Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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martedì, agosto 02, 2016

Sakari Oramo: un direttore venuto dal freddo

Sakari Oramo (26 ottobre 1965)
Per il suo atteso ritorno a Roma alla fine di febbraio, nel cartellone sinfonico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, dove aveva nel 2012 diretto la Quinta Sinfonia del connazionale Jean Sibelius, il violinista e direttore finlandese cinquantenne Sakari Oramo ha scelto il pietrificato oratorio Oedipus Rex di Stravinski (con la voce recitante dell’attore Massimo De Francovich nel ruolo del narratore) e la Sinfonia n. 22 “Il filosofo” di Franz Joseph Haydn.
A lungo direttore della BBC Symphony e della Royal Stockholm Philharmonic Orchestra, poi dal 1998 al 2008 della City of Birmingham Symphony Orchestra, ospite regolare dei prestigiosi Wiener Philarmoniker, Oramo si è anche distinto nella proposta di numerose “prime” di compositori inglesi come Norman (Concerto per percussioni) o Clyne (Concerto per violino), oltre che in una grande quantità di partiture di Richard Strauss e nelle Sinfonie di Edward Elgar.
Ma fra gli autori da lui più eseguiti ci sono certamente il danese Carl Nielsen (le Sinfonie), specie in occasione del centocinquantenario della nascita, celebrato nel 2015, e il norvegese Edward Grieg. Il prossimo CD sarà pubblicato da Decca e conterrà musica di Anders Hillborg e Samuel Barber, con la partecipazione di Renée Fleming. Un’occasione ghiotta quindi, tra una prova e l’altra del concerto ceciliano, per interrogare il maestro, venuto dal profondo nord e alla ricerca di terreni nuovi di conquista a sud della mitteleuropa, in merito a questo repertorio ancora poco eseguito dalle nostre orchestre.

Autori come Grieg, Nielsen, Sibelius sono ancora troppo poco eseguiti in Italia. Che contributo possono portare, secondo lei, alla conoscenza complessiva della musica europea?
Sibelius, Nielsen e Grieg sono certamente nordici di nascita, ma di tradizione europea, perché hanno studiato in Germania, risentendo dell’influenza di Brahms e Wagner. Sibelius ha molto a che fare con la natura, ma intesa come stato reale della mente e non come cartolina. Sibelius e la sua musica conservano il senso ciclico del tempo, come le stagioni. La dimensione del tempo è diversa. Grieg, invece, ha composto in stile più tradizionalmente romantico. Nielsen, infine, è interessante perché acusticamente considera in maniera separata spazio e natura, ma anche eticamente, perchè mette il bene contro il male. Gli elementi si scontrano frontalmente.
In Sibelius, nelle sue semibrevi legate per decine di battute, si avverte una nuova dimensione del tempo e dello spazio. Si ravvisano i chilometri della regione dei laghi, tra acqua e conifere. Ma il clima può influire sulla musica?
Certamente. Vale anche per Verdi e Puccini, che non sono pensabili senza il sole italiano e la mentalità della gente, o per Debussy, inimmaginabile senza i paesaggi francesi
Quali sono stati i direttori che più si sono spesi per questa musica? Le cito Vladimir Ashkenazy che ha registrato tutte le sinfonie di Sibelius...
Un direttore importante è stato Paavo Berglund, centrale nella diffusione di Sibelius e Nielsen diversi anni fa. Ha lavorato molto in America e in Germania. Anche Simon Rattle con i Berliner, anche se il suono non è proprio quello adatto a Sibelius. E` ottimo, invece, quello dell’orchestra dell’Accademia di S. Cecilia. Anche nelle migliori orchestre scandinave e inglesi Sibelius risulta sempre un po’ pesante.
Paesi come la Finlandia coltivano in modo particolare la musica contemporanea. Forse perché è una nazione molto recente e un compositore moderno come Sibelius è una sorta di padre della patria?
Sibelius è un padre, ma anche un’ombra onnipresente. I compositori venuti dopo di lui hanno avuto difficoltà a comporre in modo diverso. Sibelius è stato così enorme che c’è stata una “efflorescenza” naturale nella musica finlandese. Oggi la musica contemporanea in Finlandia è rappresentata da molti stili. Sul ceppo di Sibelius, come una quercia, la musica è cresciuta in direzioni diverse. Sibelius ha avuto molti ammiratori come William Walton, Lindberg, Sallinen. Ci sono state generazioni di musicisti, durante e dopo Sibelius. E` accaduto anche per la musica italiana con Donatoni, Sciarrino, Francesconi. In Italia, dopo la seconda guerra mondiale, c’è stata una rottura grazie a Berio e Maderna.
Esiste una tradizione interpretativa nordica (penso a Leif Segerstam, Esa-Pekka Salonen o agli Järvi) differente da quella mitteleuropea o mediterranea?
Sono strade del tutto individuali, non c’è una tradizione vera e propria. In Italia ci sono, ad esempio, Abbado o Muti, che hanno caratteri individuali, pur venendo dalla radice dell’opera italiana. I finlandesi vengono anch’essi da Sibelius, ma per vie individuali. Ci sono anche orchestre che influenzano i direttori: l’importante è dialogare sempre con i musicisti.
Come mai a Roma ha scelto la Sinfonia “Il filosofo” di Haydn per accompagnare l’Oedipus Rex di Stravinski?
Haydn e Stravinski sono quasi "fratelli di artigianato" musicale in tempi diversi. Edipo viene da Sofocle, mentre Haydn dà come sottotitolo “Il filosofo” alla propria partitura. Più in genere, è interessante accostare musica antica e moderna. E l’Oedipus è una delle opere più spettacolari di Stravinski, un compositore che amo in tutti i suoi cosiddetti “tre stili”.
Ma in cosa consiste la modernità di Stravinski? Ha ancora senso la contrapposizione Schönberg-Stravinski, di cui hanno parlato Adorno e Boulez?
Schönberg è stato tanto radicale nel trattamento della tonalità quanto conservatore nell’utilizzo delle forme; Stravinski, invece, sviluppa ogni singolo aspetto della musica e per questo, secondo me, è piu` importante. La sua attualità consiste nella concentrazione dei materiali, intelletto e emozione: parte da elementi semplici, e mette insieme i materiali più disparati, anche di origine popolare. All’epoca, e oggi ancora di più, la dissonanza ha perso significato: quando nella Prima Sinfonia Beethoven iniziava con una dissonanza, era per tutti uno shock, mentre oggi suona "bene" al nostro orecchio.
Ma quali sono le pietre miliari del sinfonismo europeo?
Beethoven e Brahms, innanzitutto, poi Sibelius, Nielsen e Shostakovich.
E` più difficile dirigere una grande orchestra o una di medio livello?
Dipende dal repertorio e dall’orchestra. Quando ho diretto i Wiener nel “grande repertorio”, sono rimasto impressionato dalla loro professionalità. Lavoravano molto anche nelle prove.
Cosa pensa del dirigere a memoria, è importante? E poi, lei usa o no la bacchetta?
Se non si ha la sicurezza necessaria, non è obbligatorio dirigere a memoria. Ma se sei tranquillo, allora devi, perché sei più libero. La bacchetta resta un oggetto magico, così almeno la definì un vecchio orchestrale. Ma ci sono direttori come Pappano o Temirkanov che dirigono senza.
Quanto conta il gesto di un direttore da un punto di vista anche estetico?
Il gesto è il biglietto da visita del direttore, è la sua firma.
Per quanto riguarda la direzione d’orchestra, il ricambio generazionale appare rassicurante?
Si. Ma le carriere iniziano prima e finiscono prima. Pochi riescono ad andare avanti. C’è ad esempio un giovane finlandese di cui prendere nota, si chiama Santtu-Matias Rouvali, e poi una donna che è appena stata nominata direttore musicale della City of Birmingham Symphony Orchestra: Mirga Grazinyté-Tyla.
E`plausibile che un direttore appaia più dotato nel repertorio sinfonico che in quello operistico, o viceversa?
Certamente: io amo l’opera tedesca, ma non dirigerei mai Verdi, ho diretto Tosca, ma preferisco dedicarmi al repertorio sinfonico.
Quale è, tra quelle di repertorio, la partitura più difficile in assoluto da dirigere?
La trasfigurazione di Nostro Signore di Olivier Messiaen, un imponente oratorio per grande orchestra, difficile perché non è scritto in modo “pratico”. C’è bisogno di virtuosismo da parte di tutti. Anche la Quinta di Beethoven, però, è difficile: la mia orchestra da due anni vuole che la diriga. Ma ci ho pensato troppo, e ogni orchestra ha già la sua idea di una sinfonia così famosa.
Solo se sei sicuro di quello che vuoi, allora puoi guidare, dominare l’orchestra.
Lorenzo Tozzi (“Musica”, n.275, aprile 2016)

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