Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

domenica, aprile 22, 2018

Steve Reich: Musica da camera: una prospettiva più ampia

Steve (Stephen Michael) Reich (1936)
Stamattina vorrei parlare di una musica e di un ensemble un po’ diversi da quelli cui si riferisce di solito la definizione di “musica da camera”. Il mio punto di vista sarà personale.
Sono un compositore che, tra l’altro, scrive anche musica per il proprio ensemble, che quasi in ogni pezzo comprende dai quattro ai nove percussionisti. Durante i nostri concerti, è normale che il pubblico veda più di una marimba, vibrafoni, glockenspiel, grancasse e così via, oltre a tastiere, archi, fiati, voci e, di solito, microfoni. E' un mondo diverso da quello del quartetto d’archi o del quintetto di fiati, eppure suoniamo anche noi con un interprete per parte, senza direttore.
Il mio ensemble, formato nel 1966 da tre musicisti, ne comprende oggi oltre diciotto. Ciononostante, quando suoniamo opere con ampio organico come Music for Eighteen Musicians, c'è sempre un solo interprete per parte e non vi è direttore. In Music for Eighteen Musicians il vibrafono dà dei segnali sonori agli altri musicisti per indicate il passaggio alla battuta successiva, dopo un numero variabile di ripetizioni. Il direttore non è necessario neanche per indicare il tempo, dato che il tempo iniziale viene mantenuto sino alla fine, con leggere variazioni dovute agli esseri umani; in tutto il pezzo, chi suona il clarinetto basso principale indica con lo sguardo agli altri musicisti le uscite e le entrate. Comunque la si intenda, si tratta di una prassi tipica della musica da camera, anche se con diciotto musicisti sul palco di solito non vi si pensa come al termine descrittivo piu adatto.
Che tipo di musicisti fanno parte dell’ensemble? Tutti provengono da scuole come Eastman, Curtis, Juilliard, Oberlin, Manhattan, e da altri conservatori. In seguito molti hanno cominciato a interessarsi alla musica non occidentale, alla musica antica o al jazz. Per esempio: Russel Hartenberger, percussionista, ha un Ph.D (dottorato) della Wesleyan University in mrdangham, tamburo dell’lndia meridionale, e suona anche musica africana e indonesiana; Bob Becker, un altro percussionista, ha un Ph.D. della Wesleyan University in tabla, il tamburo dell'India settentrionale, e suona anche musica africana e indonesiana; Cheryl Bensam, soprano, ha cantato con il Waverly Consort e con altri gruppi di musica antica; Ben Harms, un altro percussionista, suona con Calliope - A Renaissance Band; Jay Clayton, contralto, e principalmente una cantante jazz; Nurit Tilles, pianista, ha studiato gamelan sundanese nel 1973.
Com'è che la musica non occidentale, la musica antica e il jazz sono un ottimo campo di esperienza per i musicisti del mio gruppo? Uno dei motivi riguarda il ritmo: ho bisogno di musicisti che abbiano uno spiccato senso ritmico e ai quali piaccia suonare musica in cui possono esprimerlo. La musica antica, nella maggior parte dei casi, condivide con il jazz e con la musica non occidentale un ritmo basato su pulsazioni stabili. Per poterla controllare e trarre soddisfazione dall’eseguirla, un interprete deve essere dotato di un senso molto preciso del ritmo regolare ed esercitarlo con piacere. Altri interpreti preferiscono invece il ritmo più gestuale che si riscontra nella musica romantica tedesca.
Il mio ensemble comprende da quattro a nove percussionisti che hanno un ruolo fondamentale in gran parte delle mie opere. Nella musica balinese e africana, dove i percussionisti svolgono il ruolo principale, la loro abilita ritmica deve essere formidabile. La percussione è la voce dominante negli insiemi africani e indonesiani, così come gli archi nelle formazioni occidentali classiche. Nel mio gruppo, gli strumenti a percussione sono spesso la voce dominante, anche se certo non li utilizzo per imitare il suono della musica africana, indonesiana o di qualunque altra tradizione non occidentale.
Ho scoperto che per me il modo migliore di avvicinarmi, come compositore, alla musica non occidentale consiste nel trarre spunto dalla struttura anziché dal suono. Imitare suoni non occidentali può portare all’uso del sitar nei gruppi rock o a quelle che una volta si chiamavano “cineserie”; imparare dalle strutture non occidentali mentre si continua a far riferimento alle scale e ai timbri con cui si e cresciuti, può portare invece a qualcosa di autenticamente nuovo. Il processo e analogo all'apprendimento di una tecnica contrappuntistica occidentale, come il canone circolare o infinito. Si possono ascoltare canoni come Sumer is icumen in, oppure in Josquin Despres, in Bach, in Bartok, in Webern e nella mia stessa musica: risultano forse uguali? Certamente no. L'idea di una linea musicale alla quale fa seguito un’altra identica, ma in posizione ritmica diversa, non contiene informazioni sul suono. Analogamente, le idee pertinenti alla struttura ritmica della musica africana e balinese si possono applicare a qualunque tipo di suono.
La musica antica e il jazz costituiscono un'area di esperienze valida per i componenti del mio ensemble anche dal punto di vista dello stile vocale. La musica medioevale, rinascimentale e barocca richiede voci più leggere, più naturali, con meno vibrato rispetto alle voci del belcanto o dell’opera wagneriana. Questo è lo stile adatto alla mia musica. Perché? La voce operistica doveva farsi udire al di sopra dell’orchestra in sale piuttosto grandi, in un’epoca che precede l’invenzione dei microfoni. Questa invenzione e la sua diffusione nella musica popolare durante il XX secolo ha consentito a voci più leggere, con poco o senza vibrato, di farsi udire nei particolari anche accompagnata da una band o da un’orchestra dalla sonorità molto potente. Nel clima attuale, trovo la voce operistica generalmente artificiale, troppo potente e sgradevole all’ascolto. Oggi possiamo disporre di microfoni, che adopero con cantanti che si sentono a proprio agio con questi strumenti; cosi le voci si possono ascoltare nei particolari, anche in un ensemble che comprende molti strumenti a percussione, anche se sono leggere e con poco vibrato o senza, adatte alla musica contrappuntistica che scrivo. Interpreti con questo tipo di voce si possono trovare nel mondo della musica antica e del jazz, dal quale perciò provengono anche i cantanti del mio ensemble.
I musicisti del mio gruppo hanno anche quella che chiamerei “la mentalità dell’interprete di musica da camera”. Quando ero studente, ricordo che si notava una netta distinzione tra il comportamento degli studenti che intendevano entrare in orchestra rispetto a quelli che volevano dedicarsi alla musica da camera. La differenza si può ricondurre ad alcune scelte di base: lo strumentista d’orchestra può farsi assumere da un’istituzione e sperare di restarvi, o magari di passare a un’orchestra migliore; chi invece fa musica da camera, escludendo il raro caso di un posto che si libera in un ensemble già affermato, deve formare il proprio gruppo e/o suonare in vari gruppi per sopravvivere. In altri termini, il musicista che suona in insiemi da camera deve crearsi una propria attività.
I musicisti del mio ensemble suonano anche con altri gruppi, dato che facciamo solo un numero limitato di concerti ogni anno, negli Stati Uniti e all’estero. Molti di loro, dotati di spirito d’indipendenza, hanno dato vita a un loro ensemble. Per esempio: Russ Hartenberger e Bob Becker sono tra i fondatori dell’ensemble di percussioni Nexus; Nurit Tilles e Edmund Niemann hanno formato un duo di tastieristi, il Double Edge; James Preiss ha fondato il Manhattan Marimba Quartet; Ben Harms è tra i fondatori di Calliope - A Renaissance Band. Questi musicisti si dedicano agli altri loro gruppi contemporaneamente all’impegno con il mio. Quando definiamo la data di un concerto, il mio manager deve tenere conto anche dei loro impegni: sembra che l'organizzazione funzioni.
La questione di come guadagnarsi da vivere, comunque, è solo una delle componenti. Alla base di tutto ci sono sempre delle scelte musicali. Nella musica da camera l'accento è sull’insieme, non sul solista. La mia musica spesso è composta da canoni multipli all’unisono in diverse posizioni ritmiche, che si svolgono a tre, quattro o più voci. Le difficoltà nel suonare questo tipo di musica, almeno i miei pezzi degli anni Sessanta e Settanta, non riguardano di solito le singole parti ma piuttosto il modo in cui queste parti si intrecciano in precise e a volte insolite posizioni ritmiche nel tessuto contrappuntistico complessivo. Spesso non è facile da suonare: basta dare un’occhiata alla partitura per rendersene conto. E' una sfida per chi ama far parte di un gruppo dall’insieme perfetto, in cui si possono distinguere tutti i dettagli. Questo è il tipo di musicista che cerco ed è, per così dire, nel mondo della “musica da camera in senso lato” che si può trovare.
Infine, qualche nuovo sviluppo nell’ambito di forme antiche: un pezzo per quartetto d’archi e nastro dal titolo Different Trains. Dopo avervi raccontato che scrivo musica per formazioni cameristiche insolite, con un bel po' di percussioni, ora vi dirò anche che ho scritto per quartetto d'archi, ma non proprio come ci si potrebbe aspettare. Different Trains, completato nel 1988, mi è stato commissionato da Betty Freeman per il Kronos Quartet. E' un pezzo per quartetto d’archi e nastro magnetico e inaugura un nuovo modo di comporre le cui radici risalgono ai miei pezzi con parlato su nastro magnetico It's gonna rain (1965) e Come Out (1966). Il concetto fondamentale è che registrazioni di parlato possano generate il materiale per gli strumenti musicali.
L’idea dell’opera e legata alla mia infanzia. Quando avevo un anno, i miei genitori si sono separati; mia madre si trasferì a Los Angeles e mio padre rimase a New York, con l’accordo di dividersi la mia custodia. Ho dovuto così viaggiare in treno di frequente tra New York e Los Angeles dal 1939 al 1942, accompagnato dalla mia governante. Questi viaggi erano eccitanti e romantici al tempo stesso. Oggi nel rievocarli penso che, se fossi stato in Europa in quel periodo, come ebreo mi sarei ritrovato a viaggiare su treni molto diversi. Volevo comporre un'opera che riflettesse esattamente la situazione. Per preparare il nastro, ho dovuto:
  1. registrare la mia governante Virginia, che oggi ha oltre settant’anni, mentre rievocava i nostri viaggi in treno insieme;
  2. registrare un autista di pullman in pensione, Lawrence Davis, che oggi ha oltre ottant’anni e che era solito percorrere le linee tra New York e Los Angeles, mentre parlava della sua vita;
  3. raccogliere registrazioni dei sopravvissuti all’olocausto, Rachella, Paul e Rachel - tutti all’incirca miei coetanei, oggi vivono in America - che raccontano le loro esperienze;
  4. raccogliere delle registrazioni di suoni di treni americani ed europei degli anni Trenta e Quaranta
Per combinare il parlato registrato con gli strumenti ad arco ho selezionato dei brevi campioni di parlato dall’intonazione più o meno precisa e li ho trascritti il più accuratamente possibile in notazione musicale
Gli archi imitano letteralmente la melodia del parlato. I campioni di parlato, come pure i suoni di treno, sono stati trasferiti su nastro con l’uso di campionatori a tastiera e di un computer. Ho aggiunto tre quartetti d’archi separati sul nastro preregistrato, mentre la parte finale per quartetto dal vivo viene aggiunta nell’esecuzione.
Different Trains è in tre movimenti, nel senso più ampio del termine dato che i tempi cambiano di frequente in ciascun movimento. I tre movimenti sono:
- America - Prima della guerra
- Europa - Durante la guerra
- Dopo la guerra
L'opera presenta una realtà sia musicale sia documentaria e inaugura una nuova direzione musicale introducendo elementi teatrali in una forma tradizionale di musica da camera. Il teatro è, per cosi dire, immaginario dal momento che non vi è nulla di visivo al di là dei musicisti. Comunque, Different Trains punta in una direzione che prevedo porti a un nuovo genere di teatro musicale video-documentario in un futuro non troppo distante.
La storia della musica da camera, insomma, è in pieno svolgimento.
Gennaio 1989

[Chamber music, an expanded view, articolo inedito letto all’Annual Meeting della Chamber Music America, New York, gennaio 1989]
 
a cura di Enzo Restagno (REICH, Autori vari, Edt, 1994)


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