Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, luglio 26, 2014

Gustav Mahler: Quinta Sinfonia in do diesis minore

Lied e sinfonia sono in
Gustav Mahler (Wien, 1907)
Mahler strettamente connessi. Senza esserne consapevole egli diventa qui un seguace di Schubert, nelle cui Sinfonie - si pensi soprattutto alle ultime due in si minore e do maggiore - il dispiegamento tematico è assai più orientato al canto che non all’elaborazione motivica nel senso dei classici viennesi. Le prime quattro Sinfonie stanno sotto il segno della poesia di Des Knaben Wunderhorn (Il corno meraviglioso del fanciullo), quella raccolta di canti popolari e di poesie ricalcate su canti popolari, a cui Mahler, come egli stesso confessò in una lettera del 1905, si dedicò “per così dire anima e corpo“ per circa quindici anni. In Mahler il rapporto tra Lied e Sinfonia è innanzitutto un rapporto molto diretto. L’intero primo grande movimento della Prima Sinfonia si basa su un Lied (il secondo dei Lieder eines fahrenden Gesellen, così come la parte centrale del terzo movimento, la visione onirica dell'"albero del tiglio" (tratta dal quarto dei Lieder eines fahrenden Gesellen), che è preceduta e seguita da una grottesca marcia funebre. Lo Scherzo della Seconda Sinfonia e quello della Terza non sono altro che un Lied ampliato a dimensioni gigantesche (la Des Antonius von Padua Fishpredigt dal ciclo del Wunderhorn e Ablösung im Sommer dai Vierzehn Lieder und Gesänge). A ciò si aggiunga che in tre movimenti delle sue Sinfonie sono musicati dei testi tratti dal Wunderhorn (Seconda Sinfonia, quarto movimento; Terza Sinfonia, quinto movimento e Quarta Sinfonia, quarto movimento).
Mahler abbandona improvvisamente questo mondo in sé compiuto dopo la Quarta Sinfonia (terminata nel 1900). Nel 1901 Mahler compose il suo ultimo Lied su un testo tratto dal Wunderhorn e inizia la Quinta Sinfonia. La Quinta, Sesta e Settima Sinfonia sono puramente strumentali e non presentano dirette relazioni tematiche con i Lieder di Mahler. Solo nell’Ottava Sinfonia, una cantata sinfonica in due movimenti, e nel susseguente Lied von der Erde, un ciclo liederistico sinfonico, Mahler perseguirà nuovamente una sintesi di linguaggio vocale e strumentale.
Nel 1904 Mahler scrisse a Peters, editore della Quinta Sinfonia: “Data la disposizione dei movimenti (di cui quello che abitualmente è il primo movimento compare in seconda posizione), è ben difficile parlare di una tonalità della ‘intera sinfonia` e, al fine di prevenire equivoci, è meglio che non si nomini affatto tale tonalità (il movimento principale, il secondo, è in la minore - l’Andante, cioè il primo, è in do diesis minore). Si è soliti denominare le sinfonie a seconda della tonalità del movimento principale - però solo se questo si trova al primo posto, come è sempre stato finora - l'unica eccezione è quest'opera." Non è quindi solo nel superamento della correlazione tonale che si incontra un elemento nuovo (le tonalità dei cinque movimenti di questa sinfonia sono do diesis minore, la minore, re maggiore, fa maggiore, re maggiore), ma anche nella successione dei movimenti e nel loro carattere. Nella lettera poc'anzi citata Mahler accenna al fatto che nella Quinta Sinfonia “movimento principale” e “Andante” si sono scambiati il loro consueto posto. Tuttavia questo è vero soprattutto per ciò che concerne la caratteristica del tempo, e non tanto le categorie formali. Infatti l’Allegro in la minore ha solo una
lontana affinità con un “movimento principale" di tipo consueto (e cioè nella cosiddetta ‘forma-sonata’). I due movimenti iniziali sono legati da una stretta relazione tematica, mediante anticipazioni e retrospettive, come se l’antico ‘principio dualistico’ della forma-sonata fosse scomposto e dispiegato in due movimenti autonomi. (Mahler sottolinea l'intrinseco legame tra i due movimenti racchiudendoli nella parte prima.) La complessità della struttura compositiva, che si accentua passando dal primo al secondo movimento, continua ad intensificarsi nello Scherzo, il terzo movimento. quello più lungo e più complicato, che costituisce il Centro della Sinfonia. Questo Scherzo di così ampie dimensioni - con un primo tema (quello dello Scherzo) selvaggiamente tracotante è un trasognato valzer viennese (con sviluppo e ripresa) quale secondo tema - è stato considerate dallo stesso Mahler come il movimento più importante della Sinfonia. “Questo movimento è estremamente difficile da portare a termine”, disse nel 1901 a Natalie Bauer-Lechner, “per via della struttura e dell’enorme abilità artistica richiesta in ogni relazione c dettaglio. Come in un duomo gotico, l'apparente confusione deve tramutarsi in supremo ordine e armonia [...]”. In estremo contrasto con questo Scherzo sprizzante di vitalità sta il susseguente Adagietto. Il contrasto riguarda sia l'orchestrazione, limitata agli archi e all’arpa, sia l'espressione: fervido anelito e lacerante dolore dell’addio nello stesso tempo, una continua reminiscenza del Lied di Mahler sul testo di Rückert “Ich bin der Welt abhanden gekommen” (scritto nello stesso anno, il 1901). Il Finale, anch'esso in estremo contrasto, ha un inizio di una serenità scurrile , quasi ironica: è come se le singoli parti strumentali volessero proporre ciascuno un proprio tema. In seguito si sviluppa un fugato caratterizzato da un grande dinamismo, in cui viene più volte coinvolto il tema dell'Adagietto. L'opera si conclude con un corale che istituisce una correlazione tematica col secondo movimento.

Wolfgang Dömling (trad. Gianmario Borio)

mercoledì, luglio 16, 2014

La Faust-Symphonie di Liszt: tra Mefistofele e Dio

DGG - 449 137-2 - (p) 1996
Inconfondibile. Geniale, anche nei comportamenti radicali che protendono le aspettative compositive ben oltre le qualità fisiologiche e storiche dello strumento: basta che sia al pianoforte. Quando scende in orchestra, come autore, Liszt scambia i panni del dominatore con quelli del collaudatore. Riconfermata dall'analisi e dall'ascolto - anche l'orecchio vuole la sua parte - la riflessione si insinua nella lettura del catalogo lisztiano, che alla consapevolezza orchestrale dedica significativi numeri dei quali però si parla più di quanto se ne apprezzi o se ne approfondisca l'effettivo valore: varie marce e pezzi d’occasione; nessuna sinfonia in senso stretto; due concerti per pianoforte (più altre partiture in cui il solista, diversamente assecondato dagli strumenti di contorno, si piega alla discorsività brillante del virtuosismo alla moda fondato sulla variazione); due giganteschi lavori che partecipano sia del destino della sinfonia, sia di quello del nuovo genere letterario-orchestrale, il poema sinfonico, il quale ultimo con tredici titoli si ritaglia il ruolo centrale.
Ascoltando “una delle nuove opere orchestrali di Liszt, mi sentii sorpreso e rapito nel constatare quanto fosse felice questa definizione [Symphonische Dichtung, Poema sinfonico, termine coniato da Liszt, N.d.R.] che implica la scoperta di una nuova forma d'arte”, confessò Richard Wagner alla principessa Carolyne Sayn-Wittgenstein. Mittente e destinatario dello scritto non erano occasionali: la principessa era la dedicataria di dodici dei tredici poemi sinfonici, Wagner della Dante-Symphonie (Eine Symphonie zu Dantes "Divine Commedia"). L'osservazione cronologico-statistica offre altre suggestive prospettive all'analisi. Le maggiori pagine per orchestra vengono composte tra il 1832 (abbozzi del Concerto per pianoforte n.1 in mi b. M.) ed il 1860 (Zwei Episoden aus Lenaus “Faust"), negli anni di Weimar soprattutto. Non partecipano quindi della stagione creativa più avveniristica e quasi sperimentale del compositore, e la parte più consistente viene stesa in pochi anni a partire dal 1848 (prima versione di Ce qu'on entend sur la montagne). La compressione pare suggerire una sorta di eccentrico e irrefrenabile volontarismo d’autore nei confronti dello strumento orchestra: come se Liszt avesse voluto esaurire tutte le questioni formali e linguistiche connesse, nell’atto stesso in cui le esplorava e fondava. Di ciò fa fede il tormentato cammino scritturale dei lavori che vantano innumerevoli ripensamenti e versioni ufficiali.
Molto istruttiva è la storia di Eine Faust-Symphonie, recante il sottotitolo in drei Charakterbildern, che intreccia il proprio lungo cammino creativo con quello della partitura in apparenza omologa di Schumann (le Szenen aus Goethes “Faust” scritte tra il 1844 ed il 1853). Il progetto risale al 1839. Da qualche anno Liszt era stato iniziato ai misteri poetici goethiani, attraverso la versione francese di Gérard de Nerval fattagli conoscere da Hector Berlioz. Seguirono schizzi musicali ispirati ai tre personaggi principali ma senza una precisa destinazione formale (Wagner nel frattempo - 1840 - aveva completato la sua Faust-Ouverture, prima parte di una progettata e mai ultimata Sinfonia sull'argomento). Nel 1854 Berlioz dedicò a Liszt la "legende dramatique” La Damnation de Faust (1828-46): l'esecuzione delle prime due parti della Damnation che l’autore in persona diresse a Weimar nel 1852 fornì l'esca definitiva. In poco più di due mesi, tra agosto e ottobre 1854, la Faust-Symphonie divenne realtà. Ma la veste orchestrale del tre Quadri di carattere (Faust, Gretchen e Mephistopheles) non lo soddisfece. La partitura, ancora “senza testo né Canto", venne verificata esecutivamente a Weimar. Poco persuaso dell’organico orchestrale, Liszt aggiunse in seguito trombe, tromboni e percussioni. Inserì quindi gli episodi marziali dei movimenti estremi. Alla prima esecuzione ufficiale a Weimar del 5 settembre1857, culmine del monumentale concerto monografico per la posa della prima pietra al monumento in onore del granduca Carlo Augusto, giunse una versione ulteriore, approntata con altri ritocchi alla strumentazione e l'aggiunta di una pagina per tenore e coro, sulle parole del “Chorus mysticus” dalla seconda parte del Faust, che regalò alla composizione un finale ecumenisticamente estatico in luogo della conclusione pacata pensata in precedenza. Questa versione venne rivista ancora nel 1861 e nel 1880.
Dell'impianto iniziale rimase sempre intatta l'inedita concezione. Nella Faust-Symphonie Liszt rinunciò subito all'idea programmatica - il pezzo non fu mai, per capirci, immaginato come un poema sinfonico sul Faust, per concentrarsi invece sullo studio musical-caratteriale dei tre primattori, Ciò fruttò un sacrilegio consumato fin dall'intestazione che mette a confronto il termine classico di Sinfonia con quello non consono di Charakterbild (quadro di carattere), aprendo il primo dubbio sulla costituzionalità formale della partitura: sinfonia o antologia di poemi sinfonici? La compattezza
narrativa del gigantesco affresco, percorso da tematismi dal forte significato drammatico imparentati tra loro ed in grado di ravvivare una parvenza di leitmotiv (o di berlioziane idées fixes), denuncia l'utopistica concezione orchestrale di Liszt: il primo episodio esibisce una prodigiosa capacità di elaborazione sinfonica: il secondo è un esempio insuperato fino a Mahler di camerismo per grande orchestra, ed il terzo un inquietante specchiamento grottesco del primo (almeno fino al coro finale).
La Divina Commedia, il Faust e il Breviario pare fossero i libri da cui Liszt non si staccò mai. Quasi fatale che dopo la stagione del pianoforte e quella dell'orchestra rappresentata nell'esito massimo dalle due anomale composizioni sinfoniche ispirate a Dante e Goethe, a completare il triangolo lisztiano ideale venisse la stagione della grande produzione di ispirazione religiosa. Il “Chorus mysticus", come ha da essere: tra Mefistofele e Dio.

Angelo Foletto (1996)