La scrittura estiva alle Terme di Caracalla non è solo un impegno artistico: la bellezza delle vestigia ed il richiamo del mare per la vicinanza di Fregene la rendono molto attraente. Unisce insomma l'utile al dilettevole, condito per di più dall'atmosfera di romana cordialità di colleghi e amici che si prodigano a rendere la scrittura un po' "vacanziera", proprio per questo molto ambita da noi cantanti sollecitati come siamo sempre dagli stress della carriera.
Ricordo in particolare il "Club dei cocomerari", una collaudata iniziativa dei tecnici di palcoscenico: contro una modesta quota che si versava al capo macchinista, si acquisiva il diritto durante lo spettacolo, dietro le quinte naturalmente, di concedersi una bella abbuffata di gigantesche fette di anguria rossa e ben ghiacciata, assai sospirate durante le afose serate dell'agosto romano.
Come grande consumatore di cocomeri mi iscrissi immediatamente alla benemerita associazione versando anzi l'equivalente di un doppio abbonamento, viste le inusitate quantità che riuscivo a divorare durante le recite.
Una sera, però, durante il terzo atto dell'Aida quando il soprano canta la sua famosa aria sulle rive del Nilo, vi fu una scena fuori programma: mentre i tre cammelli stavano attraversando il palcoscenico uno di loro urtò con tutto il suo peso una quinta che cadde fragorosamente scoprendo il severo e compìto Ramphis che seduto beatamente su un gradino stava addentando un'immensa fetta di cocomero. Quel Ramphis ero io. Mi alzai di scatto scappando a gambe levate ma non potei evitare uno scrosciante applauso del pubblico che compiacente e divertito dimostrava di avere gradito l'insolita "messa in scena".
dai "Ricordi Teatrali" di Raffaele Ariè
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