo ora tronfio ora sonnolento che qualche direttore d'orchestra cala in questa come in altre musiche mahleriane, quelle mani dipingono con maestria di tocco l'unico paradiso nel quale Mahler, probabilmente, credesse senza riserva alcuna: quello per i bambini.
Gustav Mahler al pianoforte: Sinfonia n.4 in sol maggiore - 4. Satz: "Das Himmlische Leben". Welte-Mignon 1905.
di Giorgio Graziosi (da "L'interpretazione musicale", Einaudi 1952)
1 commento:
questo brano è tratto da una piccola appendice (o meglio, una sorta di intercalare) di un testo molto interessante di Giorgio Graziosi sull'interpretazione musicale, relativo al modo come i grandi musicisti suonassero la propria musica. La pagina dedicata a Mahler è per me commovente. Ma ce ne sono anche altre "gustose": ad esempio quella dedicata a Grieg che era "innamorato della propria musica" oppure quella dedicata a Stravinski che suona e/o dirige come un "automa".
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