Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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mercoledì, giugno 27, 2018

2° Cantiere Internazionale d'Arte di Montepulciano (1977)

Hans Werner Henze
La seconda edizione del Cantiere Internazionale d'arte diretto da Hans Werner Henze - "I Masnadieri" di Verdi diretto da Chailly - Dalla musica barocca a numerose "prime" contemporanee italiane e straniere - Il trittico teatrale, con opere di Dessau, Friedrich Schenker e Milhaud - "Il paese senza tramonto" di Salvatore Sciarrino
 
Apertosi il 30 luglio con lo spettacolo della Festa d’Orfeo del Poliziano, curato da Alberto Arbizzoni, Carlo Diappi e Gerardo Vignoli, il Cantiere Internazionale d’Arte ideato e diretto da Hans Werner Henze è giunto quest’anno alla sua seconda edizione: le manifestazioni erano state precedute da una conferenza di Franco Serpa su "Orfeo, mito e simbolo" e dalla prima esecuzione di Mercurio, un lavoro per violino e undici strumenti ad arco di Henning Brauel (autore anche delle musiche di scena per lo spettacolo nella Piazza Grande, dedicato appunto al Poliziano), quasi a delineare subito le molteplici direzioni del piccolo festival, perché a Montepulcaino, nella prima quindicina di agosto, si è ascoltato di tutto un po’, coinvolti in un fervore di iniziative di cui Henze è senza dubbio l’infaticabile motore, e con "curiosità" che andavano dalla trascrizione di sonate e canzoni di Giovanni Gabrieli, a cura del giovane compositore inglese Richard Blackford, al "recupero" di un’operetta poco nota di Paul Dessau, Orfeo e il sindaco, dall’orchestrazione che Henze ha rifatto dello Jefte di Giacomo Carissimi ai Masnadieri di Verdi, da un programma di serenate sette-ottocentesche alla novità assoluta di Salvatore Sciarrino, Il paese senza tramonto, ultima di una lunga ed eterogenea serie di prime esecuzioni contemporanee. Il tutto, come si sa, in un clima senz’altro singolare, che se da un lato ha mostrato i suoi punti di contatto col festival di Spoleto, soprattutto per la composita presenza di giovani esecutori stranieri, qui in prevalenza tedeschi, dall’altro ha ancora una volta messo in mostra (per la verità senza eccessiva ostentazione ideologica) la volonta politica di far di tutte queste manifestazioni altrettanti momenti d’incontro con un pubblico "popolare". Di qui anche una indubbia incidenza del "cantiere" di Henze nella vita stessa di Montepulciano, letteralmente invasa per parecchie settimane da schiere di giovani musicisti stranieri e da folti gruppi di turisti, attratti e incuriositi dalla ininterrotta e densa serie delle manifestazioni.
E' impossibile una descrizione dettagliata di tutto lo svolgimento del programma che, dato il periodo estivo e le difficoltà logistiche che s’incontrano a Montepulciano, non è stato seguito che saltuariamente da qualcuno dei nomi più illustri della critica musicale italiana, anche se il prestigio di Henze aveva fatto sì che avessero piantato le tende nella bella cittadina toscana, e per tutto il periodo del festival, organizzazioni radiofoniche inglesi e tedesche, oltre alla Rai-Tv, e anche nei commenti che si sono letti durante le due settimane di manifestazioni è sembrato cogliere, talvolta, quasi un senso di fastidio per la composita ed entusiastica messe di esecuzioni teatrali e musicali offerte dal Cantiere, il cui spirito goliardico, per così dire, è apparso a qualche commentatore (ad esempio all’inviato del giornale "La Repubblica") in un aspetto addirittura dilettantistico. In realtà, a mio giudizio (essendo uno dei pochi che ha potuto seguire quasi tutte le manifestazioni in programma), se di un difetto il Cantiere di quest’anno poteva essere accusato era, forse, quello di aver messo troppa carne al fuoco, senza tuttavia perder di vista alcuni punti focali, che stavano evidentemente a cuore a Hans Henze, e comunque servendosi di interpreti che, anche se talvolta giovanissimi, davano prova di grande dignità professionale. Per non dire poi della presenza a Montepulciano di solisti illustri come la violinista Jenny Abel e il violoncellista Klaus Heitz.
Quest’anno i due temi centrali del cartellone erano il mito di Orfeo e il violino; e non entrava certamente nel loro ambito la scelta dei Masnadieri, il primo e più impegnativo spettacolo musicale del "cantiere"; ma Henze, evidentemente, sulla scia di Piscator, scorge in quest’opera un rapporto sotterraneo con Schiller e con il teatro politico contemporaneo, e ha voluto con questa scelta portare un allusivo contributo ideologico al cartellone. Ma non escludere che il maestro tedesco abbia posato la sua attenzione su questa partitura "minore" anche per il fascino che il primo Verdi esercita con le sue convenzioni e col turgore sanguigno delle sue arie e delle sue cabalette; e infatti ha voluto tuffarsi nell’impresa in prima persona, prendendosi la responsabilità della regia, delle scene e dei costumi. Col risultato, sul piano visivo, di una sorta di scabro espressionismo ante-litteram, e di un gusto di ricreazione musicale che esaltava un entusiastico gusto del melodramma; ma in questa atmosfera, senz’altro molto interessante, il pauperismo delle scene e l’articolazione registica hanno non di rado rischiato il grottesco, insinuando fra l’altro una moderna ironia di sottolineature che certamente non sarebbe piaciuta né a Schiller, né a Andrea Maffei, e tanto meno allo scorbutico Verdi. Sul piano musicale, invece, la concertazione di Riccardo Chailly e l'efficienza dell’orchestra (perfetta nell’impasto e nell’emergenza di alcuni solisti, fra i quali lo stupendo violoncellista Klaus Heitz) hanno ottenuto risultati migliori, complessivamente, della compagnia di canto, anche se è giusto ricordare la bella voce e il rilievo drammatico del baritono Luigi de Corato e del soprano Mara Zampieri, mentre il tenore Giuliano Ciannella ha potuto superare soltanto faticosamente gli scogli della partitura, non adatta peraltro alla sua voce, essendo stato colpito da una indisposizione che aveva compromesso i suoi mezzi vocali.
Altre fatiche teatrali del Cantiere sono state, come si è accennato, la ripresa dell’operetta di Dessau Orfeo e il sindaco, l’edizione italiana di Les malheurs Orfée di Milhaud (tradotto Le sciagure d’Orfeo) e la prima esecuzione assoluta di Orfeo, "dramma in musica" di Friedrich Schenker, tutte e tre in un’unica serata. La scelta del lavoro di Dessau, risalente agli anni Trenta, non ha rivelato una particolare originalità (ammesso che i1 Dessau "maturo" sia una grande personalità di musicista), ma poteva essere interessante come indicazione di un orientamento del gusto, oscillante fra la sudditanza alle invenzioni di Weill e quelle di Stravinsky. Importanti, invece, i risultati per così dire scolastici dello spettacolo: in sé molto piacevole per la bravura dei due principali interpreti (John Venning e Paul Danaher) ma soprattutto per l’entusiastica partecipazione di un gruppo di giovani cantanti-attori, ai quali si univano una decina di ragazzi di Montepulciano, vivacissimi nella realizzazione della spigliata regia di Vera Pagin. E senz’altro gustose le scene e i costumi, realizzati da Carlo Diappi, su disegni dei bambini della scuola elementare De Amicis. Al contrario, tutt’altro che interessante la novità di Schenker, un musicista tedesco dell’Est che, approdando all’avanguardia gestuale di moda molti anni fa, o forse cercandone un "recupero", ha offerto un lavoretto piuttosto privo di senso. Mentre le Sciagure d’Orfeo, ritrovando un delicato fascino fiabesco nelle scene dipinte dai ragazzi della scuola media G. Pascoli di Montepulciano, hanno avuto una sciolta ed accalorata esecuzione sotto la guida di Jan Latham-Koenig e con due sensibili interpreti come Kenji Kojima (Orfeo) e Annabella Rossi (Euridice). A questo trittico si deve poi aggiungere L’histoire du soldat di Stravinsky, realizzata da Roberto Pallecchi, Carlo Pasquini, Nadia Mariani e Giorgio Pratellesi, con Diego Pagin direttore e violino solista: questo spettacolino, in Versione italiana, è stato destinato alle "frazioni", in ottemperanza alle finalità anche divulgative del "cantiere".
Ma, come si è già accennato, la parte più interessante del piccolo "festival di Henze", com'è stato chiamato, sono risultati i concerti: alcuni di questi, per la verità, hanno sofferto di qualche improvvisazione, specialmente quando erano in programma musiche di repertorio, come il Triplo Concerto (BW 1044) di Bach diretto dallo stesso Henze; ma in genere, soprattutto nella eterogenea scelta delle novità contemporanee, si è trattato sempre di manifestazioni di buono e talvolta di eccezionale livello: ricordiamo, in prima assoluta, il prezzo per due flauti bassi, Persefone, di Gian Paolo Chiti, eseguito dall’eccellente flautista giapponese Tone Takahashi; La morte di Orfeo, per violoncello, due percussioni e pianoforte, del tedesco Horst Lohse; la Sonata per violoncello di George Crumb; Euridice, per violino e altri strumenti, di Stephen Douglas Burton; Alveare vernat di Klaus Huber, per flauto e archi (eseguito dalla bravissima flautista Anna-Catherina Graf; ...archeggiando di Hans Ulrich Lehmann, accolto come un vero e proprio divertimento, inutile per i più, fra gli stilemi più arditi delle ultime avanguardie, e in grado di dar qualche punto di riferimento fra le curiosità che la musica contemporanea suscita fra i non "addetti ai lavori"; ma anche Plutone, per sassofono, trombone e tuba, di Lorenzo Ferrero e il Tango-Habanera, per violino e 12 strumenti, di Thomas Jahn. Nell’ambito di questi concerti si deve però segnalare soprattutto la presenza della violinista Jenny Abel (una artista a cui il festival di Montepulciano deve molto, fin dallo scorso anno) che ha presentato, insieme a grandi opere del repertorio romantico e classico, La furia, per violino e percussione, del giovane compositore tedesco Volker Blumenthaler, e il trittico, intitolato Tirsi, Mopso, Aristeo, per violino solo, di Hans Werner Henze. Questa recentissima composizione, concepita come una specie di suite di sentimenti e di caratteri (quali emergono dalle figure dei tre pastori dell’Orfeo del Poliziano) e costruita con tale continuità di fantasia e con un vigore così intelligente di coerenti scelte linguistiche da poter esser considerata fra le opere più, significative che siano state scritte per violino solo negli ultimi anni; e si potrebbe dire che in queste pagine, sul piano strumentale di una difficoltà a volte degna dei Capricci di Paganini, Henze abbia voluto costruire un monumento alla enorme versatilità dell’intramontabile violino. Accanto a questa novità, un’altra di particolare rilievo, a conferma degli estri e del talento originalissimo di Salvatore Sciarrino, è apparso Il paese senza tramonto, diretto dall’autore e con la partecipazione di Donella Del Monaco, cantante molto musicale e intelligente.
Da segnalare, infine, nell'atmosfera giovanile del Cantiere Internazionale d’Arte, il debutto come direttore d’orchestra del ventenne Alessio Vlad, che ha preso parte, con il Divertimento in si bemolle maggiore di Hadyn e l'Armonia per un tempio della Notte di Salieri, ad un pomeriggio dedicato, nel chiostro di Sant’Agnese, a musiche rare del Sette-Ottocento, fra le quali anche l'Ottetto in fa maggiore di Pacini e la piacevole Partita n. 21 in sol maggiore, per due oboi, due corni e un fagotto, di Georg Druschetzky, magistralmente eseguita.


Leonardo Pinzauti ("Nuova Rivista Musicale Italiana", ottobre/dicembre 1977, n.4)

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