Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

venerdì, ottobre 31, 2008

Rautavaara: il musicista degli angeli

Il 9 ottobre prossimo uno dei più grandi compositori finlandesi, la cui fama supera abbondantemente le frontiere della sua terra natale, spegnerà le sue 76 candeline sulla torta di compleanno, l'etichetta Ondine aggiunge una gemma al suo catalogo Rautavaara: un nuovo disco intitolato True & False Unicorn.

Ad una lettura del suo catalogo, si è sorpresi dal gran numero di titoli di opere contenenti la parola "angelo": Angels and Visitations (1978), Angel of Dusk (1980), Angel of Light (1995)...
Non ho aspettato la moda della New Age negli anni Novanta per interessarmene! Tutto è cominciato nel 1978, leggendo le Elegie di Duino di Rainer Maria Rilke. Ogni angelo è terrificante - scrive - basterebbe che uno di loro vi stringesse troppo forte nelle sue braccia per morire. Mi sono allora ricordato di uno dei miei sogni di gioventù, che ritornava ogni notte, nel quale una 'cosa' grigia, senza forma e silenziosa, veniva a prendermi. Cercavo di sfuggirle senza riuscirci, soffocavo... fino al momento in cui mi risvegliavo, ansimante e in un bagno di sudore. La 'cosa', naturalmente, se n'era andata ma, notte dopo notte, arrivavo ad aver paura di addormentarmi. Un tale sogno non ha niente di straordinario in un bambino, ma me ne sono brutalmente ricordato leggendo Rilke e mi sono detto: «Era il mio angelo». Un angelo terrificante la cui forza può uccidere, come quello che combatte Giacobbe nella Genesi, ma che può anche far dono di questa forza a colui che avvicina. Da allora, gli angeli non hanno smesso di perseguitarmi finché ho sentito il bisogno irresistibile di comporre. In modo del tutto naturale ho intitolato la mia opera Angels and Visitations (Angeli e visitazioni, per orchestra sinfonica). Poi c'è stato Angels of Dusk (Angeli del crepuscolo, un concerto per contrabbasso): un giorno, dall'oblò di un aereo, ho visto una nuvola con una forma incredibile, grigia ma penetrata da un tratto di colore, e subito ho pensato a questo titolo per un'opera futura. Guanto a Angel of Light, il titolo è venuto quasi mio malgrado. Nel 1995, gli angeli erano diventati di moda e - nonostante vi avessi pensato - non avevo voglia di chiamare per forza così la mia Settima Sinfonia. Esse è quindi stata eseguita la prima volta a Bloomington senza quel titolo. Dopo la prima a Helsinki, qualche mese più tardi, Reijo Kiilunen, il direttore dell'etichetta Ondine, m'ha chiesto come intendevo intitolare la mia nuova opera. L'ho messo al corrente delle mie reticenze a proposito di Angel of Light. Ma se - m'ha detto - è questo il titolo giusto, allora non ce n'è di migliore! E ho detto OK...
Il diavolo, gli angeli, i riferimenti biblici... senza parlare delle sue numerose composizioni liturgiche! L'elemento religioso sembra occupare un posto preponderante nella sua vita...
Anche qui, la parola chiave è ambivalenza. Il sentimento religioso - scrive Friedrich Schleiermacher - è "l'attrattiva per l'infinito". Ecco il mio motto! Non credo in un dio preciso, quello dei cattolici, dei protestanti, degli ortodossi e rifiuto i dogmi. Ma nel senso in cui l'intende Schleiermacher, provo certamente un sentimento religioso. Allevato nella religione luterana, ho composto per tutte le confessioni o quasi: un'Ave Maria, un Magnificat, un Credo, dei Salmi, e naturalmente Vigilia, l'ufficio notturno ortodosso, commissione congiunta del Festival di Helsinki e della chiesa ortodossa finlandese all'inizio degli anni Settanta. Scrivendo Vigilia, mi sono ricordato di una visita effettuata coi miei genitori, durante la mia infanzia, al monastero ortodosso di Valamo, in mezzo al lago Ladoga. Avevo l'impressione che le isole fluttuassero in aria, che attraverso gli alberi apparissero sempre più delle cupole dalle tinte vive. Le campane si sono messe a suonare, i monaci sono usciti in processione, e tutto un mondo di suoni e di colori s'è aperto davanti a me. Quegli affreschi, quelle icone sfavillanti di rosso. di blu, di verde e d'oro tutto s'è impresso in maniera indelebile nella mia memoria, per risorgere quindici anni più tardi. Mi trovavo a New York e avevo la nostalgia del mio paese. Sono andato in una biblioteca a cercare qualche cosa che mi ricordasse l'Europa e mi sono imbattuto in un album di riproduzioni di icone bizantine. Subito m'è venuta l'ispirazione e ho composto le Sei icone per pianoforte op.6. Anche in Rasputin la liturgia ortodossa è presente, all'inizio del secondo atto, con la processione della festa di Pasqua. Se aderissi ad una Chiesa, questa sarebbe senza dubbio la Chiesa ortodossa.
La si descrive spesso come un mistico. Cosa ne pensate?
Come compositore, sono convinto di non essere altro che uno strumento per far scendere la musica da un 'luogo' al di sopra di noi in cui esiste da sempre, forse dal mondo delle Iiee caro a Platone. Come diceva Picasso, «io non invento, io trovo», E - per riprendere una formula di Thomas Mann - credo intimamente che un'opera musicale possieda una vita e una volontà che le sono proprie. Qualche anno fa, per esempio, il Festival di Kuhmo m'ha commissionato un quartetto per archi. Ma più la composizione avanzava, più la musica mi richiedeva un secondo violoncello: è quindi diventato un quintetto! Quando insegnavo all'Accademia Sibelius, fra il 1979 e il 1990, ripetevo costantemente ai miei allievi: «Non forzate la vostra musica. Lasciatela vivere, lasciate che che vi guidi, abbiate fiducia in lei». E senza dubbio per questo che mi si tratta da 'mistico'.
Dopo Sibelius, la Finlandia - che conta soltanto cinque milioni di abitanti - ha generato una eccezionale quantità di compositori di fama internazionale: Merikanto, Kokkonen, Bergman, Salliner, Lindberg, Saariaho solo per citarne alcuni. Come lo spiega?
C'è innanzitutto il sistema educativo che concede da sempre un grande spazio alla musica, Grazie ai conservatori statali, ogni bambino può trovare un buon professore di musica vicino a casa. La tradizione corale è molto forte nel nostro paese e le orchestre sinfoniche sono numerose. C'è infine - ed è senza dubbio la cosa più importante per un apprendista compositore - una cura nel dare ai giovani la loro chance, anche se sono ancora studenti. Perché essere eseguiti, foss'anche una volta sola, è il miglior modo di apprendere il proprio mestiere. Va benissimo scrivere della musica, me se nessun orchestra e nessun strumentista vi si interessa, essa va a finire nei cassetti. E per questa ragione che i miei studenti stranieri non vogliono mai tornarsene a casa! «Maestro, possiamo restare un anno di più?» mi domandano!
Qual'è, secondo lei, l'opera che la rappresenta meglio?
Qualche anno fa, le avrei risposto: l'ultima! Oggi, le rispondo senza esitazione: la mia Ottava Sinfonia (1999), commissione dell'Orchestra di Philadelphia per il suo centesimo anniversario. Il suo titolo, The Journey (Il Viaggio), ha una doppia origine: la teoria di Milan Kundera secondo la quale la forma sinfonica è un viaggio attraverso il mondo e dei paesaggi in perpetuo cambiamento; e il fatto che uno dei motivi del terzo movimento è identico a quello cantato in Vincent sulle parole "Questo viaggio continua... Il viaggio di chi? Di colui che erra al di là delle frontiere del tempo?".
Richard Martet
(Répertoire n.171, settembre 2003)

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