Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

sabato, maggio 05, 2012

Tamburini: Fabbrica d'Organi

"...Mi chiamerò quindi veramente fortunato se queste pagine mi potranno procurare l'onore di allargare la cerchia de' miei amici, e la soddisfazione di veder compresa ed incoraggianta la mia iniziativa da quanti amano dotare le loro chiese di organi fatti bene, di durata e di perfetto stile italiano."
Giovanni Tamburini
(Catalogo della Fabbrica d'Organi Giovanni Tamburini di Crema 1909)

La macchina sonora dell'organo è composta in linea di massima dalle seguenti parti:
1.      Tastiera
2.      Trasmissione
3.      Somiere
4.      Ventilabro
5.      Stecca di registro
6.      Canne
7.      Elettroventilatore
8.      Mantice
9.      Valvola di regolazione della pressione dell'aria
10.  Condotti di alimentazione

Il mantice (8) accumula l'aria proveniente dalle pompe manuali o dall'elettroventilatore (7) ed ha anche la funzione di regolare la pressione dell'aria tramite una speciale valvola (9). Il mantice fornisce l'aria al somiere attraverso i condotti di alimentazione (10).

Struttura base dell'organo

Il somiere (3) è costituito da una sorta di cassa in legno a forma di parallelepipedo, rettangolo vuoto all'interno, che contiene delle valvole, denominate ventilabri, comandate attraverso la trasmissione dalla tastiera. Il somiere prende il nome dal fatto che lo stesso porta il peso, cioè la "soma" delle canne.

L'organista premendo il tasto (1), comanda, tramite la trasmissione (2), l'apertura di un ventilabro (4) il quale permette all'aria, proveniente dal mantice e compressa nel somiere ad una determinata pressione, di raggiungere le canne sovrastanti il somiere, le quali emettono il suono nella frequenza e con il timbro sonoro impostato dall'organaro.

Sul somiere trovano posto numerose file di canne (6), ognuna delle quali corrisponde ad un timbro sonoro diverso, denominato registro. I diversi registri possono essere attivati attraverso l'azionamento delle stecche (5) da parte dell'organista che può scegliere di utilizzare diversi registri, singolarmente oppure in combinazione tra loro. Ogni registro ha un numero di canne corrispondente ai tasti oppure ai pedali. Il funzionamento della pedaliera segue un percorso analogo. Ha una sua trasmissione e un suo somiere, l'organista, una volta premuto un pedale, permetta all'aria immagazzinata nel somiere della pedaliera di raggiungere le canne del pedale.

Per comprendere al meglio il funzionamento di un organo conviene analizzarlo schematicamente per parti funzionali, in questo modo sarà possibile osservare la lenta evoluzione che ha portato al perfezionamento dello strumento e, in un certo senso, ad una fossilizzazione intorno ad alcuni capisaldi irrinunciabili.
Non sempre il progresso tecnico ha avuto come conseguenza un miglioramento, poiché l’entusiasmo per le nuove scoperte ha spesso indotto gli organari ad introdurle "sic simpliciter" nella prassi costruttiva, senza un preliminare approccio critico.
La meccanica: manticeria, trasmissioni, somieri. Dal momento che l’organo è uno strumento aerofono il primo problema sarà quello di fornire l’aria in quantità sufficiente per permettere l’emissione dei suoni da parte delle canne.
I primi rudimentali strumenti del I secolo d. C., possedevano delle pompe che aspiravano l’aria dell’ambiente che veniva introdotta direttamente nel somiere. La capacità delle pompe era ovviamente proporzionale alle "dimensioni" dell’organo. La pompa stessa era dotata di una valvola che provvedeva al dosaggio della pressione del vento. Ma già dal IV secolo si introdusse un elemento intermedio per controllare meglio l’emissione del vento e per alleggerire la fatica dei garzoni tiramantici. Si tratta di borse o soffietti in pelle che hanno la funzione di veri e propri serbatoi. Il mantice si configura in due tipi principali: a libro (o ad ala) e a lanterna. Il primo, più antico, poteva essere azionato tramite pedali o leve; presenta lo svantaggio di richiedere, nei grandi organi, un numero considerevole di tiramantici che peraltro devono coordinare gli sforzi per evitare squilibri nella fornitura di vento.
Più equilibrato sotto questo profilo è il mantice a lanterna la cui parte superiore mobile, spesso caricata con pesi, elimina tali scompensi. Un albero a camme provvede al moto alternato di più soffietti sfasati tra di loro, al garzone sarà richiesto l’azionamento di una manovella, con un movimento rotatorio molto regolare. Ove la distanza mantici-canne fosse troppo elevata, si provvedeva a ripristinare la pressione con mantici intermedi equilibratori.
Con la rivoluzione industriale i garzoni vennero sostituiti con macchine a vapore, a gas e infine con elettroventilatori. La pratica attuale di inserire il ventilatore elettrico non comporta peraltro "problemi filologici" sia per le nuove realizzazioni, sia per i restauri ed è normalmente accettata, salvo in casi di organi di eccezionale pregio, in quanto non stravolge l’impianto della manticeria né distrugge le parti esistenti che possono comunque essere utilizzate anche a mano. Per ovvie ragioni si richiede al ventilatore la massima silenziosità.
Un’ultima osservazione riguardo all’elettro-ventilatore. In genere il ventilatore elettrico non viene munito di alcun dispositivo atto a regolarne la potenza: quando l’organista lo aziona, tramite un semplice interruttore, fornisce al motore la massima potenza, indipendentemente dal reale bisogno d’aria. Se osserviamo tutto ciò attraverso l’ottica della faticosa manovella, comprendiamo degli aspetti dello strumento che potevano apparire privi di significato. Uno di questi è rappresentato dai pesi che gravano sui mantici. È chiaro che i garzoni girassero la manovella in maniera da garantire il "vento", cioè l’aria compressa, sufficiente in quel dato momento, ma non di più, a differenza di quanto invece avviene oggi con il motore elettrico.
A seguito di questa considerazione si potrebbero esprimere riserve sull'installazione di ventilatori, perché aumenterebbero la pressione del vento per loro stessa conformazione. Il problema è, peraltro, superabile tecnicamente con l'introduzione di semplici valvole a tendina da inserirsi tra il ventilatore e il mantice, cui spetta la regolazione delle stesse: quando il mantice si abbassa la valvola si apre e fornisce vento, mentre se occorre un’immissione limitata d’aria la tendina occlude parzialmente o completamente il condotto, permettendo una regolazione efficace della pressione.
Bisogna tuttavia concordare con lo studioso nel condannare il comportamento di certi organisti che lasciano attivo il ventilatore anche se non suonano, generando (specialmente in condizioni estreme) squilibri termo-igrometrici all'interno del somiere, con la produzione di trasuoni e fischi. Il vento prodotto viene convogliato verso i somieri attraverso una serie di condutture, perlopiù in legno e a sezione rettangolare. Particolare attenzione deve essere impiegata nella realizzazione dei nodi che non devono avere perdite di vento, nei limiti del possibile: di norma si usa pelle di capra incollata alle assi. Il legno e tutte le parti destinate ad essere scoperte vengono poi tinteggiate con bolus rosso stemperato nella colla con funzione anti-tarlo. Non si sa fino a che punto questi metodi antichi e un po’ caserecci possano effettivamente avere valore scientifico, ma la pratica secolare è tutto sommato collaudata. È poi assolutamente corretto che i condotti debbano avere una certa elasticità meccanica per poter sopportare sbalzi termo-igrometrici ed eventuali cedimenti differenziati delle strutture di sostegno. L'aria custodita in pressione nella secreta del somiere è pronta per essere immessa nelle canne per la produzione del suono. Occorre un meccanismo regolatore che permetta l'emissione delle note.

A questo punto dobbiamo interrogarci non solo su un fatto tecnico e fisico, ma analizzare concettualmente l'atto musicale così come si configura nella pratica organistica.
Attraverso gli organi sensoriali l'organista riceve le informazioni sulla musica che sta per eseguire; dati che poi elabora concettualmente e trasmette a mani e piedi per l'abbassamento dei tasti corrispondenti alle note. La parte trasmissiva dello strumento provvede a trasferire questi comandi a delle valvole dette ventilabri che aprendosi fanno suonare le canne. Questi meccanismi sono strutturati in modo da inficiare quasi totalmente gli sforzi dell'organista nel dare espressione alla musica. L'esecuzione è completamente differente da quella di un violino o di un pianoforte: in questi casi interprete e strumento sono una cosa sola e possono fornire una gamma infinita di combinazioni intensità sonora-tocco (o arcata). Nel caso dell'organo è un lavoro intellettuale prima ancora che di manualità: ecco uno dei motivi per cui l'organo è così adatto per l'esecuzione di musiche contrappuntistiche, composte con criteri quasi matematici e che raramente danno concessioni alle lusinghe dell'"ispirazione". In questo senso molti organari non hanno ritenuto una gran perdita la scomparsa totale dell’espressione nei sistemi moderni di trasmissione (pneumatico, elettrico ecc.). Ancora negli anni ‘60 erano pochi gli studiosi che invocavano il ritorno alla trasmissione meccanica non solo per motivi storici e filologici, ma anche per ridare allo strumento quella sensibilità al tocco che, seppur minima, provvede alla migliore interazione musico-strumento. Solo a partire dagli anni ‘70 questa consapevolezza si è imposta seriamente nella pratica costruttiva degli organari più attenti.

Abbiamo precisato che la parte trasmissiva deve "veicolare" le informazioni dall’esecutore al somiere. Occorre evidenziare che ve ne sono di due tipi: le note nella sequenza temporale che genera la composizione; i registri con cui quella musica deve essere eseguita. Questi ultimi sono i timbri, "le voci" dell’organo (principale, ripieno, oboe, flauto ecc.): una sua caratteristica specifica che connota anche sensibilità artistica dell’artefice, l’epoca, il luogo di costruzione ed altre indicazioni stilistiche. Il metodo più antico è la trasmissione meccanica detta "catenacciatura" per il fatto di essere costituita da tiranti, squadrette, bilance, leve, catenacci appunto. Tramite una serie di rimandi l’azione meccanica dell’esecutore si trasferisce dalla consolle ai somieri. Nei piccoli organi ad ala, così come negli strumenti più primitivi, la catenacciatura poteva essere ridotta o eliminata, dal momento che era lo stesso tasto ad aprire le valvole o a costituire per prolungamento il ventilabro stesso. Una soluzione così semplificata non è adottabile negli strumenti fissi per una serie di motivi tecnici: non corrispondenza dimensionale tra larghezza della tastiera e del somiere; lunghezza eccessiva dei somieri per l’inserimento di un cero numero di registri, con conseguente allungamento delle valvole e sforzo dello strumentista. Tuttavia il legame tasto-ventilabro, malgrado l’interposizione della meccanica, rimarrà sempre una costante nella vera tradizione organaria. Per conseguente induzione, ciascuna tastiera (manuale o pedaliera) sarà connessa ad un somiere e quindi ad un corpo d’organo. Cosa che bisognerà tenere ben presente se si vuole comprendere le esigenze spaziali-architettoniche dello strumento.

Vi sono due tipi principali di catenacciatura: quella sospesa, più usata, e quella a bilico. La prima fa uso di tiranti e perciò si sviluppa al di sopra dei tasti, assimilabili a leve del secondo ordine, mentre la seconda utilizza dei puntoni collocati sotto il manuale ed è ottima per particolari esigenze come il collegamento con corpi d’organo posizionati alle spalle della consolle (positivo tergale). Analogamente le manette dei registri sono provvisti di simili meccanismi. Anche se in apparenza il metodo della trasmissione meccanica appare complesso, esso è facilmente manutenibile con l’ausilio di una limitata attrezzatura: cacciaviti, pinze, filo di ferro. Per contro è più soggetto a scompensi statici, ambientali, termo-igrometrici (cedimenti, ingrossamento del legno, ossidazione e rilassamento di elementi metallici, perdita di elasticità di molle di ritorno ecc.); è più duro al tocco, dunque l’organo risulta più faticoso a suonarsi. Ma il grande pregio della catenacciatura consiste nel mantenere quel residuo di sensibilità al tocco che, come abbiamo precedentemente esposto, è ormai un’esigenza irrinunciabile per una corretta interpretazione della macchina-organo.

Esistono altri metodi di trasmissioni sviluppati a partire dal secolo XIX, primo fra tutti il sistema pneumatico, dapprima interpretato come semplice servomeccanismo per eliminare le durezze delle tastiere (leva Barker, 1835), quindi come trasmissione tubolare assai simile al circuito del freno di servizio nelle automobili, però con funzionamento ad aria. Presenta la possibilità di posizionare la consolle relativamente distante dal corpo dello strumento, ma comporta l’uso di meccanismi molto delicati e la manutenzione è un grosso problema, tant’è che in casi disperati si è dovuto passare al sistema elettrico. Ha anche il difetto di creare degli scompensi di pressione tra i vari canaletti, con ritardi nell’attacco e nello stacco delle note, come rileva Marco Enrico Bossi: "Il sistema tubolare sostituisce con felici risultati la catenacciatura, ma presenta qualche inconveniente se la distanza a percorrere, dal tasto al somiere, è troppo considerevole. Di preferenza si sostituisce alla meccanica della pedaliera, poiché ai manuali reca l’inconveniente che consiste nella elisione, causa il vento dell’uno e dell’altro dei canali vicini, per cui i due ventilabri del somiere non si chiudono con prontezza ed impediscono la chiarezza dei suoni, specialmente nei passi accelerati, trilli ecc." (M. E. Bossi, G. Tebaldini, Metodo teorico pratico per organo, Milano 1893, pag. 29) Fu il dott. Gaunslett nel 1851 il pioniere del sistema elettrico, anche se in Italia dovremo attendere il 1887 con l’applicazione da parte della ditta Bossi-Urbano dell’elettricità all’organo di S. Alessandro in Colonna a Bergamo, reso peraltro celebre per la precedente applicazione della più lunga catenacciatura meccanica che correva per oltre trenta metri sotto il pavimento della chiesa.

Nella trasmissione elettrica le tastiere sono assimilabili a una serie di interruttori collegati con fili a dei relè che provvedono all’apertura delle valvole. Naturalmente il sistema si è evoluto con il progresso delle telecomunicazioni, per cui si è passati dal semplice collegamento con grossi cavi coassiali, alla connessione tramite apposito "modem", per arrivare ultimamente all’interfaccia MIDI e ai raggi infrarossi. Con il sistema di trasmissione elettrico si raggiunge il massimo grado di libertà nella registrazione, che memorizzabili prima dell’esecuzione ed inseribili a piacere tramite l’elettronica. Questa possibilità tecnica ha dato origine, a nostro modo di vedere, ad un processo deleterio: l’organista viene stimolato psicologicamente a cambiare registrazione più di quando in realtà le esigenze dei brani non lo richiederebbero. In conclusione, sebbene non si debbano condannare i risultati della tecnologia di questi ultimi due secoli, occorre ricordare che lo strumento è frutto di un lavoro artigiano e non industriale: pertanto la trasmissione più idonea alla natura e alla tradizione dell’organo è certamente quella meccanica.

Il vento e i comandi dell’organista, cioè i fattori naturale ed umano, giungono alla cassa dell’organo, ossia ai somieri. Essi sono costituiti da casse lignee a tenuta sviluppate in larghezza e in profondità, dotate al loro interno di valvole (ventilabri) e provviste sulla faccia superiore di fori, su cui si innestano le canne immediatamente sopra ai rispettivi ventilabri.

Si possono distinguere in prima battuta somieri divisi a scomparti o liberi. Tra i primi si può individuare un’ulteriore classificazione tra i somieri a canale per tasto (metodo più antico) e a canale per registro (introdotti solo col pneumatismo) a seconda che la segreta sia divisa nel senso della profondità o della larghezza. Poiché ai meccanismi di regolazione del vento sono richiesti due diversi interventi (comando del registro e della nota), la struttura ventilabro-secreta è piuttosto complessa e può essere realizzata secondo vari metodi costruttivi.

I due sistemi storicamente più antichi, applicati a somieri a canale per tasto, sono quello a tiro e quello a vento. Il primo, più antico e diffuso soprattutto in Italia centro-meridionale e nei paesi esteri, consiste in una serie di ventilabri comandati dai tasti, mentre per la regolazione dei registri provvede una stecca forata posta sopra ai ventilabri che viene fatta scorrere mediante i caratteristici pomelli finché i fori non coincidono con quelli del somiere.

Il somiere a vento, usato soprattutto negli organi lombardi dell’ ’800, ha la complicazione di essere costituito da tanti "ventilabrini" alla cui sommità sono collocati dei borsini in pelle, in modo da occludere il foro di uscita del vento. Le valvole sono comandate dai tasti, mentre l’abbassamento dei borsini, tenuti a contatto col somiere tramite punte metalliche, non può avvenire se non è inserito il corrispettivo registro. Naturalmente questi antichi metodi non sono immuni da difetti.

“Gli inconvenienti comuni a codesti due sistemi di somieri sono:
1)      il tasto deve aprire un ventilabro assai lungo e largo tenuto chiuso da una molla e dalla forza dell’aria compressa, cosicché specialmente negli organi grandi le tastiere riescano assai dure e quasi insonabili quando due o tre di esse sono accoppiate tra loro;
2)      quando voglia l’organista dare a un tratto tutta la forza all’organo deve, premendo col piede una stanga, muovere tutte insieme le manette e v’hanno organi fra noi nei quali l’aprire il tiratutto generale richiede uno sforzo erculeo.

I difetti particolari ai due somieri sono i seguenti: nel somiere a tiro è difetto principale la grande difficoltà dello spianare convenientemente la tavola su cui scorrono le liste perforate, e malgrado ciò le frequenti perdite di vento il quale introducendosi tra le liste suddette va a far sonare le canne che devono tacere.

Altro sconcio e non lieve è quello che le liste di legno per quanto esso sia stagionato e compatto, pure è sempre più o meno soggetto agli effetti dell’umido e del secco, e ne consegue che, o non chiudono bene, o stentano a scorrere nelle loro guide. Nel somiere a vento è difetto principale la sua complicazione. Tanti ventilabrini, tante molle quante sono le canne, e queste e quelli imprigionati in uno scompartimento del somiere non mai accessibile, né all’occhio, né alla mano dell’organaro e molto meno dell’organista. Non parliamo poi della maggiore spesa che porta con sé il somiere a vento”. (Bossi, Tebaldini, op.cit., pag. 24)

Nei sistemi moderni i ventilabri sono sostituiti con pistoni o membrane comandati pneumaticamente o elettricamente. In questo modo ogni canna viene resa indipendente da tutte le altre e perciò rende inutili dal punto di vista meccanico le tradizionali divisioni in canali. È il risultato di un processo iniziato con l’inglese Trice (1847-1918) (somiere a pistoni) e con il cremasco Inzoli (somiere a doppio scompartimento). Il sistema tradizionale a canale per tasto rimane quello più pertinente anche perché garantisce la migliore distribuzione del vento. Infatti nei sistemi privi di canali ed a canale per registro le canne più grandi, che necessitano di maggiore aria, e quelle più piccole sono alimentate in modo comune in una medesima secreta e quindi si generano degli scompensi di pressione a danno delle canne più piccole. Esistono altri svantaggi collaterali derivati dall’adozione di somieri a canali per registro, come autorevolmente ci informa Luigi Ferdinando Tagliavini, uno dei più eminenti esperti di storia dell'organo e dell'arte organaria: “Da vari decenni l’esperienza degli organari e gli studi degli organologi hanno portato ad una completa rivalutazione del tipo di somiere a canale per tasto, nelle sue varianti "a stecche" e "a ventilabrini". Nel somiere a vento è difetto principale [Tale somiere] favorisce al massimo grado, da un lato la fusione dei vari registri, dall’altro la chiarezza e trasparenza polifonica. Nei somieri a canale per registro adottati dall’odierna organaria industriale il metodo di distribuzione dell’aria è stato invertito: le canne destinate a suonare assieme per formare un suono di combinazione sono infatti alimentate in maniera del tutto indipendente, a scapito della riuscita del timbro sintetico risultante. Nel somiere a vento è difetto principale Va altresì notato come l’attacco dei suoni nei somieri a pistoni e a membrana (i più diffusi del tipo a canali per registro) sia sempre aggressivo. Non va inoltre dimenticato che i somieri a canali per registro esigono una profondità assai maggiore di quella richiesta dai somieri a canali per tasto, con conseguente svantaggio per una logica sistemazione e per una buona resa sonora dello strumento”. (L. F. Tagliavini, Nuove vie dell’arte organaria italiana, in: L’Organo. Rivista di cultura organaria e organistica, n. 1-2, III, Bologna 1962, pagg. 87-88)

Fabbrica d'Organi Comm. Giovanni Tamburini
di Saverio Anselmi Tamburini - Crema

Nessun commento: