"Le frasi che nella prima edizione accompagnavano la dedica a Gustav Mahler sono state tolte perché ritenute oggi superflue. Erano parole scritte subito dopo la sua morte in uno stato di profonda commozione e in esse vibravano il dolore di averlo perduto e lo sdegno per la sproporzione tra il suo valore e il riconoscimento che aveva trovato intorno a sé... L'affermazione che "egli fu un Grandissimo" acquistò quasi la forza e la sembianza di una profezia proprio perché non era stata dimostrata. Quella profezia voleva acquistare forza per poterne dare, ma acquistò più di quanto non desse: all'opera stessa, che vive tutta la sua grandezza, può contribuire moltissimo e pochissimo ad un tempo".
Ci vollero tuttavia dieci anni prima che Schönberg ritenesse superflua la dichiarazione di fede all'amico Mahler apposta in apertura del suo Manuale di Armonia. Dieci anni in cui solo la fervente ammirazione di qualche grande direttore d'orchestra - Bruno Walter in prima fila - riuscì ad imporre Mahler al pubblico riconoscendogli il suo posto nella storia della musica moderna.
Solo pochi anni prima della dedica di Schönberg si diceva che "la musica di Mahler parla il tedesco musicale, ma con l'accento, la cadenza e prima di tutto con il gesto troppo orientale dell'ebreo dell'est" e si osservava a proposito della Ottava Sinfonia "il carattere evidentemente ebraico d'un opera dove le soavi armonie celesti si fondono con un vero pandemonio di spiriti infernali". Non altro potevano aspettarsi da un "negromante in abiti mal tagliati, un piccolo uomo nero dal labbro sottile e rasato, dalla fisionomia di prete malvagio, con la calma fantastica dell'incantatore di serpenti davanti ai suoi cobra, un ciuffo di capelli in cima ad un cranio dolicocefalo, che fa allibire una orchestra folle, pallida d'attenzione, con quasi nient'altro che i suoi occhi d'inchiostro, acuti come lingue di vipera che tengono in soggezione, eccitando e calmando i draghi scatenati in cima alla piccola bacchetta di nocciolo di congiure infernali". E quando il regista del teatro di Dresda Überhorst, dopo aver ammirato la direzione del giovane Mahler, lo conobbe, l'uomo "semplicemente fenomenale che è stato capace di realizzare una esecuzione simile" divenne l'uomo "con quella figura, con quel modo dipresentarsi. A Dresda?... Assolutamente impossibile".
Critica musicale e riflessioni distaccate sulla musica si intrecciano in questi anni l'una con l'altra. Impossibile scinderle e le metafore sbocciano di continuo. L'immagine di un Mahler demoniaco - che dà il titolo ad un libro di Jean Matter (1959) - nel 1920 è ancora lanciata da Walther Krug: "la forma sinfonica c'è solo per lasciare mettere ordine nella pentola delle streghe" perché Mahler "musicista difforme, grand'uomo ma non abbastanza grande da accorgersi che la sua ambizione lo divorava, non guarda che a se stesso e si lascia andare al vizio delle sensazioni", "niente eguaglia la sua musica in traviamenti e trivialità".
Alla sua morte la sua musica è, anche fuori dalla Germania, "un disordine che si spaccia per profondità, una mancanza di riflessione che si registra in tutte le opere serie. Abbiamo ragione, noi francesi, a non vedere in questo laborioso sforzo altro che impotenza? Aspettiamo: forse la grazia scenderà in noi. Mahler ha le migliori intenzioni del mondo, intenzioni dipurezza, di bontà, di moralità, intenzioni d'arte semplice epopolare e di sincerità. Ciò che manca è l'artista, è il musicista. Ciò che manca è l'emozione alla quale non supplisce la volontà di essere commosso, o il culto dell'emozione. Ho l'impressione di un uomo che si logora in uno sforzo disperato per elevarsi a delle virtù che non sono le proprie: vorrebbe amare e non ama affatto... Si ha l'impressione di una vita interiore sempre turbolenta che cerca appassionatamente di giungere ad un equilibrio senza riuscirci". Nella Seconda Sinfonia "è caduto nell'errore dei musicisti maldestri e di second'ordine che vogliono mettere in un'opera tutto ciò che sanno e che sono capaci di dire". Per concludere con le dure parole di Rudolf Louis: "gli manca evidentemente la sicurezza nella funzione più elementare del giudizio artistico, nel discernimento dell'autentico e del falso, cosa che non si può attribuire che a un totale accecamento artistico o a un fiuto totalmente corrotto. Non concepisco come si possa riconoscere un alto valore pur che sia alla musica di Mahler anche se la si prende sul serio. Perché anche a quelli che non offende direttamente, è impossibile che dica qualcosa e non c'è bisogno di essere respinti dalla personalità di Mahler per constatare il totale vuoto e inutilità di un'arte dove la contrazione d'un titanismo superficiale ed impotente si risolve nella banale compiacenza d'un volgare sentimentalismo da sartine".
In fondo però i dolori di Mahler erano sorti fin da subito, almeno dalla sua prima importante esecuzione pubblica. Sul malheur suscitato dalla Prima Sinfonia di Mahler ironizzavano i giornali di Budapest chiamati a recensire la prima esecuzione del 1889 diretta dal compositore stesso. "Atroci" erano i primi movimenti della Seconda Sinfonia dati in anteprima a Berlino nel 1895. Per Liszt nel 1883 Das klagende Lied "ha un testo che non garantisce alcun successo alla composizione". Ancora prima, nelle parole dello stesso Mahler: "Se la giuria del conservatorio di cui facevano parte Brahms, Goldmark, Hanslick, Richter mi avesse concesso il premio Beethoven di 600 fiorini per "Das klagende Lied", tutta la mia vita sarebbe stata diversa... Non sarei stato costretto a recarmi a Lubiana e tutta l'infame carriera di direttore d'opere mi sarebbe stata risparmiata. Invece, il premio di composizione toccò al signor Herzfeld, mentre Rott ed io ce ne tornammo a mani vuote. Rott è diventato pazzo dal dolore, io sono e sarò sempre condannato all'inferno del teatro".
Era un muro spesso di diffidenze e incomprensioni che confinava Mahler nella sofferta carriera di direttore d'orchestra, l'unica per la verità che gli diede immediati ed entusiastici riconoscimenti.
Nel 1891, Mahler approdava ad Amburgo dopo gli anni di Budapest da cui un clima fortemente nazionalistico lo aveva costretto ad allontanarsi. Ciaikovsky: "L'opera[Eugenio Onieghin] è stata studiata con cura, e la scenografia non è malvagia, ma ho perso il filo nel seguire i recitativi, adattati al testo tedesco... D'altra parte il direttore di qui non è la solita mediocrità, ma un uomo semplicemente geniale. Ieri ho udito sotto la sua direzione un meraviglioso Tannhäuser".
Von Bülow: "L'opera di Amburgo ha ora un nuovo direttore di prim'ordine, Gustav Mahler, un ebreo venuto da Budapest, serio, energico, che secondo me non è inferiore ai più grandi come Mottl e Richter... recentemente ho ascoltato un Siegfried diretto da lui e sono rimasto ammirato per il modo in cui ha costretto questi furfanti a ballare ai suoi cenni".
Ma l'immensa stima per il direttore d'orchestra si ferma ancora di fronte al compositore. "Quando a Bülow ho fatto sentire Totenfeir gli è insorto un terribile stato di nervosismo, fino a dichiarare che paragonato a ciò che aveva sentito il Tristan sembrava una sinfonia di Haydn".
Se ancora Paul Dukas deve affermare che "uno dei grandi ricordi della mia vità in campo musicale è una esecuzione londinese di Fidelio. Mahler diresse L'ouverture Leonora n.3 rivelandomi il genio di Beethoven in modo così mirabile che ebbi l'impressione di assistere alla creazione originaria di quella sublime composizione", l'ambiguità del Mahler direttore e del Mahler compositore suscita critiche divertite e talvolta aspre. "Oggi Gustav MahIer ha diretto le sue stupidaggini di gioventù"; "Come compositore il signor Mahler gode di un'occasione concessa a pochi. Ha la possibilità di affidare proprie composizioni ai migliori artisti immaginabili: le sue sinfonie alla migliore orchestra del mondo, i suoi Lieder ai più rinomati cantanti; le sue intenzioni ad uno dei più raffinati direttori, Gustav Mahler. Sì, Mahler direttore e autore è stato fragorosamente applaudto. Una parte del pubblico che non apparteneva alla consorteria dei mahleriani è rimasta freddina. Purtroppo le era impossibile applaudire il direttore senza ricevere gli inchini di ringraziamento dell'autore". Così cadde nel 1901 Das klagende Lied, "fragore coribantico", "ben disposta quantità di effetti acustici rozzi e raffinati". D'altra parte, come si con-
viene al rigore di un maestro, Mahler non cedeva un palmo alla critica: in un concorso la suite "piacque alla giuria perché era superficiale e molto più povera di idee, mentre le mie opere migliori spiacquero sempre agli onorevoli membri delle giurie" ed ancora più chiaramente "Non nutro alcun dubbio che i nostri amici critici soffriranno ancora una volta di vertigini. E' ben noto che non riesco a far nulla senza trivialità. Questa volta ho comunque superato ogni limite accettabile. Viene spesso l'idea di trovarsi in una osteria o in un porcile".
L'ostracismo del periodo nazista offuscò ancora a lungo l'immagine di Mahler nei circuiti musicali ufficiali. Solo dopo la guerra iniziò il riscatto che gli avrebbe restituito il suo posto nella storia della musica moderna. In Italia dopo lo studio di Ugo Duse si dovette attendere il 1983 per la prima ampia monografia su Mahler per la penna di Quirino Principe. I riconoscimenti sono tecnici, per un verso, come quelli di Copland che afferma: "due aspetti della sua natura musicale sono in anticipo di anni sul suo tempo. Uno di questi è la struttura curiosamente contrappuntistica della partitura, l'altro, più ovvio, la strumentazione sorprendentemente originale. Visti nella giusta cornice questi due elementi sono strettamente connessi. Solo perché la sua musica è concepita contrappuntisticamente la strumentazione possiede quella rapida incisività e sonorità purificata che possiamo avvertire ancora nella musica dei compositoriposteriori... simili effetti si ritrovano nelle composizioni per orchestra di Schönberg, Honegger, Britten". Sono altrimenti riconoscimenti generali sulla profondità dell'arte come quelli di Cooke che vuole applicare a Mahler la definizione di Huxley "Nell'arte Totalmente Veritiera le angosce possono essere giuste e vere, l'amore e la mente indomita altrettanto importanti quanto nella tragedia... male angosce, l'amore e la morte vengono poste dal creatore e dalla Verità Totale in un altro ampio contesto" o la partecipazione ad un clima espressionistico in cui "l'interna commozione dell'artista si prosegue nell'opera, o meglio ancora, come opera del tutto ed immediatamente così quale viene vissuta". Era in fondo Mahler stesso ad autorizzare letture di questo genere quando sosteneva "Le mie sinfonie trattano a fondo il contenuto di tutta la mia vita; dentro vi ho messo esperienze e dolori, verità e fantasie in suoni... Non posso far musica fino a che la mia esperienza può essere raccolta in parole. La mia esigenza di esprimermi musicalmente sinfonicamente inizia solo quando dominano le oscure sensazioni e dominano sulla soglia che conduce all'altro mondo".
Ma l'ultima parola che fonde insieme la lezione tecnica ed artistica di Mahler l'aveva già detta Schönberg: "A Mahler fu concesso di rivelarci quanto ci ha detto, e solo quello, del nostro futuro; quando volle dirci di più, fu portato via; poiché non deve ancora esserci pace e silenzio, ma lotta e frastuono".
di Paolo Russo (Musica Viva, Anno XVII n.2, febbraio 1993)
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