La composizione è introdotta dal tradizionale Requiem aeternam, cantato dal coro, su un intervento leggerissimo degli archi, sottovoce, il più piano possibile, come prescrive la stessa partitura, nel corpo della quale Verdi fa largo uso di indicazioni di pianissimo: le partiture di Verdi sono ricchissime di segni dinamici e di indicazioni di "coloritura", come pure di ulteriori raccomandazioni (per esempio, nel Requiem: "le corde ben tese onde questo contrattempo riesca secco e molto forte"; "allentate le corde"; "estremamente piano pppp con voce cupa e tristissima"; "sempre cupo e pianissimo", ecc.).
Il coro prosegue con Te decet hymnus, riprende poi brevemente il Requiem aeternam che introduce il Kyrie, nel quale si presentano i quattro solisti (soprano, mezzosoprano, tenore, basso) con brani di appassionata cantabilità. Esplode quindi l'apocalittico Die irae: lo annunciano quattro accordi di tutta l'orchestra, secchi e tesi, seguiti da gruppi di note rapidissime a disegno discendente. Su un lungo tremolo di due note (sol-fa diesis) e nota (sol) tenuta dai bassi della sezione corale, si snodano i cromatismi discendenti dei soprani, contralti e tenori del coro, in unisono: ogni semifrase è intercalata ancora dai quattro accordi (con la grancassa in contrattempo) e dai gruppi di note rapidissime e raccolte in serie discendenti. Si genera in tal modo un clima espressivo acceso di violenza e terrore. Il movimento si chiude con accenti cupi, ai quali segue l'enunciazione del Tuba mirum, contraddistinto dagli squilli delle trombe, sia presenti nell'orchestra, sia celate, così da sembrar lontane; interviene, poi, al verso "Mors stupebit", il basso solista.
Liber scriptus è intonato dal mezzosoprano solista. Una progressione in crescendo degli archi e del coro reintroduce il Dies irae. Al termine di questa seconda ripresa del brano principale, è ancora il mezzosoprano, con l'accompagnamento lamentoso del fagotto, che intona Quid sum miser. Si uniscono gli altri solisti; maestosamente i soli bassi, dapprima seguiti dai tenori poi da tutto il coro, che introducono Rex tremendae majestatis.
Il brano successivo è tutto incentrato su soprano e mezzosoprano, che recitano una preghiera, Recordare, cui fanno seguito un'aria da chiesa per il tenore solista, Ingemisco, dolce e rasserenante, e Confutatis maledictis, per il basso solista, una sorta di implorazione.
Viene repentinamente riesposto il Dies irae, al quale segue il doloroso e lirico Lacrymosa, che si conclude con un reiterato "Dona eis requiem". Dopo l'Offertorio, sereno e contemplativo, nel quale si esibiscono le quattro voci solistiche, il Sanctus pone in primo piano il doppio coro con sonorità splendenti; segue l'Agnus Dei, una arcaicizzante "idea guida" esposta in tono maggiore da soprano e mezzosoprano: si alternano quindi coro e soliste che ripetono la frase iniziale in tono minore e concludono infine il brano insieme ai coristi. Il successivo Lux aeterna è interpretato dai cantanti solisti (escluso il soprano); il basso interviene con frequenti e gravi "Requiem aeternam".
Il movimento finale, Libera me, che si riferisce al Giudizio Universale, si apre con una invocazione del soprano solista ("Libera me, Domine, de morte aeterna, in dies illa tremenda, quando coeli movendi sunt et terra"), che assume accenti disperati, canta sempre più piano (e sulla parola "timeo" le "p" di Verdi divengono quattro); questi toni estremamente sommessi creano la tensione necessaria a far riemergere drammaticamente l'ultima citazione del Dies irae. Il soprano riprende l'implorante Libera me prima che inizi l'episodio fugato condotto dal coro: torna quindi l'invocazione del soprano solista che chiude, alternandosi al coro, l'intera partitura, con rassegnazione, pacatezza e mestizia.
1 commento:
ti ringrazio molto ....con questo post mi sei stato molto d'aiuto...stavo facendo una ricerca sulla parte dies irae....
sai dirmi qualcosa in più su questo pezzo?sei un musicista?hai lo spartito?la mia mail è tila@email.it
grazie
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