Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

venerdì, giugno 09, 2006

Maurizio Pollini: "Siamo soffocati dalle stupidaggini"

«Basta con questa ubriacatura di notizie irrilevanti alle quali viene dato un risalto enorme! Basta con questo predominio di una televisione pessima alla quale gli altri mezzi di informazione corrono dietro. Che prospettiva stanno costruendo, quale è l'ampiezza culturale di un futuro simile? L'unico metro di giudizio sta diventando l'eco immediata del successo, il lavoro, lo studio più serio vengono umiliati".

L'appuntamento con Maurizio Pollini doveva essere dedicato al suo ultimo disco, l'incisione integrale dei Notturni di Chopin, che il maestro milanese realizza per la prima volta dopo una carriera lunga ormai quasi mezzo secolo: è il 1960 quando, diciottenne, vince il Concorso di Varsavia, dedicato proprio a Chopin. Ma la sua foga - tanto più sorprendente in un signore milanese così elegante e misurato, nei gesti come nelle parole, che cerca le più esatte possibili - è incontenibile.
"Chi esercita delle responsabilità pubbliche ha il dovere di sviluppare una coscienza civica migliore: oggi constato l'opposto e dobbiamo batterci perchè questa tendenza venga contrastata, sconfitta. Non ci sono alternative: o si cambia strada o la nostra nazione andrà incontro al disastro. I tagli alla cultura sono lo specchio di questo trionfo della volgarità".

Scuola, sanità, pensioni: le priorità sono altre, questo si sente rispondere quando si protesta contro la riduzione del finanziamente pubblivo allo spettacolo.
"Certo che queste priorità non possono essere contraddette. Ma ci sono realtà in cui ogni paese ha i suoi punti di forza: l'Italia ce l'ha nella storia e nella realtà artistica di tante sue città. I costi vanno senza dubbio razionalizzati, ma tutto quello che ha a che fare con l'arte e l'ambiente deve essere difeso".
Nel nostro paese, proprio in un momento così incerto per i professionisti dello spettacolo, per gli artisti, stiamo assistendo a una crescita impetuosa di talenti, di iniziative, di progetti motivati, coraggiosi.
"E' un fenomeno mondiale, esistono delle potenzialità che, lì dove viene fatta un'opera di promozione efficace, si sviluppano con una forza enorme. Dove questo non esiste, abbiamo dei vuoti, delle lacune. Si capisce bene che la musica ha un potenziale di presenza nella società contemporanea molto superiore a quello che le è riconosciuto oggi. Questa strategia deve essere portata avanti con estrema costanza. La cosa più inutile sono le serate-evento, con tanto di annunci vistosi".
Veniamo a Chopin. Perchè soltanto ora ha voluto lasciare testimonianza discografica dei "Notturni"?
"L'evoluzione di un interprete è costante e naturalmente, nel mio caso, ha riguardato anche Chopin. Oggi penso di aver realizzato un'esecuzione più libera, ritmicamente. Se riascolto gli "Studi" incisi tanti anni fa, li sento molto rigorosi, in tempo. Oggi non li farei più così".
La perfezione nella brevità: questo l'affascina di Chopin?
"Tutta la vita ha lottato per la perfezione. Ha scritto quattro versioni della "Seconda Ballata", trovava varianti per ogni accordo e quando aveva finito un brano, aveva una capacità di autocritica feroce. Il lavorio era continuo, come racconta anche George Sand. Cercava un'utopica perfezione".
Chopin non desiderava che i "Notturni" fossero eseguiti in concerto integralmente, uno dopo l'altro. Quale l'atteggiamento migliore per l'ascolto discografico?
"Sono tutti dei capolavori, uno diverso dall'altro: ascoltarli insieme permette di comprendere il genio dell'autore, che ogni volta ha creato un'opera diversa e perfetta".
La settimana scorsa lei ha suonato il Concerto per pianoforte di Schumann con Claudio Abbado e l'Orchestra del Festival di Lucerna al nuovo Auditorium di Roma. Ha funzionato tutto come desiderava, è rimasto soddisfatto?
"Al pubblico è piaciuto".
Sì, gli applausi sono stati molti. Ma, dalla sala, qualcuno ha avuto l'impressione che l'orchestra fosse preoccupata di star dietro al solista, con una certa reciproca ansia.
"Ma l'orchestra deve andare dietro al solista".
E il tono non ammette repliche.

intervista di Sandro Cappelletto (La Stampa, sabato 22 ottobre 2005)

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