Alexandre Tharaud (1968) |
Alexandre
Tharaud si è mosso sempre con libertà nel mondo del
concertismo, seguendo il suo gusto e le sue passioni. Anche nei ritmi
di lavoro, con lunghe pause tra una tournée e l’altra,
Tharaud è un pianista insolito. Decisamente originale è il
suo repertorio, molto francese e molto clavicembalistico. Bach,
Rameau, Couperin e Scarlatti. Poi Chopin, Ravel, Satie e Poulenc.
Nella
sua discografia c’è anche un album con i Pezzi lirici di Grieg
(nel 1993, a inizio carriera), poi la musica da camera – non
moltissima, a dire il vero – e quindi un CD dedicato al
contemporaneo francese Thierry Pécou.
Antivirtuoso
ma a suo modo un divo, Tharaud, parigino, classe 1968, è poco
incline ai preziosismi timbrici; si concentra sul senso della musica,
è abituato a scavare in profondità.
A
lavorare sulla struttura di un brano più che sulla superficie
timbrica. Matura lentamente le sue idee
e poi le realizza con determinazione. Anche
quando ci racconta del suo nuovo disco, le parole sono misurate e
precise.
Dopo
molta musica francese, un CD dedicato a Domenico Scarlatti. Perchè
questa scelta?
Credo
fosse un passaggio obbligato dopo Bach, Rameau e Couperin. Per anni,
alla fine dei miei concerti, molta gente veniva a chiedermi quando
avrei fatto un disco con le sonate di Scarlatti; poi ci sono molte
sonate scarlattiane poco note al pubblico, che ritengo importante far
conoscere. Così mi sono deciso.
Con
quali criteri ha selezionato le sonate del disco?
In
primo luogo ho voluto registrare le sonate che ho studiato quando ero
molto giovane, a sette-otto anni, l’età in cui ho scoperto
Scarlatti. Poi alcune sonate virtuosistiche e alcune malinconiche,
altre basate sui ritmi delle danze di corte come la gavotta e infine
qualche sonata di ispirazione popolare, dal momento che è molto
importante – a mio avviso – sottolineare il legame di Scarlatti
con la musica del popolo e della strada, come il flamenco.
Ho
notato che in molti casi i Suoi tempi sono più
lenti rispetto a quelli di altri interpreti, soprattutto nelle sonate
in modo minore. Per quale motivo?
La
velocità
non
dipende soltanto dal pianista, ma anche dal pianoforte,
dall’acustica, dalle condizioni della sala. In realtà
non
potrei dire come sono davvero i miei tempi, perché
ogni
volta, in concerto, cambiano!
Dove
è
avvenuta
la registrazione?
In
una fantastica sala in Svizzera, L’Heure Bleue, a La
Chaux-de-Fonds: erano anni che sognavo di registrare in quella sala.
Ho usato uno Yamaha, come nel CD di Satie di tre anni fa: sono
riuscito a trovare uno strumento meraviglioso, ideale per Scarlatti.
Oggi
è
abbastanza
comune affrontare Scarlatti al pianoforte, mentre qualche decennio fa
erano più
frequenti le interpretazioni al clavicembalo. Quali sono i vantaggi e
i limiti?
E`
importante, per prima cosa, avere in mente che queste sonate sono
state scritte per il clavicembalo: bisogna cercare sul pianoforte la
leggerezza del suono clavicembalistico. In secondo luogo bisogna
considerare la modernità
della
musica di Scarlatti. Händel
e Bach sono nati nello stesso anno di Scarlatti, eppure appaiono più
legati al loro periodo storico, mentre la musica di Scarlatti sembra
essere stata scritta ieri. Così
è molto
facile suonare questa musica su un pianoforte, certamente più
facile
rispetto alla musica di Bach, di Händel,
di Rameau o di Couperin. Il limite del pianoforte è
che
è
troppo
lirico e che in alcune situazioni manca di forza: sembra incredibile,
ma a volte le sonorità
del
clavicembalo sono più
incisive,
anche se si pensa sempre il contrario.
Fra
gli interpreti di Scarlatti chi apprezza in particolare, tra i
pianisti?
Marcelle
Meyer, Clara Haskil e Vladimir Horowitz. Ritengo la Meyer la più
grande
pianista donna della storia: è
il
mio idolo e tutti i suoi dischi sono per me fondamentali. Poi viene
Clara Haskil, perché
quella
di Scarlatti è
la
musica più
adatta
alla sua personalità,
per la teatralità
e per l’humour. Infine Horowitz, perché
lui
è
il
cinema – noi in Francia diciamo un piccolo bambino con un carattere
difficile. Ed è
anche
molto lirico. Tra i clavicembalisti direi Pierre Hantäı.
E` un interprete fantastico, semplice ma deciso quando serve, sempre
pieno di sorprese: al clavicembalo, per il repertorio scarlattiano, è
senza dubbio il più
grande.
Quali
autori di solito affianca a Scarlatti nei suoi recital?
Mi
capita spesso di fare una prima parte dedicata a Beethoven e una
seconda parte dedicata a Scarlatti. In effetti Scarlatti è
in
grado di reggere da solo un intero tempo, perché
le
sue sonate hanno caratteri molto diversi. Ed è
anche
interessante accostarlo a Beethoven, per esempio fare prima la Sonata
op.109 e poi delle sonate di Scarlatti: funziona molto bene.
A
questo punto dobbiamo aspettarci un disco beethoveniano?
No,
non a breve. Ho in progetto di incidere due Concerti di Beethoven, ma
non nei prossimi tre anni. Devo ancora scegliere il direttore e
l’orchestra e non sono scelte facili, perché
bisogna
trovare l’orchestra ideale per questa musica e un direttore con il
quale si lavora bene. Un direttore disponibile, possibilmente un
amico. E poi c’è
il
problema della sala. E` molto più
facile
registrare dei CD solistici che registrare con un’orchestra.
I
direttori con i quali si e`trovato più
in
sintonia?
Ho
avuto un’esperienza molto bella insieme all’Orchestre de la
Suisse Romande e a Rafael Frühbeck
de Burgos, lo scorso anno in tourneée
con i Concerti di Ravel. Vede, il mio direttore ideale non è
solo
un musicista che conosce molto bene il brano da eseguire, ma è
anche
una persona che, per esempio, non parte subito dopo la prova, ma si
ferma a mangiare con me. Insomma, un direttore con il quale posso
avere un dialogo vero: per registrare un disco bisogna passare cinque
o sei giorni insieme!
E`
vero che ha rinunciato ai concerti per sette mesi prima di registrare
questo CD?
In
realtà
ho
fatto sette mesi sabbatici dopo averlo registrato. Ho bisogno di
prendere i miei tempi, di lavorare al pianoforte senza la tensione
del concerto. Di lavorare sul mio suono e sulla tecnica. Oggi,
però,
questo è
sempre
piu` difficile: in un mondo globalizzato i solisti sono spinti a dare
continuamente concerti.
Lei
sente questa pressione?
Nella
vita è
possibile
dire di no. Ormai sono cinque stagioni che riesco a prendermi ogni
anno alcuni mesi pausa dai concerti e sono contento di questa mia
decisione.
E
la musica da camera?
Poca,
adesso. In passato ne ho fatta, ma oggi preferisco i Concerti con
orchestra e i recital, perché
sono
molto più
rischiosi.
Ed a me il rischio piace: nella vita non voglio la tranquillità!
I
prossimi dischi per la Sua nuova etichetta, la Virgin?
Ho
registrato i Concerti di Bach con una meravigliosa orchestra
canadese, Les Violons du Roi. E` un’orchestra che utilizza
strumenti moderni, ma con l’archetto barocco. Abbiamo trovato –
mi sembra – un bel colore, molto leggero e un suono barocco: per
queste pagine è
importante,
perché
di
solito risultano troppo pesanti. In Francia il disco uscirà
in
novembre. Poi c’è
un
altro progetto, ma preferisco non anticipare nulla.
Ho
letto, in un’intervista al mensile francese «Diapason », che la
Sua opera preferita è
il
Parsifal. Io mi sarei aspettato un’opera del Settecento...
Arrivera`ad affrontare le parafrasi operistiche wagneriane di Liszt?
Ho
ascoltato il mio primo Parsifal a diciassette anni, a Bayreuth ed è
stata
un’esperienza che ha cambiato la mia vita. E Liszt mi piace molto,
come mi piacciono le opere di Wagner e anche quelle di Verdi. Però
le
parafrasi, che ho suonato dieci anni fa, oggi sono diventate meno
interessanti per me.
In questo periodo quali brani sta
studiando?
Le
Variazioni Goldberg di Bach, le ho suonate in pubblico per la prima
volta a Barcellona pochi giorni fa. E` veramente l’opera della mia
vita, un’opera che desideravo suonare da molti anni che credo
suonerò
per
tutta la carriera. Per la registrazione, però,
voglio ancora aspettare. In genere suono per molti anni un brano
prima di registrarlo. E` avvenuto così
per
tutti i miei dischi ed anche per le Goldberg mi piacerebbe aspettare
tre o quattro anni.
Isola
deserta, in assoluta solitudine. Tre dischi da portare. Quali
sceglierebbe?
Il
Preludio del Parsifal con Toscanini, l’integrale discografica della
cantante francese Barbara e le Variazioni Goldberg con Glenn Gould,
la versione del 1955.
intervista
di Luca
Segalla ("Musica", giugno 2011, n.227)
1 commento:
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