Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, aprile 17, 2010

Intervista a Jorma Panula, uno dei più grandi insegnanti di direzione: l'importanza dell'atteggiamento sul podio, il valore di una carriera costruita passo dopo passo.

Quando arrivo al Teatro dal Verme, trovo una decina di ragazzi intenti a guardare uno schermo sul quale vengono proiettate le immagini delle loro prove con l'Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano: in mezzo a loro, silenzioso ma solerte nel comunicare coi gesti quali cose andassero bene e quali no, un vecchio signore ancora arzillo che gli studenti guardano con ammirazione. E' lui il guru dell'insegnamento della direzione d'orchestra, un uomo sotto la cui egida sono nate stelle del podio come Esa-Pekka Salonen e Jukka-Pekka Saraste, venuto dal freddo della Finlandia per inculcare un po' di sano pragmatismo nord-europeo nelle menti degli esuberanti aspiranti direttori italiani: sto parlando di Jorma Panula, classe 1930, direttore e compositore che oggi (dopo avere-insegnato per anni alla Sibelius Academy di Helsinki) gira il mondo per organizzare masterclass, come quella tenutasi qui a Milano tra il 9 e il 14 giugno. I ragazzi del corso sono coinvolti nella discussione perché il maestro ha voluto che assistessero all'intervista, come se si trattasse di una sorta di prolungamento della lezione giornaliera: molti di loro hanno studiato o studiano ancora composizione, proprio come il loro maestro che ha sempre dedicato una parte della sua carriera a scrivere musica per il teatro o da camera, «solo che io ho cominciato dopo aver intrapreso gli studi di direzione - mi dice Panula - mentre qui da voi mi si racconta che per accedere al corso di direzione d'orchestra in conservatorio bisogna aver fatto almeno sette anni di composizione. E' assurdo: così si inizia a dirigere che si è già diventati vecchi! Più che la composizione, credo sia importante conoscere a fondo le tecniche di strumentazione per saper infondere quel giusto equilibrio sonoro quando si concerta».

Quindi quali studi consiglia di compiere prima di iniziare a, dedicarsi alla direzione?
«Sicuramente non il pianoforte! E' uno strumento a percussione, non va bene: preferisco che si studi uno strumento ad arco, perché si possa capire veramente cosa si intende, per esempio, con 'spiccato' o 'punta d'arco'. In generale, l'ideale è aver già suonato in orchestra: pensi che da noi in Finlandia si inizia a suonare in ensemble da quando si ha circa 6 anni; è ovvio che in questo modo uno arriva alla maturità avendo già letto e studiato una grandissima quantità di repertorio».
E' importante stabilire un buon rapporto umano con l'orchestra?
«Se sei simpatico e conosci bene la partitura, questo basta e avanza. Non mi piacciono i direttori troppo autoritari: niente Karajan o Solti, perché l'epoca dei dittatori del podio è superata e ora si preferisce lavorare di squadra».
E cosa può essere dannoso per un direttore alle prime armi?
«Fare troppo spettacolo o credere di fare i solisti del podio per far contento il pubblico è quanto di più sbagliato uno studente possa pensare. Bisogna suonare coi musicisti, non col pubblico».
E' più importante una buona tecnica o una spiccata sensibilità musicale?
«Sicuramente è meglio essere musicali: mentre siamo con l'orchestra noi facciamo da tramite tra il messaggio del compositore e il pubblico. Fare esattamente quello che è scritto in partitura è fondamentale, ma è altrettanto importante saper interpretare il testo».
Si dirige con le braccia o con gli occhi?
«Gli occhi sono la parte del corpo più importante: certo, abbiamo bisogno delle mani, ma è con lo sguardo che si cattura l'attenzione degli orchestrali. Ogni volta che incontro un'orchestra, la prima cosa che mi dicono è: «questi giovani direttori non ci guardano, hanno la testa fissa sulla partitura».
Esiste un metodo unico che vada bene per tutti per insegnare direzione d'orchestra?
«Direi che uno è meglio di niente! L'importante non è tanto il metodo, quanto il tempo dedicato a dirigere una vera orchestra: in Finlandia il corso di direzione dura quattro anni, e ci si trova con l'orchestra due volte alla settimana. A Vienna, l'orchestra prova dieci volte in un semestre: e poi dicono che sia la Mecca dell'insegnamento!».
Con quale repertorio è meglio cominciare?
«Sicuramente gli autori del classicismo viennese: Haydn, Mozart, anche Schubert. Poi si passa ai romantici, quindi agli impressionisti, per giungere ai contemporanei. C'è da dire, però, che iniziare subito con composizioni di musica d'oggi può essere utile per controllare il gesto: in Finlandia abbiamo chiesto agli studenti di composizione di collaborare con le classi di direzione, in modo tale che i direttori siano obbligati a confrontarsi con partiture nuove, e che gli autori possano avere un feedback sulle loro opere tale da poter controllare meglio l'orchestrazione».
Negli ultimi anni è cresciuta una nuova-generazione di giovani direttori che hanno fatto carriera in brevissimo tempo. Che ne pensa?
E' pericoloso diventare subito direttori principali di una grande orchestra: manca esperienza, contatto con altre compagini, e tutto ciò che può contribuire ad ispessire la cultura e la forza di un direttore. Ho visto che a Los Angeles, al posto del mio ex-allievo EsaPekka Salonen, è arrivato quel venezuelano... come si chiama ... »
Gustavo Dudamel?
«Sì, lui! E' molto talentuoso ed ha anche un bel gesto, ma è troppo giovane, deve ancora leggere molto repertorio. Ci vogliono almeno vent'anni prima di diventare direttori stabili. E, soprattutto, bisogna bandire la visione di dvd e il tentativo di imitare i grandi maestri: è già tutto indicato in partitura. Cinquant'anni fa queste cose non esistevano, eppure c'erano grandissimi direttori».

Per il maestro Panula è gia tempo di riprendere a fare lezione: con la sua aristocratica flemma ricorda agli astanti che «il gesto deve essere piccolo, ma chiaro... le due mani devono essere indipendenti: troppe volte vedo la destra dare il tempo in modo marziale, mentre la sinistra rimane inutilizzata... Mi sembrate Toscanini! Lo volete capire che è la sinistra che fa musica?»

intervista di Carlo Lanfossi ("il giornale della musica", Anno XXIV n.252, ottobre 2008)

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