La musica è un’immagine virtuale della nostra esperienza del vivere come temporale, senza il suo duplice aspetto del ricorrere e del divenire.Wystan Hugh Auden, 1967
Delineare una fotografia esauriente delle più recenti tendenze della creazione musicale è spesso uno dei compiti che ci si assume nelle presentazioni dei festival dedicati alla musica contemporanea. Questi festival svolgono una funzione istituzionale di grande importanza nella vita della cultura europea e costituiscono motivo di sicuro interesse per gli addetti ai lavori, ma spesso si rivelano, purtroppo, lontani dalla grazia del pubblico, il quale non riconosce in alcuna delle musiche proposte “immagini virtuali” di esperienze vicine al proprio vissuto.
Per quanto ogni gesto di composizione musicale possa metaforicamente descriversi come l’arte di rimescolare un mazzo di carte “ben note”; di “innovare” a partire da una sorta di banca dati di suoni condivisi; per quanto le “novità” che incontriamo in un’opera d’arte che ascoltiamo per la prima volta siano - se ci limitiamo ad una riflessione razionale - non così destabilizzanti da lasciarci senza riferimenti culturali, ci si confronta spesso con giudizi del pubblico uniformemente negativi: alcun momento del concerto sembra aver donato emozioni o aver procurato autentico godimento. Una risposta, quasi “tecnica”, ci viene da Stravinskij:
"La storia degli accordi indica che gli accordi hanno a poco a poco abbandonato la loro funzione diretta di guida armonica e cominciato a sedurre con le loro grazie individuali".
In sostanza - secondo Stravinskij - ci viene a mancare la “guida armonica”, la narrazione, gli accordi non creano più una storia, e in qualche modo le “grazie individuali” degli oggetti musicali che ci vengono presentati, da sole, non ci affascinano abbastanza: eravamo forse, anche se probabilmente non consciamente, venuti al concerto per “ascoltare una storia”?
Descrivere la struttura di un’opera musicale, un processo che può evidentemente essere analizzato solo “in divenire”, è operazione complessa: è dunque naturale aiutarsi proponendo relazioni con altre forme d’arte. Il termine che più spesso ricorre nelle “guide all’ascolto” presenti nei programmi di sala è oggi quello di “forma”: termine tecnicamente appropriato ma fortemente referenziale in quanto immediatamente riconducibile all’associazione con le arti visive. L’attenzione primaria non sembra dunque rivolta a cogliere relazioni interne alle partiture musicali, per “rappresentarle” su un palcoscenico virtuale e illustrarne la drammaturgia, ma piuttosto a descriverle come sequenze, mutazioni, sovrapposizioni di “forme” sonore. Dunque - tornando ad Auden - sottolineare la rinuncia dell’arte contemporanea agli stereotipi del “ricorrere” e del “divenire”.
La percezione dell’arte contemporanea e la relativa valutazione è sicuramente problematica, difficile, discussa con criteri spesso incerti. Le arti, dal ‘900 in poi, hanno abbandonato il costante riferimento alle forme e ai valori del passato per iniziare un’avventura verso mete che vengono perseguite con ricerche di ogni tipo. Dice Massimo Cacciari: «È il tempo della vita nervosa, della percezione distratta, del lavoro generale senza qualità»; le arti sono entrate in questo turbine, il pubblico è disorientato, in un certo senso oscillante fra l’affidarsi alle rassicuranti glorie del passato e l’avventurarsi nello scomodo e insicuro terreno del nuovo, dell’oggi che non offre veri segnali per anticipare il domani.
La nuova stagione concertistica Ex Novo Musica 2014, che inaugura il secondo decennio di attività del Festival e festeggia il XXXV anniversario dalla nascita dell’Ex Novo Ensemble, è stata fortemente voluta a Venezia e per Venezia con il generoso sostegno delle più prestigiose istituzioni culturali cittadine; intende offrire una molteplicità di percorsi narrativi che si aprono alle più diverse esperienze musicali moderne e contemporanee senza rifiutare momenti di riflessione su musiche del passato e proposte di opere di autori di raro ascolto. La stagione si articola in tredici eventi non solo fortemente strutturati al loro interno ma anche concepiti per essere letti in “percorsi verticali” che stimolino più ampie riflessioni sulle musiche in programma. A tre serate dedicate alla musica contemporanea con sedici brani in prima esecuzione assoluta si affiancano a progetti concertistici di raro ascolto con la partecipazione di illustri esecutori, dalla voce di Monica Bacelli, alle presenze del flautista Giampaolo Pretto, del bayanista Germano Scurti e dei pianisti Massimo Somenzi e Maria Grazia Bellocchio. Due eventi sono riservati alle produzioni di musica elettronica tra cui quest’anno una proposta di ascolto delle interpretazioni originali fissate da Luigi Nono su supporto discografico per la prima volta diffuse in versioni multicanale utilizzando importanti fonti storiche conservate presso l’Archivio veneziano. La prestigiosa collaborazione tra Ex Novo Musica e il Centre de musique romantique française del Palazzetto Bru Zane ha dato vita a un focus sulla musica romantica francese con due affascinanti concerti rivolti alla riscoperta di questo avvincente repertorio.
Sincera riconoscenza il Festival desidera esprimere alle istituzioni veneziane che hanno voluto sostenerlo: la Fondazione Teatro La Fenice grazie alla sensibilità artistica del suo Sovrintendente Cristiano Chiarot; l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Venezia grazie alla competenza di Raffaele Speranzon; il Comune di Venezia che, pur vivendo una fase di complessa difficoltà istituzionale, ha inteso idealmente continuare a sostenere il progetto con determinazione.
Delineare una fotografia esauriente delle più recenti tendenze della creazione musicale è spesso uno dei compiti che ci si assume nelle presentazioni dei festival dedicati alla musica contemporanea. Questi festival svolgono una funzione istituzionale di grande importanza nella vita della cultura europea e costituiscono motivo di sicuro interesse per gli addetti ai lavori, ma spesso si rivelano, purtroppo, lontani dalla grazia del pubblico, il quale non riconosce in alcuna delle musiche proposte “immagini virtuali” di esperienze vicine al proprio vissuto.
Per quanto ogni gesto di composizione musicale possa metaforicamente descriversi come l’arte di rimescolare un mazzo di carte “ben note”; di “innovare” a partire da una sorta di banca dati di suoni condivisi; per quanto le “novità” che incontriamo in un’opera d’arte che ascoltiamo per la prima volta siano - se ci limitiamo ad una riflessione razionale - non così destabilizzanti da lasciarci senza riferimenti culturali, ci si confronta spesso con giudizi del pubblico uniformemente negativi: alcun momento del concerto sembra aver donato emozioni o aver procurato autentico godimento. Una risposta, quasi “tecnica”, ci viene da Stravinskij:
"La storia degli accordi indica che gli accordi hanno a poco a poco abbandonato la loro funzione diretta di guida armonica e cominciato a sedurre con le loro grazie individuali".
In sostanza - secondo Stravinskij - ci viene a mancare la “guida armonica”, la narrazione, gli accordi non creano più una storia, e in qualche modo le “grazie individuali” degli oggetti musicali che ci vengono presentati, da sole, non ci affascinano abbastanza: eravamo forse, anche se probabilmente non consciamente, venuti al concerto per “ascoltare una storia”?
Descrivere la struttura di un’opera musicale, un processo che può evidentemente essere analizzato solo “in divenire”, è operazione complessa: è dunque naturale aiutarsi proponendo relazioni con altre forme d’arte. Il termine che più spesso ricorre nelle “guide all’ascolto” presenti nei programmi di sala è oggi quello di “forma”: termine tecnicamente appropriato ma fortemente referenziale in quanto immediatamente riconducibile all’associazione con le arti visive. L’attenzione primaria non sembra dunque rivolta a cogliere relazioni interne alle partiture musicali, per “rappresentarle” su un palcoscenico virtuale e illustrarne la drammaturgia, ma piuttosto a descriverle come sequenze, mutazioni, sovrapposizioni di “forme” sonore. Dunque - tornando ad Auden - sottolineare la rinuncia dell’arte contemporanea agli stereotipi del “ricorrere” e del “divenire”.
La percezione dell’arte contemporanea e la relativa valutazione è sicuramente problematica, difficile, discussa con criteri spesso incerti. Le arti, dal ‘900 in poi, hanno abbandonato il costante riferimento alle forme e ai valori del passato per iniziare un’avventura verso mete che vengono perseguite con ricerche di ogni tipo. Dice Massimo Cacciari: «È il tempo della vita nervosa, della percezione distratta, del lavoro generale senza qualità»; le arti sono entrate in questo turbine, il pubblico è disorientato, in un certo senso oscillante fra l’affidarsi alle rassicuranti glorie del passato e l’avventurarsi nello scomodo e insicuro terreno del nuovo, dell’oggi che non offre veri segnali per anticipare il domani.
La nuova stagione concertistica Ex Novo Musica 2014, che inaugura il secondo decennio di attività del Festival e festeggia il XXXV anniversario dalla nascita dell’Ex Novo Ensemble, è stata fortemente voluta a Venezia e per Venezia con il generoso sostegno delle più prestigiose istituzioni culturali cittadine; intende offrire una molteplicità di percorsi narrativi che si aprono alle più diverse esperienze musicali moderne e contemporanee senza rifiutare momenti di riflessione su musiche del passato e proposte di opere di autori di raro ascolto. La stagione si articola in tredici eventi non solo fortemente strutturati al loro interno ma anche concepiti per essere letti in “percorsi verticali” che stimolino più ampie riflessioni sulle musiche in programma. A tre serate dedicate alla musica contemporanea con sedici brani in prima esecuzione assoluta si affiancano a progetti concertistici di raro ascolto con la partecipazione di illustri esecutori, dalla voce di Monica Bacelli, alle presenze del flautista Giampaolo Pretto, del bayanista Germano Scurti e dei pianisti Massimo Somenzi e Maria Grazia Bellocchio. Due eventi sono riservati alle produzioni di musica elettronica tra cui quest’anno una proposta di ascolto delle interpretazioni originali fissate da Luigi Nono su supporto discografico per la prima volta diffuse in versioni multicanale utilizzando importanti fonti storiche conservate presso l’Archivio veneziano. La prestigiosa collaborazione tra Ex Novo Musica e il Centre de musique romantique française del Palazzetto Bru Zane ha dato vita a un focus sulla musica romantica francese con due affascinanti concerti rivolti alla riscoperta di questo avvincente repertorio.
Sincera riconoscenza il Festival desidera esprimere alle istituzioni veneziane che hanno voluto sostenerlo: la Fondazione Teatro La Fenice grazie alla sensibilità artistica del suo Sovrintendente Cristiano Chiarot; l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Venezia grazie alla competenza di Raffaele Speranzon; il Comune di Venezia che, pur vivendo una fase di complessa difficoltà istituzionale, ha inteso idealmente continuare a sostenere il progetto con determinazione.
Aldo Orvieto (Ex Novo Musica 2014)
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