Queste parole, scritte da Nietzsche ad appena quattordici anni, si possono considerare come la radice, l'essenza stessa del suo pensiero nei confronti della musica. Infatti quando quindici anni più tardi scrive: «Io considero l'arte come il compito supremo e come l'attività metafisica propria della nostra vita...» dimostra di non scostarsi molto da quelle prime considerazioni, pur frammentarie ed immature, della giovinezza. La musica per Nietzsche rimarrà, insomma, non solo una compagna inseparabile per tutta la vita ma anche l'Arte per eccellenza, eletta al ruolo di sutura tra l'Uomo e il Dionisiaco. Ma il rapporto tra l'autore di «Zarathustra» e la cosiddetta «Arte dei suoni» non rimane solo confinato nel terreno delle speculazioni filosofiche o delle stofiche polemiche ma si è sviluppato ed approfondito sul piano strettamente tecnico e, diremo, artigianale.
La conferma di ciò la si è avuta nel 1976 grazie alla pubblicazione curata dalla «Bärenreiter-Verlag Basil» della sua intera produzione musicale.
Si tratta di 74 brani di differenti dimensioni che coprono un periodo che va dal 1854 al 1888, diligentemente raccolti e annotati da Curt Paul Janz.
Bisogna però precisare che gran parte di questi brani sono in realtà solo abbozzi incompiuti, schizzi e frammenti che testimoniano l'eterna indecisione con la quale Nietzsche affrontava il mestiere di compositore e il grande squilibrio qualitativo di cui soffre l'intera produzione.
Le opere compiute vere e proprie prevedono l'uso di un organico quasi sempre cameristico e constano di una numerosa serie di pezzi per pianoforte solo, a quattro mani, di due brani per violino e pianoforte, di uno per quartetto d'archi, uno per orchestra d'archi a quattro per voci e pianoforte, uno con voce recitante e di un gran numero di Lieder su testi di Nietzsche, Groth, Rückert, Eichendorff, Fallersleben, Petöfi, Puschkin, Geibel, Chamisso e Lou Salomè.
Contrariamente alle apparenze però, non è sempre l'intimismo cameristico, suggerito dalla scarsità numerica degli esecutori e dai generi musicali coltivati, ad interessare il compositore, ma la ricerca di una grandiosità di faustiana memoria, insoddisfatta solo dalle limitazioni tecniche di cui spesso egli aveva a lamentarsi con i suoi amici.
Ecco la causa dell'assenza da questo «corpus» di musiche di brani per grande organico, eccezion fatta per il Lied «Preghiera alla vita» su testo di Lou Salomè, che fu poi trascritto per coro e orchestra da Peter Gast, amico e discepolo del filosofo.
Non è questa forse la sede per effettuare un'attenta analisi di tutte le musiche compiute comprese nella recente pubblicazione, ma si può forse tentare di abbozzare un rapido schema del «cursus» stilistico che Nietysche seguì nell'arco della sua carriera di compositore. «Mozart e Haydn, Schubert e Mendelssohn, Beethoven e Bach: ecco le uniche colonne sulle quali la musica tedesca e io ci fondammo».
Questa dichiarazione del giovane Nietysche è fondamentale per comprendere lo stile che sigilla le sue prime composizioni, ma subito occorre identificare anche gli scopi che si era prefisso e l'origine degli stimoli che sorreggono l'impalcatura musicale del suo pensiero.
Per esempio grande influenza diretta sul giovane compositore l'ebbe senz'altro il suo amico Gustav Krug che, oltre a conoscere personalmente Mendelssohn, era anche un virtuoso del violino e compositore egli stesso. L'adolescente Friederich narra diffusamente nelle sue memorie dei lunghi pomeriggi passati insieme a studiare musica e della ferrea volontà dell'altro nell'applicazione e nell'esercizio, così che questi diventò presenza insostituibile per la sua formazione musicale.
Anche la musica di Listz, e in particolare lo spirito magiaro di cui era permeata, ebbe la sua influenza.
Eß noto che egli stesso si era formato una falsa genealogia, immaginando una fantasiosa discendenza polacca, così che, tutto preso da questo processo di identificazione geografica, cominciò a scrivere una sorta di sinfonia (ovviamente per due pianoforti ed incompiuta) su modello della listziana «Sinfonia Dantesca» ma infarcita di umore slavo tanto forte da indurlo ad intitolarla: «Serbia»!
Dopo questi episodi giovanili Nietysche alternerà per la composizione lunghi periodi di pausa a intensi momenti di febbrile lavoro.
Durante uno di questi scrive, nel 1971: «Nachklang einer Sylvesternacht, mit prozessionlied, bauertanz, und glockengeläut.» per pianoforte a quattro mani, che è un pezzo per molti aspetti particolarmente significativo. Prima di tutto perchè il tema principale deriva da un'altra sua composizione per violino e pianoforte e che sarà ripreso una terza volta nella posteriore «Manfred-Meditation». E' questo un dato interessante perchè caratterizza la capacità, non solo musicale, di sviluppare, dalla medesima matrice, problematiche e conclusioni differenti, creando, così, un gioco di legami e riferimenti che diventano e formano quasi un lessico di «affetti» del suo tempo sul quale è possibile applicare numerose griglie interpretative.
Formalmente il brano ha la struttura di una vasta fantasia a programma, dove, episodicamente, sono illustrati i diversi momenti (la festa contadina il suono delle campane, etc.) di una nottata di Capodanno.
L'autore stesso lo considerava come «caduto dal cielo» e, scrivendo proprio al suo amico Krug affermava che «esso suona bene, ha qualcosa di popolare, non scade mai nel tragico ... » e, a riprova di quanto accennavamo prima: «il timbro è abbastanza orchestrale, mi sarei addirittura appassionato nella strumentazione, ma, tu lo sai, qui non ce la faccio più».
Il brano, come spesso capitava, non fu particolarmente apprezzato dai principali «giudici» musicali di Nietzsche: i coniugi Wagner.
Richard si liberò della faccenda affermando che «per essere un dotto» egli componeva «abbastanza bene», Cosima, invece, non diede giudizi di sorta.
Il brano, come molti altri, rimane comunque interessante come prova degli sforzi di sottrarsi alla forza centrifuga causata dalla presenza «storica» degli altri compositori.
In questo sforzo egli prenderà anche dei clamorosi abbagli, come farà bollando Schumann, l'antico maestro, con l'appellativo di «Sassone dolciastro». Ma esiste anche un'aspetto profetico del Nietzsche musicista, quello che ha permesso ad un grande dilettante di sottoporre, in pieno fine secolo, all'attenzione dei posteri, possibilità di indagine sonora e di ricerca tali da meritare, come è avvenuto recentemente da parte del gruppo «Spettro Sonoro», la riproposizione integrale delle sue musiche.
Ed è considerando i nuovi aspetti che la sua personalità di filosofo ha rivelato, grazie a letture liberate finalmente da superficiali e demagogici preconcetti e in virtù di studi sempre più approfonditi, che questa iniziativa acquista un significato diverso e particolare.
di Michele dall'Ongaro (Laboratorio & Musica, AnnoI n.7-8, dic/gen 1980)
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