L'allestimento al Teatro Lirico, da parte della Scala, della nuovissima opera di Luigi Nono, «Al .gran sole carico d'amore», ha sollevato lunghe insidiose polemiche, cui non erano estranei fatti che con l'arte non hanno nulla a che vedere. Queste polemiche non hanno avuto seguito in teatro, dove il civile confronto ha prevalso sulle paure e sulle imposizioni settarie. Per fortuna, diciamo: ma la vicenda ci suggerisce alcune considerazioni che è bene siano presenti a tutti coloro che si occupano di musica e di teatro.
Premesso che l'opera era stata commissionata a Luigi Nono nel 1972 e che era stata annunciata in cartellone nell'autunno scorso, occorre ribadire senza esitazione che ogni limitazione di spazio alla cultura è un attentato alla libertà. Se si comincia a discriminare un`opera in ragione dei suoi contenuti, si crea un precedente pericolosissimo. Se si vuole esautorare un Consiglio d`amministrazione e una direzione artistica (come era nelle intenzioni di un gruppo di potere milanese) con pretesti politici - a scoppio ritardato - si commette, se non altro, reato di prepotenza. E si fotografa nuovamente la cosi detta «arroganza del potere».
Il problema sollevato dall'allestimento dell'opera di Nono, da sempre iscritto al P.C.I. (Partito Comunista Italiano) e da sempre impegnato in una battaglia ideologica e politica, doveva restare sul piano dell'arte e dello spettacolo. Il giudizio del pubblico non deve essere influenzato da atteggiamenti censori di tipo metternichiano. Né bisogna aver paura dei confronti. Se bastasse un'opera per far vincere le elezioni ai comunisti, che bel paese culturale sarebbe il nostro. Invece non basta nemmeno il monopolio televisivo a dare la maggioranza assoluta a chi lo gestisce.
Battaglia perduta in partenza, per fortuna, anche perché Luigi Nono è uno dei massimi musicisti europei e perché il suo regista Juri Liubimov è uno dei massimi registi del mondo. L'opera ha superato la prova del pubblico: mai si è visto tanto interesse per uno spettacolo. La musica contemporanea fa progressi: modesti, se vogliamo, ma importanti. Le polemiche hanno aiutato lo spettacolo? Certo, ma non sarebbero bastate a riempire per otto sere il Lirico. Né il pubblico risulta sia stato costretto con la violenza ad andare al «Gran sole».
La libertà, dunque, consiste nel poter esprimere ogni pensiero senza paura: in teatro, col rispetto per il teatro. Libertà è anche poter scegliere gli argomenti: Nono ha scelto la Comune di Parigi, qualcun altro potrebbe scegliere Mac Mahon, il comandante che abbatte la Comune.
Libertà è, ancora, non avere paura dei fantasmi e delle idee: siamo sempre portati a credere alla buona fede del prossimo, ma ci piacerebbe sapere perché lo zelo dei censori si accanisce soltanto contro le «cose» del pensiero. Vanno benissimo i film violenti, le storielle indecenti, purché siano fuori dalla cultura. Va male invece «Al gran sole», opera difficile dove non esiste la minima provocazione verbale, come andava male, qualche anno fa, il «Galileo» di Brecht.
Libertà è infine onestà: non è lecito, se non a Don Basilio, usare le armi della diffamazione; non è neppure lecito far finta di non sapere i veri termini del problema; non si deve mentire sui numeri e sulle parole. Purtroppo, cari lettori, non abbiamo fatto bella figura: da tutto il mondo venivano a Milano critici e direttori di teatro, da Los Angeles come da Tokio, da Parigi e da Berlino, e da noi qualcuno voleva che l'opera fosse «rinviata a settembre» perché in giugno ci sono elezioni amministrative e regionali... Conseguenza del successo dello spettacolo: un aumento delle quotazioni di Nono e di Paolo Grassi, che forse era il vero bersaglio di tale campagna.
A questo punto - lasciamo da parte il prestigio della nostra cultura, troppo spesso valutata meglio all'estero che fra noi - diciamo a chiare lettere che, come è successo al Petrarca di Béjart-Berio, anche «Al gran sole» ha un successo mondiale: sarà allestito a Norimberga, Kiel, Amburgo, Varsavia, Berlino (DDR), Lisbona, Berlino (BRD), Parigi negli Stati Uniti a Zagabria a Belgrado e in molti altri centri ancora. Come mai, ci si può chiedere? Ma allora sono soltanto alcuni milanesi a sentire odore di zolfo dove zolfo non c'è?
O è un vizio nostro maltrattare i nostri migliori ingegni e a renderli più conosciuti all`estero. Negli Stati Uniti e in Germania Occidentale Luigi Nono è considerato un grande; Berio ha avuto fortuna in America, Maderna a Darmstadt, Arrigo a Parigi, Bussotti in Francia e nel resto d'Europa, perfino il compianto Dallapiccola era più eseguito in Germania Ovest e in Inghilterra che da noi.
Dobbiamo allora pensare che sotto i mantelli delle polemiche e delle insidie si nasconda il vecchio provincialismo e il terreo, retrivo aspetto scolastico della nostra cultura ministeriale. Ma questo mondo che cosa crea, se non il continuo lamento di essere vittima di complotti a livello mondiale gestiti da intellettuali pericolosamente sovversivi?
Restano i fatti: l'opera di Nono era giusto fosse rappresentata, come è giusto sia rappresentato ogni fatto d'arte. E' anche giusto il dissenso, non l'esorcismo. Non il linciaggio, non la menzogna Tali cose spettano di diritto agli ammiratori di Pinochet.
Mario Pasi
("Rassegna Musicale Curci", anno XXVIII n.1 aprile 1975)
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