Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

giovedì, marzo 23, 2006

Erik Satie e la critica del suo tempo

Fu nel 1910 che, sfogliando gli addenda del dizionario di Rimenn, caddi su queste parole all'articolo Debussy: "Il a orchestré les Gymnopédies d'Erik Satie (le musicien de la Rose-Croix)". Cosa potevano essere queste Gymnopédies onorate da una orchestrazione di Debussy e chi era quel compositore sconosciuto ai miei maestri ed amici?

Rispondiamo a Roland Manuel con la scheda che lo stesso compositore consegnò agli editori della propria musica: Il signor Erik Satie, nato a Honfleur il 17 maggio 1866, che passa per il più strano musicista del nostro tempo. Si situa lui stesso tra i fantasisti che secondo lui sono "brava gente del tutto ammodo". Del suo humor dice lui stesso "Il mio humor ricorda quello di Cromwell. Devo molto anche a Cristoforo Colombo giacché lo spirito americano mi ha talvolta dato un buffetto sulla spalla e ne ho sentito con gioia il morso ironicamente gelido". Su questi pezzi così si esprime il maestro: "scrissi le Descriptions automatiques in occasione del mio compleanno. Quest'opera segue a ruota i Véritables préludes flasques. E' evidente che i Prosternati, gli Insignificanti, i Bolsi, non vi troveranno alcun diletto. Che si mangino la barba! Che ballino sulla pancia!" Lo stile dei begli e limpidi Aperçus désagréables è dei più elevati e spiega perché il sottile compositore abbia il diritto di dire "Prima di scrivere un'opera le giro intorno più volte in compagnia di me stesso".
Roland Manuel apriva con quei ricordi il numero de La Revue Musicale dedicato a Satie nel 1952, ventisette anni dopo la sua morte. Un volume che gronda celebrazioni ed esaltazioni dal sapore riparatorio. Dopo averlo tenuto da sempre ai margini della musica accademica di Francia, ci si accorgeva che Satie, assieme a Schönberg e Stravinsky, era una delle tre grandi "S" capostipiti della musica moderna parallele alle tre grandi "B" della musica tedesca (Bach, Beethoven e Brahms). L'intero volume celebrativo del 1952 non riscatta però decenni di emarginazione e Yvonne Brill sul Dizionario Universale della Musica e dei Musicisti nel 1988 ricorda che talvolta ammirato come precursore geniale, talvolta trattato da mistificatore, Satie ha suscitato, e suscita ancora, accese controversie. E' davvero forse l'unico musicista che ancora non ha un valore artistico riconosciuto. Ma di tutto ha fatto Satie per collocarsi sempre a ridosso della vita musicale francese e mai al centro. Il suo antiaccademismo traspare dalla sua opera ma traspare ancor più dalle sue parole e dal suo stile di vita. Al critico dell'Echo de Paris che aveva osato criticare Wagner rispose: Le ordino l'allontanamento dalla Mia presenza, nonché una perenne tristezza e una dolorosa meditazione. Non che a Satie piacesse Wagner, tutt'altro, ma semplicemente non riconosceva al critico l'autorità di criticare. Il pubblico, poi, non era trattato meglio: Coloro che non capiranno Socrate sono pregati di osservare il più rispettoso silenzio e di esibire un atteggiamento di completa sottomissione, di assoluta inferiorità. Alla prima della sua Parade Satie stesso, gongolante per lo scandalo, si unì invece ai fischi del pubblico contro il suo balletto. A Camille Saint-Saéns, presidente dell'Accademia delle Belle Arti, infine, scrisse nel 1894 per indignarMi e renderla migliore: Mi sono presentato a lei onde raccogliere la sua approvazione al mio desiderio di assumere la successione di Charles Gounod in seno alla vostra Compagnia. Non ho ceduto a una folle presunzione, ma a un dovere di coscienza. Il senso della giustizia, o perlomeno, la semplice urbanità, Mi autorizzavano a ritenere che la mia candidatura, consentita da Dio, sarebbe stata accettata da lei. La Mia amarezza è stata immensa nel vederla trascurare, a causa della banalità dei suoi gusti, la solidarietà in Arte... Giudicandomi a distanza e prendendo la decisione che ha preso, lei ha commesso un atto degno di riprovazione e meritato l'Inferno. La sua aberrazione può essere stata provocata soltanto dalla sua debolezza nei confronti delle idee del secolo e dalla sua misconoscenza di Dio, causa diretta dell'attuale avvilimento Estetico. Perciocché io la perdono in Gesù Cristo e l'abbraccio nella grazia del Signore.
Era la seconda volta che tentava di ottenere l'incarico. Ci avrebbe riprovato ancora una volta nel 1896. Aveva solo trent'anni e succedere a Gounod significava soltanto accedere alla onorificenza più alta, quella dell'Institut de France, l'Académie.
Il suo antiaccademismo era poi teorizzato chiaramente nella critica all'amico Debussy, che pure gli aveva così dedicato una copia dei Cinque Poèmes de Charles Baudelaire: A Erik Satie, delicato mu sicista medioevale smarritosi in questo secolo per far felice il suo migliore amico. Molti anni dopo Satie scriverà su Le Coq: Non attacco mai Debussy. Solo i debussisti mi infastidiscono. NON C'E' UNA SCUOLA DI SATIE. Il satismo non potrà esistere o mi troverebbe ostile. Pur salvando in altri e più tardi casi la stima per l'opera del suo ex amico.
Il suo proclamato rifiuto delle scuole e delle accademie è ricambiato con una totale assenza della critica sulla sua opera. Salvo le polemiche private lo scontro con la musica di Parigi avviene con lettere aperte di Satie ai giornali, come quella inviata a Saint-Saens, che non hanno risposta.
Nel 1911, però, un Satie quarantacinquenne viene presentato da Ravel alla Société de Musique Indépendante come proprio amico ed esempio compositivo. E' un precursore geniale ma incompleto dei raveliani, un dilettante curiosamente dotato, agitato senza sosta dalla fantasia più barocca. Ha successo, Satie, nei circoli più moderni: ma ha successo il Satie di venti anni prima, non la sua produzione recente. Come Debussy, anche Ravel e la S.M. I. sono allora abbandonati. Ironico, caustico, sempre dissacrante, negli scritti, nei gesti, nella sua stessa musica, guarda la realtà e l'arte dal di fuori, sempre pronto a bruciare ogni forma di scuola o di "verità" artistica, perfino l'idea stessa di arte. Quando si dedicherà alla musica d'arredamento avvertirà: la musica d'arredamento è in sostanza un prodotto industriale. Noi vogliamo produrre una musica dichiaratamente utilitaria: Esigete la musica d'arredamento. Disertate le case che non adottano musica d'arredamento: Non addormentatevi mai senza ascoltare un brano di musica d'arredamento, se volete dormire sonni tranquilli...
La sua ironia, talvolta al limite dell'ingiuria, infatti lo spingeva a non fermarsi. No: Saint-Saens non è tedesco... E' solo un po' "duro" di cervello... e capisce tutto di traverso, nient'altro. E Ravel? Per l'Heure Espagnole, quel vecchio Ravel trionfa (come a Verdun). Il Teatro è sempre pieno di spagnoli (come a Verdun) Alcuni portoghesi hanno la faccia tosta di mescolarsi alla folla ispanica... ma vengono subito scoperti (una vera barba il finissimo militar-compositore! - se posso azzardarmi a dirlo tra parentesi).
Con Parade Satie si avvicina ai sur-realistes amici di Apollinaire e Cocteau. Per un critico americano Satie ha il misticismo nevrotico di una donna che tramuti la sua sensualità insoddisfatta in fantasie cerebrali. L'ironia è essenzialmente un fatto intellettuale. E in certo modo essa rappresenta la bancarotta dell'intelletto, è la vitalità dell'impotenza. Anche l'Italia con Gatti non è da meno e Satie vaga in un errare senza via d'uscita senza misura ed ostinato. E tuttora l'Italia conta una sola biografia su di lui, quella che Guarnieri Corazzol ha pubblicato per Marsilio.
I giovani compositori francesi ne riconoscono però apertamente il modello e l'esempio. Il Gruppo dei Sei lo segue fedelmente fino all'anno prima della sua morte e, anni dopo, Milhaud ricorderà come, dopo la tempesta della Sagra, Satie si fece riconoscere e riportò la musica alla semplicità aprendo così la strada per i giovani musicisti che avrebbero formato la scuola francese post-bellica. Ci diede Parade, un balletto creato in collaborazione con Cocteau, Picasso e Massine, uno dei maggiori successi dei Balletti Russi dove la nostalgia per il music-hall ci offrì un'arte totalmente insospettata... Seguendo la strada di Satie, Poulenc e Auric riscoprirono il folclore francese e particolarmente di Parigi. La tristezza delle fiere, di bande distanti e del music hall trova in Auric una eco che è spesso amaro e incisivo, talvolta brutale e pieno di vitalità ritmica.
Il vero ripensamento sulla sua lezione avvenne dopo la sua morte. Nel 1925 si scrisse che il principale difetto di Erik Satie fu il fatto di non riconoscere il suo posto. Portava la sua musica a bizzarrie con l'aria di adempiere ad una missione artistica. Sembrava tanto un bimbo nel suo tempo ma in realtà ne era senza speranza fuori. Il caso era disperato. La mancanza di tecnica musicale e di discriminazione nella invenzione, l'incapacità per la chiarezza e la continuità del pensiero rendeva Satie goffo per qualunque genere di originalità. Ma un altro articolo di quella Revue Musicale del '52 dichiarerà che molte delle sue opere hanno un valore che è indiscutibile e veramente unico. Le Gymnopédies, le Gnossiennes, Sports et Divertissements, e i Nocturnes tra le opere per piano, Socrate e Parade, sono tanto notevoli che non possono essere ignorati da chi si interessa di musica contemporanea. L'opera di Satie è scritta senza tenere conto del gusto e dello stile del momento, ma ha in realtà anticipato questo gusto e questo stile con una stupefacente precisione.
Il ruolo di Satie nella musica del nostro secolo non ha ancora oggi trovato piena affermazione. Chi lo segue con passione non è un pubblico vasto, ma piuttosto un gruppo ristretto che ha quasi il sapore della setta, per altri è il nome di un eccellente ma perenne precursore. Forse perché la sua opera piace ma pare povera, e la sua lezione continua ad affidarsi al personaggio Satie, ai suoi scritti e alla sua intera produzione musicale. Pochi sono quelli che si prendono la briga di approfondire le sue singole creazioni. La disgrazia dì un musicista preso all'ingrosso.

Paolo Russo (Musica Viva, Anno XVII n.5, maggio 1993)

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