C'è un identikit del compositore finlandese che si può ragionevolmente azzardare e al quale neanche Sibelius è sfuggito: un uomo o una donna dediti all'arte dei suoni e, nello stesso tempo, profondamente inseriti nelle strutture organizzative della vita musicale del Paese. Musicisti e docenti, oppure musicisti e dirigenti, le combinazioni di questa formula possono variare all'infinito: non vi fanno eccezione neanche i cantanti, come è dimostrato dai casi del basso Martti Talvela, per anni direttore artistico del Festival di Savonlinna o del baritono Jorma Hynninen che dopo aver diretto dal 1984 al 1990 l'Opera Nazionale Finlandese, da quest'anno assume la direzione del citato festival.
Joonas Kokkonen (nato nel 1921) testimonia anch'egli di questo consolidato costume: decano dei compositori contemporanei finlandesi, e reputato come il più significativo musicista di quel Paese dopo Sibelius, parla volentieri delle sue esperienze che lo hanno portato prima all'incarico di lettore all'Accademia Sibelius nel periodo 1950-59 e poi alla cattedra di composizione nella stessa Accademia del 1959 al 1963. Presidente della Società dei Compositori Finlandesi dal 1965 al 1970, è stato anche Rettore dell'Accademia Sibelius dal 1966 al 1980. Mi parla di questi incarichi nel più antico dei ristoranti russi di Helsinki, durante un incontro organizzato dal Ministero degli Affari Esteri finlandese. Parto da questi dati "burocratici" perché la partecipazione alla militanza amministrativa e didattica (di per sé lontane dal puro momento creativo) attribuisce a Kokkonen - come agli altri esponenti dell'attuale generazione - concretezza, realismo, totale assenza di pose "sublimni": aspetti che non siamo soliti associare, da noi, al musicista.
Me lo conferma il colloquio svoltosi nel corso dell'incontro: la deferenza verso l'illustre musicista cede presto il passo a una semplicità e cordialità che il suo tono schietto e ironico autorizzano.
Kokkonen ha al suo attivo numerose composizioni, fra le quali spiccano 4 sinfonie, l'opera in due atti Le ultime tentazioni e il Requiem scritto nel 1981 in memoria della moglie Maija morta nel 1979.
E sono proprio l'opera e il Requiem che gli hanno assicurato - dopo quasi mezzo secolo di attività creativa, la sua prima composizione, un trio per violino, pianoforte e violoncello è del 1948 - una fama che valica i confini degli amatori e quelli geografici del suo Paese.
E dire che Le ultime tentazioni non ammicca a temi popolari, né gioca la carta, che è sempre latente nella drammaturgia finlandese, del nazionalismo e del richiamo alla saga del Kalevala. A giudicare dai commenti raccolti e da quanto me ne riferisce l'autore nel corso dell'intervista, è soprattutto il messaggio morale che ha fatto breccia nel pubblico, fino a fare di un'opera contemporanea un successo (più di 200 repliche nella sola Finlandia): come in certe opere verdiane (e Verdi è l'autore che preferisce in campo operistico) coi valori musicali passa la concezione etica del compositore. Così ne Le ultime tentazioni, la storia del riformatore religioso Paavo Ruotsalainen, personaggio storico (1777-1852) sceneggiata nel libretto scritto da un cugino del musicista, narra la vicenda d'un uomo semplice che lotta contro il dogmatismo e contro concetti stereotipi della religione. Il protagonista è uno dei numerosi anti-eroi di cui è ricca la letteratura europea dal Decadentismo in poi: tant'è vero che la sua avventura umana e religiosa ci viene mostrata in controluce, un calvario di fallimenti e di cadute. La sua fede semplice ma forte riesce a trasmettere il convincimento che lo ha sostenuto nel corso della sua difficile vita: la superiorità della legge di Dio rispetto agli schemi confessionali e legalitari costruiti sopra e ai danni della parola rivelata.
Questa stessa fede laica anima il Requiem, ove il clima non è quello fortemente chiaroscurato delle analoghe composizioni di Mozart e di Verdi, ma semmai quello pacato e meditativo del Deutsches Requiem di Brahms, sì da rinforzare la diffusa opinione che contrappone i Requiem cattolici a quelli protestanti (la confessione di riferimento è per Kokkonen il luteranesimo). Se ne ha conferma nella scelta che ha portato Kokkonen a rinunciare al Dies irae, sostituito da un passo del Tractus che si conclude con l'invocazione alla «lux aeternae beatitudinis». E in questo motivo della luce la partitura trova il suo centro di gravità.
Kokkonen si congeda con un'anticipazione: sta lavorando alla sua quinta sinfonia. Alla confidenza, aggiunge l'invito ad andarlo a trovare nella sua casa di Jarvenpäa, a pochi chilometri da Helsinki. Già, perché nell'identikit dell'artista finlandese (Sibelius docet) c'è la casa fra i boschi che si specchia su uno dei mille laghi di questo paese. E quella di Kokkonen è firmata da Alvar Aalto.
di Franco Onorati (Musica & Dossier, Anno VII n.53, gen/feb 1992)
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