Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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venerdì, dicembre 24, 2010

Bruckner: Sinfonie nn.1 e 5

Oggi Anton Bruckner è riconosciuto da molti come il più significativo sinfonista tra Beethoven e Mahler, mentre quando era ancora in vita era uno dei compositori più misconosciuti e incompresi. I pregiudizi nei confronti della sua personalità come anche della sua musica erano innumerevoli. Uno dei pregiudizi più distruttivi era quello della presunta "schematicità" della sua concezione sinfonica. Sembra quasi un'ironia della sorte, ma fu proprio un caldo fautore di Bruckner, il direttore d'orchestra Hermann Levi, a formulare questa espressione erronea. In una lettera a Josef Schalk del 30 settembre 1887, Levi rilevò infatti che nell'Ottava Sinfonia (prima versione) era rimasto particolarmente sconcertato dalla "grande somiglianza con la Settima" dalla sua "forma pressoché schernatica".
Nessuno potrà negare che le nove Sinfonie di Bruckner - quelle da lui considerate "valide" costituiscono una specie di famiglia, tra i cui membri non mancano delle somiglianze. Vi sono alcune Sinfonie che hanno un disegno di base simile, se non addirittura identico. Così i primi temi dei movimenti iniziali sono di ampio respiro ed espansi, e si stagliano per lo più sullo sfondo sonoro creato dal tremolo degli archi. I secondi temi hanno spesso un carattere lirico-cantabile e si presentano anche accompagnati contrappuntisticamente da un'altra linea melodica. I terzi temi iniziano spesso all'unisono per sviluppare quindi sorprendenti energie ritmiche. Inoltre si può parlare di un tipo di Adagio e di un tipo di Scherzo che sono propri di Bruckner, e così via.
Però l'opinione che le Sinfonie di Bruckner siano simili l'una all'altra sì da poter essere confuse, non coglie affatto nel giusto. Anche se in diversi movimenti si può riconoscere il medesimo disegno di base, nei dettagli della disposizione formale le Sinfonie si differenziano in modo notevole. Ognuna di esse presenta una cifra individuale assai pronunciata, ognuna ha una fisionomia propria. Si può provare a confrontare ad esempio la Terza con la Quarta oppure l'Ottava con la Nona, e vi si potranno notare differenze fondamentali già nella struttura di base. Ma le riserve cui si è accennato non sono giustificate anche in considerazione del fatto che il sinfonismo bruckneriano ha conosciuto mutamenti stilistici, e ciò in una misura per cui non è possibile istituire senz'altro dei paralleli, ad esempio con la musica di Brahms.
Nel 1855, dopo aver trascorso molti anni a Sankt Florian, Bruckner fu nominato organista nel Duomo di Linz, un ufficio di grande prestigio. Di questa nuova attività era assai soddisfatto; ma non lo era ancora delle sue cognizioni di teoria musicale. Perciò compì studi scrupolosi in questo campo dapprima con Simon Sechter, un rinomato professore di teoria musicale a Vienna, e a partire dal 1861 con Otto Kitzler, un musicista capace, aperto alle esperienze della musica più moderna, che fu attivo a Linz dapprima come violoncellista e poi come direttore d'orchestra al Teatro comunale.
Gli studi con Kitzler ebbero un'importanza particolare nell'evoluzione creativa di Bruckner. Conobbe in tal modo la partitura del Tannhäuser di Wagner e durante la prima rappresentazione di quest'opera al Teatro di Linz (12 febbraio 1863) ricevette un'impressione così profonda, che non sarebbe esagerato affermare che questa esperienza wagneriana mise in moto in Bruckner il processo creativo: egli scoprì se stesso, cominciò a rinvenire il proprio stile personale.
La Prima Sinfonia in do minore, composta nel 1865/66 a Linz e là eseguita per la prima volta nel 1868, è così una composizione oltremodo originale. Per le sue audacie, Bruckner stesso definì in età avanzata questo suo lavoro "il monello (Beserl) impudente" - Beserl è un'espressione dialettale dell'Alta Austria. Molti tratti tipici dei grandi sinfonisti si possono ravvisare, e in misura notevole, in quest'opera di Bruckner: i movimenti estremi sono basati su tre temi ben profilati ed adatti ad essere elaborati; gli sviluppi formali sono assai spesso definiti da imponenti intensificazioni che si succedono ad ondate; inconfondibile è poi la tendenza ad una densa scrittura polifonica, e quindi nello Scherzo si dispiegano energie ritmiche elementari. Inoltre non si possono non rilevare anche differenze significative rispetto alle Sinfonie posteriori: i movimenti estremi presentano solo deboli legami fra loro, non vi sono temi con carattere di corale e vi mancano ancora quelle pause generali con chiara funzione di articolazione formale, che a partire dalla Seconda Sinfonia divideranno l'uno dall'altro i vari complessi tematici. .
Audacia e foga espressiva danno un'impronta caratteristica alla Prima Sinfonia. Audace è per esempio nel movimento iniziale, dalla forma concisa, la grandiosa idea dei tromboni (alla lettera C nella partitura della versione di Linz), preceduta da un tema principale sul tipo d'una marcia, da un secondo tema di tono lirico e da una sezione in progressiva intensificazione (alla lettera B nella partitura). Non meno audace è l'idea principale dell'Adagio, la cui tonalità di la bemolle maggiore, dapprima occultata, diviene chiara solo alla battuta 20. Ma una concezione audace contraddistingue anche la struttura del Finale, che presenta tratti quasi improvvisatori ed è anche ricco di elementi drammatici.
Nel 1868 Bruckner lasciò l'ufficio di organista nel Duomo di Linz per una cattedra di armonia, contrappunto e organo al Conservatorio di Vienna. Nei suoi primi anni viennesi si dedicò esclusivamente al genere sinfonico. La sua produzione sorprendentemente feconda nasceva solo da un impulso interiore; dall'esterno non riceveva infatti alcun incoraggiamento. Nel 1872 terminò la Seconda Sinfonia, nel 1873 la Terza e nel 1874 la Quarta, la cosiddetta "Romantica". Nel 1875/76 compose poi la Quinta Sinfonia, spesso denominata "Sinfonia religiosa". Questo titolo diviene comprensibile se si pensa che in essa sono assai numerosi gli elementi che rimandano allo stile del corale, e che il Finale si conclude appunto con un grandioso "Corale", così denominato dallo stesso Bruckner. Inoltre, a confronto con i toni luminosi della Quarta Sinfonia, la Quinta appare più rude. Inizia, unica tra le Sinfonie di Bruckner, con un'introduzione lenta che ricorda modelli di musica sacrale e presenta tre idee contrastanti. Queste ritornano nello sviluppo dell'Adagio successivo e vengono poi elaborate in molteplici modi.
Il secondo movimento - un Adagio in re minore è basato su due temi: il primo, inizialmente intonato dai legni e sorretto in maniera quasi spettrale dai pizzicati all'unisono degli archi, è una "melodia triste". Il secondo tema, pienamente armonizzato, trapassa invece a toni innodici ed estatici. Di grande effetto sono le grandiose intensificazioni cui i due temi sono sottoposti nel corso del movimento.
L'Adagio e lo Scherzo sono strettamente legati l'uno con l'altro non solo dalla tonalità comune (re minore), ma anche tematicamente: la maggior parte dei motivi del primo tema dell'Adagio ritorna nello Scherzo, che introduce a sua volta anche idee musicali nuove. Particolarmente notevole è il secondo tema dello Scherzo, nel quale Bruckner intreccia contrappuntisticamente una melodia sul tipo d'un Ländler con figurazioni melodiche che sembrano quasi intonate da un corno alpino.
Il Finale - come nella Nona di Beethoven - è preceduto da un'introduzione che cita (in una sorta di ricapitolazione) passaggi dei movimenti precedenti. In mezzo a queste citazioni il clarinetto solista presenta il primo tema del Finale, un movimento che costituisce una sintesi assai sapiente di forma-sonata e fuga; due temi sono infatti trattati come in una doppia fuga. Quando Bruckner definì questa Sinfonia il suo "capolavoro contrappuntistico", non esagerava. Un insigne musicologo è andato ancora più in là e ha affermato che la conclusione della Quinta di Bruckner è una delle cose più sublimi che la musica e lo spirito umano abbiano mai creato.

Constantin Floros (Traduzione: Gabriel Cervone, note al CD DGG 415 985-2)

1 commento:

Alfredo Di Pietro ha detto...

Sulla schematicità delle sinfonie bruckneriane è questa l'impressione che, in effetti, possono dare. Secondo me si tratta di un fattore riferibile solo ai "blocchi", ai tasselli di cui sono composte. All'interno di ognuno di essi ci sono sviluppi spesso imprevedibili e inaspettati. La cosa che più mi affascina di queste grandissime opere musicali è la luce che emanano, la concezione tutta particolare del suono, degli impasti timbrico-armonici che me le farebbe riconoscere tra mille. Incutono un grandioso senso di mistero, dubbi che non sembrano risolversi ma aprirsi verso strade sempre nuove. Eppure alla fine lasciano nello spirito una fiducia nel supremo, un abbandono a ciò che non posiamo comprendere per nostra limitatezza che è sorprendente.