Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

lunedì, agosto 21, 2006

I dischi del Quartetto Italiano

Tornano i dischi del Quartetto Italiano. Io credo che siano ristampe cicliche: a esaurimento, si ripubblicano, in tempi serrati. Mozart, Schubert, Beethoven... I Classici del Disco con Borciani, la Pegreffi, Farulli e Rossi, gioia e orgoglio d'ogni discoteca in cui abbia onore la musica da camera, o semplicemente la musica.
L'orgoglio e la gioia, però, questa volta prendono una tinta tragica e scura: Paolo Borciani, il primo violino, è morto, dopo dolorosa malattia. Malattia nota a lui e ultimamente al mondo musicale, che ha vissuto con commozione l'alta lezione umana delle esecuzioni del Quartetto con Borciani e la moglie, Signora Elisa Pegreffi, uniti a due giovani allievi, per interpretare L'arte della fuga di Bach, quasi che il documento estremo del Maestro nato trecento anni fa e maestro della musica occidentale tutta potesse essere anche per il nostro grande interprete l'ultima testimonianza. Insegnare, suonare... credere nell'arte come se tutto il bene e tutto il male del mondo potessero dipendere dal rispetto di un segno, dall'adesione intellettuale e morale ad una scelta portata fino in fondo.
Si è parlato talmente del Quartetto Italiano, che è difficile adesso richiamare le sue maggiori qualità, fissare in termini sintetici l'impronta del suo contributo. Il Quartetto Italiano non aveva un suono ricco e particolare, non ostentava virtuosismi evidenti, non vantava strumenti preziosi, non voleva porsi né come sontuoso né come fenomenale. Il Quartetto Italiano aveva come novità assolutamente avvertita, anche se mai pronunciata, la coerenza rigorosa e assoluta della concertazione. In un mondo in cui l'editoria continua a stampare le parti separate dei quartettisti senza la partitura del quartetto, come a suggerire ciò che la prassi storica autorizza, cioè che si cominci a provare quanto viene fuori, dall'attacco gli autori e le singole esecuzioni del Quartetto Italiano appaiono determinati all'unità assoluta della lettura, istanti d'un tempo che idealmente è già riunito nella mente dei Quattro, disegno che sta già nella loro concorde fantasia. I rapporti precisi fra le singole parti, i tragitti stilistici, le pazienze su tempi lenti che poco a poco si rivelano emozionante possesso nostro d'una durata smisurata, la rapidità senza compiacimenti di certi allegri dalla spigliatezza scarna e perentoria, ci costringono a sentire subito l'avvenimento poetico che si rivela pieno. La qualità dell'esecuzione diventa, anzi, la misura della nostra comprensione delle pagine eseguite. Ho visto gente esperta sbalordita davanti all'esecuzione che il Quartetto Italiano fa degli ultimi quartetti di Beethoven, come se l'arduo segreto fosse infine posseduto (se posso portare piccola testimonianza, avevo deciso di riservarne la comprensione a un lungo studio successivo, poi di colpo un'esecuzione loro me ne ha dato in una luce nettissima e fulminea la prima rivelazione). Ho visto anche gente che non è intenditrice di musica folgorata come se quelle pagine problematiche fossero misteriose sempre ma rivolte proprio a lei, difficili ma in un linguaggio che si dà compiutamente decifrabile, affascinante...
Borciani aveva allievi che l'amavano, che lo amano ancora, sentendolo guida, sentendolo vivo nella sua arte che la memoria e le registrazioni custodiscono. Era maestro di coerenza anche nella morale professionale. Una volta ci convocarono a studiare il problema delle sovvenzioni statali alle tournées all'estero: lo Stato aiutava tutti coloro che non ce la facevano a tirare le spese, ma il Quartetto Italiano non chiedeva nulla: portava arte, cultura, anziché velleità, ma non veniva riconosciuto; e non voleva chieder la sua parte, voleva riflettessimo sulla faccenda, per riportare serietà. Un'altra volta, un'occasione di principio portò il Quartetto, per solidarietà a un artista, a promettere di non suonare più per una Società pur cara; molti altri lo promisero, anche più vicini politicamente all'artista, ma il Quartetto Italiano non ebbe molti colleghi a mantenere la promessa. La coerenza morale era una cosa semplice per Borciani, ne parlava con quella sua aria sorridente e distratta, con quell'aspetto un po' dimesso e sbrigativo. La vita era da vivere cercando il "tempo giusto": si può sbagliare, non è detto che per tutti sia lo stesso: ma quando uno lo trova, è come se di dentro qualcosa rispondesse, mi spiegava non molto tempo fa.
 
di Lorenzo Arruga (Musica Viva, Anno IX n.9, settembre 1985)

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