Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, marzo 17, 2018

Riccardo Nielsen: "L'Incubo" (prima esecuzione assoluta)

Un muto, fantomatico muoversi di ombre cinesi dietro un schermo descrive - al levarsi del sipario - la scena funerea e sinistra della decapitazione di una donna. Quel telone - che riceve le immagini della ghigliottina, della carretta dei condannati. dei carnefici e della vittima e le lascia filtrare, meno certe e determinate di un graffito, svuotate del loro volume - segna la linea che unisce e disgiunge il reale dall'irreale, la vita dalla morte, il mutevole e il finito dal1'eterno. E' la terra di nessuno dove il musicista colloca il sun personaggio e ne ascolta la confessione. Ai piedi della ghigliottina l'uomo avvicina l'amata che non aveva, prima di quest'ora, altro che sfiorato in uno scambio di sguardi. Distesa in una posa stanca e serena essa sembra dormire in una compostezza che lascia scambiare la morte col sonno, il pallore delle vene svuotate di sangue col pallore di una sofferenza umana; mentre una sciarpa posata sul suo collo nasconde la ferita che l'ha uccisa. Dimentico della fisica verità che innanzi, immerso in una placida allucinazione, l'Uomo parla alla Donna e sussurra a lei, carezzandole i capelli e le mani, le parole del finalmente giunto primo colloquio d'amore; al quale essa sembra rispondere col sorriso che ne intenerisce il volto, con la fragile immobilità della persona abbandonata al suolo.
Su questa sottile frontiera che divide la vita dalla morte due creature umane si incontrano, e tutto sembra arrestarsi in una soprannaturale sospensione, in una pausa dove il reale svanisce nel sogno e il sogno nel reale. Ed ecco le parole d'amore che l'uomo pronuncia rischiararsi di una luce che le libera da ogni contingente limitazione, le fissa in una risonanza eterna. La morte che ha toccato la Donna è presente nell'animo dell'Uomo in una zona dell'inconscio dove egli la intuisce e la respinge, la riconosce e la nega attraverso una sottile e quasi impercettibile trama di incontrollati impulsi psicologici.
Questa presenza imprime un suggello di irrevocabilità alle parole che l'Amante dice all'Amata silenziosa e sorridente. Esse cadono fuori dai confini della mutevolezza terrena e si posano là onde non possono essere richiamate, là dove si congiungono a sancire un patto di fedeltà eterna.
Tra l'allusiva scena della decapitazione e il piombare dell'Uomo nella cruda realtà alle parole dei Sanculotti: "quella donna è stata decapitata ieri all'alba", - si pone la grande, sconcertante scena d'amore. Se essa non appare che un lungo monologo dell'Uomo, cui risponde alla fine, nell'allucinazione di questi, la Voce della Donna come piovendo dall'alto - in verità non si può non sentirla altro che come un duetto, un vasto duetto d'amore: dove all'esplicita parte dell'uno, l'altra risponde con un silenzioso, incombente, dolcissimo consenso. L'Amante non si rivolge all'Amata assente, scivolata nell'abisso senza fondo della morte; ma ad una presenza che non è solo quella fisica di un corpo freddo e inerte.
Il Tema con diciotto variazioni entro cui si svolge il lungo monologo dell'Uomo non è solo l'espressione di una voce, di un'anima che invoca la compagna in un'esa1tata beatitudine amorosa; ma è anche (e con quale toccante intensità di accenti) 1'espressione della tenerezza infinita, del consenso dolcissimo che dalla Donna inerte e spenta fluisce verso l'Uomo. Al di là della pallida fredda e fragile bellezza della Donna in cui parrebbe che soltanto possano ormai rispecchiarsi i sentimenti dell‘Amante, noi sentiamo la musica suscitare una presenza viva che si eleva ed aleggia al di sopra della superstite presenza fisica. In questo senso le parole dell'Uomo non urtano contro lo sbarramento del nulla. Esse non gli ritornano senza essersi posate ne1l'anima della Donna; ma tutte, con una sorta di estrema premurosa dolcezza, vi penetrano, ultimo viatico umano nel soprannaturale arresto di lei sulle soglie della morte. E all'invocazione amorosa, alla premurosa tenerezza dell'Uomo viene dalla Donna - come un soffio lieve, come una corrente dolce ed uguale - quella risposta per cui essa, prima di sfuggire all'Amante, sembra volgersi a lui e scambiare il patto d'amore.
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Così situata sulle soglie della morte, questa scena d'amore elude pressoché interamente gli accenti erotici, la concretezza fisica e terrestre che ne avrebbero circoscritta la forza emotiva. La quale proprio viene avanti come una lenta e grande ondata per tutto ciò che contiene di un sentimento in cui la premessa fisica, il lievito sensuale può ritrarsi senza distruggervelo, può assottigliarsi per divenire un placido, allucinato impulso di tenera adorazione. E non è tanto il dato implicito nella coscienza dell'Uomo - che l'Amata abbia ormai varcato la frontiera della vita - a determinare simile orientamento di stati d'animo; quanto un altro dato che preme in lui: la debolezza e la precarietà dell'esistenza umana - di quella dell'Amata in specie - in mezzo allo spaventevole scatenamento di odio, di ferocia che aveva innalzato, durante una sanguinosa stagione della storia, nelle piazze di Parigi, di fronte alle case pacifiche, la sinistra macchina per uccidere. "Ovunque, sempre quell'odore di sangue che soffoca. Imprigionati tutti in un'immobile angoscia, nella lugubre attesa della morte".
La spinta erotica. il desiderio del possesso, - in questo tragico frangente che tiene ogni vita legata ad un filo sottilissimo, in questa incombente angoscia sventura - si mutano nell'uomo in un fraterno senso di solidarietà verso la Donna. A reggere il tessuto emotivo di questa pagina, sta piuttosto l'incontro di due solitudini umane, incarnate nei due Amanti, che non l'esplodere di una passione amorosa.
Per questa ragione la sostanza lirica del Tema e variazioni (della parte Centrale e piu estesa, cioè, del monologo dell'Uomo) appare investita e animate da un largo e profondo senso umano, che si fonda su di un presupposto di sofferenza, di solidarietà di una creatura verso un'altra creatura.
E tale è la pienezza umana di questo momento della vicenda, tanta la toccante verità d'anima che ne emerge, che esso in fondo, pur nella sua allucinata atmosfera di irrealtà e di placida follia, finisce per risultare come il punto in cui i due protagonisti più solidamente toccano terra. L'amorosa allucinazione dell'Uomo - lungo lo svolgersi delle diciotto variazioni - non solo crea come essere poeticamente concreto e vivente la Donna uccisa dalla ghigliottina; ma rovescia la prospettiva entro la quale è iscritta la vicenda. E i due momenti "veri" del dramma - la scena della decapitazione in principio e la Marcia funebre alla fine quando l'Uomo grida il suo dolore davanti ad corpo della Donna - sembrano ribaltati in un'aura di incredibilità. Quasi che, sia pure in un senso molto diverso, risorga l'antico scambio di Tristano fra il giorno e la notte, fra la vita e la morte.
Tra le due violente spezzature che rompono l'armonioso equilibrio della vita - l'uccisione della Donna e l'attimo in cui l'Uomo si accorge che l'Amata è morta - la musica fa sorgere e addita nella scena d'amore una verità che la morte fissa e rende inattaccabile.
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Mi sono soffermato con tanta insistenza su questo momento de1l'opera di Riccardo Nielsen poiché mi premeva dare il massimo rilievo alla qualità e all’intensità di emozione che il musicista raggiunge in esso e sottolineare tutta la pregante sostanza umana, tutto l'impegno interiore che filtra attraverso un discorso musicale in cui si manifesta evidente una rigorosa volontà costruttiva. E' assolutamente essenziale. nei confronti dell'Incubo, questa constatazione: che i presupposti tecnici, le esigenze formali cui il compositore ha obbedito, non costituiscono un dato intellettualistico che abbia potuto in qualche modo vincolare la libertà della sua fantasia; ma rappresentano - come ha da essere in ogni opera d'arte - il solo ed unico possibile tradursi delle intenzioni de1l’artista in termini concreti e intelliggibili.
Ed ecco i vari momenti della vicenda precisarsi in una, successione di episodi musicali determinati nella loro stessa struttura formale e che si seguono in quest'ordine:
  1. Sarabanda funebre (proiettarsi sullo schermo delle ombre del corteo che conduce la Donna alla ghigliottina).
  2. Madrigale (lamento per la morte della giovane donna che si sta uccidendo).
  3. Toccata (ingresso in scena dell'Uomo che invoca la donna amata e pare ne insegua come in delirio l'immagine).
  4. Recitativo (l'Uomo si avvede della ghigliottina e scorge ai suoi piedi un corpo disteso di donna).
  5. Tema con variazioni (l'Uomo scopre nella creatura adagiata al suolo la Donna amata, si china su di lei e le parla).
  6. Notturno (la voce della Donna, che l'Uomo ode nella propria allucinazione, risponde alle tenere, invocanti parole che egli ha rivolto al corpo esanime di lei).
  7. Marcia funebre. (l'Uomo scosta inavvertitamente lo scialle che copriva il collo dell'Amata che appare segnato dal taglio della lama).
Oltre a questo ordinamento architettonico del discorso musicale, un altro è da notare e che investe l'intima costituzione della materia sonora: l'adozione da parte del musicista della tecnica compositiva dei dodici suoni.
La quale - sia detto per incidenza, ma la cosa è molto importante - non implica affatto certe durezze di incontri dissonanti proprie di musicisti come Schoenberg, Webem e, come in qualche momento, lo stesso nostro Dallapiccola. Di che la partitura dell'Incubo costituisce uno degli esempi più notevoli e più ricchi di ammaestramenti; anche se in essa Nielsen abbia operato con un singolare rigore grammaticale, L'intera materia musicale dell'opera deriva infatti da un'unica serie di dodici suoni che ne è l'aggregato sonoro originario e che si sviluppa attraverso un processo di germinazione di una fluidità e naturalezza mirabili. Esempio singolare di come la pratica dei dodici suoni possa attuarsi non quale un artificioso gioco intellettualistico, un fenomeno di pura tecnica astratta, è nell'opera di Nielsen, il malinconico accorato madrigale per voci sole: una pagina dove la più sciolta freschezza di canto non subisce alcuna costrizione e violenza da un evidente e preciso proposito compositivo.

XI° FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA CONTEMPORANEA
Alberto Mantelli (Venezia, 11 e 12 settembre 1948)

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