Esistono tre ritratti di Vivaldi. Il primo è il ritratto-caricatura del Ghezzi, schizzato dal vivo nel 1723 a Roma: i tratti sono un po' esagerati, ma vivacissima è l'espressione estroversa, sottolineata dalla bocca semiaperta, dall'occhio vivo, dall'atteggiamento della testa sul corpo gracile, afflitto da "strettezza di petto". Due anni dopo venne eseguito dall'incisore olandese (di origine francese) François Morellon La Cave un ritratto ufficiale; dato che le edizioni vivaldiane venivano stampate in Olanda, è verosimile che l'incisione olandese dovesse servire a scopi editoriali. Il compositore è ritratto davanti allo scrittoio e nella mano destra tiene stretto al petto un quaderno di fogli pentagrammati con qualche battuta di musica scritta: una raffigurazione stereotipa, a giudizio di Marc Pincherle, il primo grande biografo di Vivaldi. Da questa incisione ne derivarono altre, talvolta piuttosto differenti dall'originale: quella di Caldwall pubblicata nella Storia della musica (1776) di Hawkins e quella di Lambert figlio pubblicata nella Galleria di violinisti e liutai celebri (1818). Infine, per analogie con l'incisione olandese, un terzo ritratto potrebbe essere quello portato alla luce da Francesco Vatielli al Conservatorio di Bologna: il musicista è raffigurato di fronte, a mezzo busto, in abito solenne e con parrucca: nella mano sinistra tiene un violino, nella destra una penna d'oca, mentre davanti a lui sta un foglio di musica.
Il carattere del compositore veneziano, così acutamente colto dal Ghezzi, aveva aspetti bizzarri. Ad esempio, in un concerto dedicato all'amico e violinista tedesco Pisendel, Vivaldi aveva segnato nel finale la realizzazione del basso, ma poiché si trattava di un'indicazione superflua, quasi offensiva nei confronti del destinatario, ebbe il riguardo di annotare: «Per li coglioni».
Carlo Goldoni, dal canto suo, attribuisce a Vivaldi un comportamento da bigotto. Tra le bizzarrie del "prete rosso" occorre anche ricordare un improvviso moto di nazionalismo che appare nella dedica dell'opera Adelaide ad Antonio Grimani, capitano e vice podestà di Verona: «... Era parimente convenevole, che ad un Veneto Patricio fosse questo dramma dedicato, imperciocché non potendo la storia, ondè ricavata l'azione, che sommamente dispiacere ad un buon italiano che non sia, come tanti sono oggidì, di sua Nazione inimico, facendogli sovvenire, discacciati gli ultimi italiani Re, ricadde la misera Italia, per non più liberarsene, sotto giogo straniero, a tale deplorabilissima sciagura solo dà qualche compenso l'inclita Veneta Repubblica, in cui dal suo nascimento fino ai nostri giorni l'Italiana libertà si conserva, e voglia Iddio sino al finire de' secoli conservarla».
da "I Maestri della Musica", De Agostini, 1989
Il carattere del compositore veneziano, così acutamente colto dal Ghezzi, aveva aspetti bizzarri. Ad esempio, in un concerto dedicato all'amico e violinista tedesco Pisendel, Vivaldi aveva segnato nel finale la realizzazione del basso, ma poiché si trattava di un'indicazione superflua, quasi offensiva nei confronti del destinatario, ebbe il riguardo di annotare: «Per li coglioni».
Carlo Goldoni, dal canto suo, attribuisce a Vivaldi un comportamento da bigotto. Tra le bizzarrie del "prete rosso" occorre anche ricordare un improvviso moto di nazionalismo che appare nella dedica dell'opera Adelaide ad Antonio Grimani, capitano e vice podestà di Verona: «... Era parimente convenevole, che ad un Veneto Patricio fosse questo dramma dedicato, imperciocché non potendo la storia, ondè ricavata l'azione, che sommamente dispiacere ad un buon italiano che non sia, come tanti sono oggidì, di sua Nazione inimico, facendogli sovvenire, discacciati gli ultimi italiani Re, ricadde la misera Italia, per non più liberarsene, sotto giogo straniero, a tale deplorabilissima sciagura solo dà qualche compenso l'inclita Veneta Repubblica, in cui dal suo nascimento fino ai nostri giorni l'Italiana libertà si conserva, e voglia Iddio sino al finire de' secoli conservarla».
da "I Maestri della Musica", De Agostini, 1989
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