Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, novembre 22, 2015

Mario Martinoli: The well-Tempered Scarlatti

Et'cetera KTC 1915 (1 CD)
Davvero interessante l’idea del clavicembalista Marlo Martinoli di proporre venti Sonate scarlattiane applicando il criterio adottato da Bach ne Il clavicembalo ben temperato e cioé quello di collegare i brani sulla base di un vero e proprio piano tonale, nel caso in questione adottando il circolo delle quinte, con l'alternanza di modo maggiore e modo minore (senza seguire, quindi, l'abbinamento a due a due come nelle copie manoscritte). Tale soluzione é stata suggerita dal fatto che nell’intero corpus sonatistico di Scarlatti sono impiegate ben 21 tonalità su 24, facendo ricorso quindi a tonalità piuttosto inconsuete nel panorama musicale dell’epoca, come nel caso di Fa diesis maggiore e minore, do diesis minore, si bemolle minore, si maggiore. E' stato messo a punto così un itinerario grazie al quale possono essere ascoltale (e godute) pagine non sempre presenti in altre antologie (pur non mancando le Sonate celeberrime, come la K 531), riservando all'ascoltatore delle autentiche, piacevoli sorprese: e il caso, ad esempio, delle Sonate K 426, K 67 e K 203, per citare due autentici gioielli, davvero imprevedibili nella loro scrittura non priva di arcane movenze e risonanze, ove anche le pause acquistano valenza espressiva e ove l’eloquio sembra svolgersi seguendo il filo di un pensiero proteso verso sentieri mai prima esplorati. La proposta risulta tanto più efficace grazie alla notevole varietà espressiva, dovuta proprio alla continua alternanza di tonalità maggiori e minori, alternanza capace di dar vita ad una non comune varietà di ombreggiature e di chiaroscuri. L`approccio esecutivo di Martinoli si avvale poi di soluzioni particolarmente efficaci, grazie all`ariosità dei fraseggi, al dosaggio sempre calibrati dei rubati (suggestivi, ad esempio, i rallentando, le sospensioni, le ineguaglianze), alla contrapposizione dei piani sonori, rendendo così particolarmente vivo e coinvolgente l’itinerario proposto. E' inoltre puntualmente evitata qualsiasi tentazione esteriormente esibizionistica, grazie anche ad una condotta agogica mai portata all’estremo e incline, per contro, alla valorizzazione della componente più assorta e introspettiva (mirabile al riguardo la resa delle tre Sonate sopra menzionate, alle quali vanno aggiunte almeno la delicata Aria in re minore K 32 e la meravigliosa Sonata in si minore K 87).
Alla notevole qualità del risultato ha contribuito anche lo strumento utilizzato: una copia di un Pascal
Taskin del 1769, caratterizzata da una timbrica limpida, ma al tempo stesso morbida e delicata. Ottimo anche il livello della registrazione ed interessanti le note di presentazione (in tre lingue) firmate dallo stesso solista.
 
Nella sua carriera musicale quale influsso hanno esercitato gli studi di ingegneria da lei affrontati?
Onestamente, nessuno: ho cominciato a suonare molto prima di iscrivermi all'università, ma certamente avere una seconda professione ha facilitato la mia carriera musicale perché ho potuto scegliere solo quello che mi piaceva, senza scendere a compromessi. Ecco perché mi sono sempre dedicato solo a progetti di mio interesse. Ho iniziato a studiare il pianoforte a 8 anni, poi a 13 l`ho abbandonato a favore del clavicembalo, ed erano anni in cui nessuno, in Italia, lo suonava, tanto che ho avuto per lunghi anni una formazione da autodidatta Si è scritto molto, certamente, del rapporto fra musica e matematica, particolarmente presente nella musica barocca: ecco, forse in quel senso c’è un collegamento fra i miei due ambiti di studio, e anche mio padre era ingegnere e suonava Bach!
Quali sono stati i criteri di base seguiti per la selezione e 1’esecuzione delle Sonate scarlattiane effettuata nel suo ultimo disco?
Tutto è partito dalla richiesta di un programma scarlattiano per un concerto a Reggio Emilia: all’inizio non volli accettare, perché si trattava di un autore che non mi interessava particolarmente e credevo ci fossero molti artisti che lo suonavano meglio di me. Poi però ho iniziato a lavorarci, dedicando molto tempo allo studio e alla lettura di almeno duecento Sonate: mi sono reso conto che la varietà cromatica di Scarlatti è un fattore su cui pochi riflettono, preferendo, in sede esecutiva, accostamenti a coppie, legati a fattori più esteriori, tanto che delle seicento composizioni si ricade sempre nelle solite 40. Ho voluto allora creare una sorta di Livre,
alla francese, con Sonate in venti tonalità (scartando La bemolle maggiore): ne esce un interessante caleidoscopio, di cui anche l’ascoltatore stenta ad accorgersi. E poi Scarlatti è furbo: all'interno delle Sonate ci sono modulazioni a tonalità molto lontane (ad esempio, da FA# a DO), e io ho amplificato questo "gioco" fino a costruire un intero programma, secondo un procedimento barocco, fino a creare un "Clavicembalo ben temperato" scarlattiano, fatto solo di Preludi! Per alcune tonalità la scelta era minima, per altre ricchissima: a quel punto ho pensato di creare una sorta di programma di concerto, Senza costruire una sorta di best of.
Ma qual è il legame fra la scrittura tastieristica di Bach e quella di Scarlatti?
Entrambi prendono il cembalo e lo portano alle estreme conseguenze, sfruttandolo in tutta la sua gamma, un fatto che, ad esempio, raramente 
è avvertibile nei francesi; l’altra analogia è che entrambi scrivono musica speculativa, perché le Sonate di Scarlatti sono scritte tutte in sette anni, con un atteggiamento simile al tardo Bach, quello dell’Arte della fuga e dell’Offerta musicale, musica non da concerto ma tutta rivolta al proprio interno.
Per l'esecuzione delle Sonate scarlattiane lei ha scelto uno strumento di fattura francese (la copia di un Pascal Taskin): per quale motivo?
Si tratta di uno strumento molto ricco di armonici aspri: Scarlatti è aspro, violento, non galante, urla molto, con pagine molto aggressive e con quel cembalo francese tutto questo viene assecondato e esaltato. Non si tratta di una scelta filologica, quindi, ma estetica.

Alla base del progetto ci sono alcuni modelli celebri?
Certo: deve sapere che io ho ascoltato Scarlatti per la prima volta tramite Walter (ora Wendy) Carlos al sintetizzatore Moog, e due di quelle Sonate che lui registrò sono nel mio CD come omaggio: quell`album si chiamava The Well-Tempered Synthesizer. Io tuttora ho questa idea di Scarlatti, un’idea particolarissima, anche se poi sono passato dal mondo colorato, super-orchestrato di Carlos al minimalismo, alla purezza di suono di Michelangeli, per approdare a Gustav Leonhardt, che ho ritenuto la via più convincente. E con Bach mi è successa più o meo la stessa cosa: un fatto che non potrebbe accadere con Händel, o tantomeno con Mozart.
Quali sono i suoi progetti discografici futuri?
Realizzo un CD in media ogni cinque anni, quando ho una buona idea o del materiale interessante: cosi sono nati i miei sei dischi. Certamente ho un sogno nel cassetto, per la vecchiaia, ossia incidere le Partite di Bach, ma solo se avrò qualcosa di nuovo da raccontare su quella musica.

 
Claudio Bolzan ("Musica", n.271, novembre 2015)

Nessun commento: