Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

venerdì, dicembre 01, 2017

Ex Novo Musica 2017: SIAE - Classici di Oggi

ex novo musica 2017
Caleidoscopio Novecento
Vi é rnai successo di pensare che ci vuole molta più fede a credere alla fisica che alla religione? In effetti non é poi cosi difficile immaginare la Madonna o lo Spirito Santo: una giovane donna dall'aria casta o una colomba bianca riusciamo a pensarla tutti. Ma convincersi che dentro un sasso ci siano elettroni, neutrini, neutroni, protoni, leptoni, fermioni, mesoni e bosoni - che per di più girano, si scindono, danzano, si azzuffano in un sabba infernale - richiede grande fiducia e capacità di mettersi in gioco, di darsi. Richiede fede. Ancor di più però ne richiede pensare di poter fare, e far ascoltare, musica in Italia, soprattutto non quella da frigorifero, freezer o congelatore all'azoto (a seconda di quanto retrograde siano le programmazioni concertistiche) ma quella giovane, fresca, piena di sciocche illusioni come quella che, una volta ascoltato quello che si è ascoltato per secoli, ci sia ancora la possibilità di dire qualcos'altro, anche se per ora balbettato e brancolante. D'altronde, che cos'è un’istituzione se non quella cosa che osteggia con tutte le sue forze cio che é nuovo, per poi difendere con altrettanta ottusità cio che é stato nuovo qualche secolo prima? In questo senso, 'istituzione' é sinonimo di società e l'ostinarsi a voler offrire (nuova) musica in questi contesti si configura come esperienza religiosa, di sacrificio e di credo, e questo non stona in un paese che poggia la sua visione del futuro sulla fatalistica fiducia nei miracoli.
In effetti, perché mai aiutare i nuovi talenti, i nuovi cornpositori, quando c'é l'esempio di Verdi, che al conservatorio non era neanche stato amrnesso? Miracolo! E perché rnai tirar su nuovi cantanti, che portino nel mondo - e Cantata in una lingua comprensibile - l'opera, quando abbiamo avuto Pavarotti, che la musica non sapeva neanche leggerla? Miracolo. E direttori? Gli Abbado, che la musica la respiravano in casa. Miracolo. E flautisti? Gazzelloni, che veniva dalla banda. Miracolo, E pianisti? C'è Pollini, E violinisti? Accardo, Ughi... Siamo a posto. Miracoli, miracoli, miracoli!
Per darci modo di farne anche noi, nel nostro piccolo, le istituzioni (dal Ministero in giù, degradando) si preoccupano innanzitutto di farci trovare nella condizione ottimale, azzerando tutti i contributi (d’altronde, anche i mistici cominciavano ad avere le visioni quando erano a digiuno). Poi, per farci render conto che è tutto pensato a fin di bene, anche se noi non lo capiamo, promulgano leggi e regolamenti dai quali si intuisce bene quanto loro importi della musica.
Infatti il tipico ordinamento nostrano consta di una sfilza di articoli che descrivono l’Eden. Il primo di solito dice più o meno che "L'Italia reputa la musica un bene importante"; il secondo che "L'Italia ha a cuore la musica ecc. "; il terzo che "L'Italia ci tiene ecc. "; il quarto che "L'Italia auspica..."; il quinto che "L'Italia esorta..." e giù avanti per un'altra ventina di frasette. Apprezzare, stimare, esortare, auspicare, incoraggiare... da noi la Legge sulla Musica è la sagra del verbo protendente (utopico o ipocrita, a seconda del lato del cannocchiale da cui lo si guarda).

Gli altri paesi, che non hanno il dono di credere nei miracoli, invece investono nei loro esecutori, nelle formazioni, negli ensemble dando loro spazi, mezzi, strumenti, supporti logistici, viaggi, ospitalità e commissionano nuovi lavori a compositori (anche stranieri), conferiscono premi, borse e stipendi, mettono a disposizione strutture e orchestre, anzi attribuiscono loro il ruolo di consiglieri e di rappresentanti della nazione, in importanti occasioni internazionali. La Francia per esempio l'ha sempre fatto, da Guillaume de Machaut a Boulez. Ma si sa, i francesi sono spocchiosi, non si accontentano. E i tedeschi che, oltre al resto, forniscono staff di mezza dozzina di persone ai loro ensemble, perché possano concentrarsi solo sulla musica? Figurati, i tedeschi hanno il chiodo sulla testa, si accontentano ancora meno. E gli scandinavi, che primeggiano in diversi settori, dalla direzione d’orchestra, al design, alla narrativa? Neanche loro possono accontentarsi, fa troppo freddo. E poi gli inglesi, che se si fossero accontentati dei Beatles non avrebbero dominato le classifiche mondiali del pop per più di cinquant’anni? Pura fortuna, anche perché gli inglesi, si sa, sono ingenui (No sex please, we are British!). Noi qui siamo molto più furbi e quindi il motto è: No (new) music please, we are Italian!
Solo che, per fortuna, noi dell'Ex Novo l'inglese non lo sappiamo.
E, miracolosamente, nemmeno la SIAE.


Claudio Ambrosini
Presidente dell'Ex Novo Ensemble