Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

martedì, maggio 01, 2018

Thomas Bernhard intervistato da Krista Fleischmann

Krista Fleischmann e Thomas Bernhard
(Foto: Mussil)
Parte di una intervista a Thomas Bernhard realizzata a Madrid nel 1986 della giornalista televisiva austriaca Krista Flesischmann.
 
(...)
FLEISCHMANN
Allora crede che sia finito tutto?
BERNHARD
Il mondo non finirà mai, anche se si frantumasse in corpuscoli - si dice sempre, che è cominciata l’era della divisione, no? - in qualche forma esisterà sempre. Magari come strame per gatti. Mica lo so io quando finirà e dove. Forse finirà su Marte come strame per gatti. In fondo è possibile.
FLEISCHMANN
Ma Auslöschung è da intendersi anche in senso metaforico. Ritiene che tutto si stia estinguendo?
BERNHARD
Non intendo l’universo, e nemmeno il mondo. Mi riferisco solo al mio piccolo ambiente e da lì si fanno sempre deduzioni sul mondo. Se lei oggi ha la tosse e tossisce violentemente, é molto più significativo pensare che la tosse stia sconvolgendo il mondo, piuttosto che la sua sola cassa toracica. Così la tosse acquista qualità, e lo stesso ovviamente accade con un libro. Se quando scrive un libro, lo scrive solo per sé, e lo legge la nonna, il nonno e un germanista imbecille, è troppo poco. Bisogna irradiare e non solo il mondo, ma l'universo. Ogni parola un colpo andato a segno, ogni capitolo un’accusa al mondo e l’insieme una rivoluzione totale, del mondo intero, sino all’estinzione totale. Ma Cosa significa estinzione? L’inizio del nuovo. Lo sa bene. Dove c’è una fine, come si dice sempre, c’è anche un inizio. Johann Sebastian - dicono sempre gli speaker, non dicono mai Johann Sebastian, dicono sempre Johann Sebastian - l’aveva già detto, lui sì che era in gamba. Ha avuto un sacco di figli che gli hanno fatto tutto, metteva i piedi nel catino, componeva un po’, la moglie lo pettinava, la figlia, la maggiore, lo massaggiava e i figli maggiori componevano per lui. E lui se ne stava seduto e aggiungeva qualcosina. Questi sono i grandi dell’arte, non si deve dimenticare come nascono queste cose, con quale tremenda intensità e abnegazione naturalmente. Colossale, davvero. Ce l’ha presente il Concerto brandeburghese numero due? Sa che cosa contiene?
FLEISCHMANN
Cosa contiene?
BERNHARD
Tutto; ciò che era accaduto sino a quel momento, completamente. Perché non lo si può far capire? Appunto per questo è grande arte, perché in tutto ciò che si fa in quel momento c’è sempre tutto, solo che in genere non si vede e dunque non ci si bada molto. Si dice "non disprezzate i miei maestri" e questo la dice già lunga, solo che la gente non lo prende sul serio. Solo perché stanno all’opera, si fermano in superficie. Mentre l’arte più profonda è proprio quella operistica.
FLEISCHMANN
Come mai?
BERNHARD
Non lo nota qui a Madrid? Placido Domingo, vuol dire Domenica, no? Il signor Domenica va in giro per Madrid e irradia tutto ciò che è possibile irradiare nel mondo. Non solo con la sua voce, non è poi così come si crede, non è affatto così buona. Ma la cosa più grossa, quel terremoto che ha dentro, quella tarantella messicana che diffonde in continuazione: questo è l’erompente. L’arte vera sta nel cantante, non nel poeta, questo è un grave errore. Oltretutto la prima espressione artistica è stata un suono, un suono umano. Strumenti non ce n’erano ancora. Il grido. Una volta si diceva il bambino strilla. Oggi si dice il cantante canta. In fondo è la stessa cosa. Non è cambiato nulla. Una volta il bambino era nudo, ancora non esistevano le industrie tessili, e oggi i cantanti hanno dei costumi magnifici. Qualche volta costano due milioni e mezzo di scellini, perché il suono venga fuori davvero, visibile per l'umanità. Un suono senza costume da due milioni oggi non è più suono, non lo si sente più. Il porpora, l’oro, l’argento devono vibrare come la lingua nel palato, rimbombare e commuovere il mondo. Le basta solo aprire i giornali, Domingo commuove il mondo intero. E' un dominatore del mondo. Cesare al confronto non era assolutamente nulla. Un modesto bevitore di caffe!
FLEISCHMANN
Anche lei voleva diventare un cantante!
BERNHARD
No, volevo diventare Cesare; ma purtroppo era impossibile. Già i genitori me l’hanno detto: "ti lasciamo in pace, ma ti diamo un consiglio, lascia perdere Cesare, non è possibile". Allora ho provato a diventare un cantante, ma mi chiamo Bernhard e non Domenica, e per questo la carriera in un certo senso non era poi tanto possibile, sebbene abbia cantato tutte le parti più importanti. Basso-baritono, è una scala gigantesca. Wagner, a diciassette anni già cantavo i grandi ruoli wagneriani, a diciotto sono passato a Mozart, a venti mi sono modestamente accontentato di Bach. In chiesa ho cantato dal Libro dei canti di Anna Magdalena, molto bene, davvero. Ero così commosso, io stesso, che mentre cantavo lacrimavo. L’apice l’ho raggiunto con l’Ave Maria di Bruckner nella chiesa di St. Veit nel Pongau. Ecco, una cosa così bella non l’ho proprio mai sentita in vita mia. E da lì forse è scaturito anche un certo egoismo. Sicuramente è un po’ esagerato pensare in questo modo, direi - la gente dice sempre così. E' vero che poi lo dice, ma dicono sempre "direi", e l’hanno già detto. - Direi in un certo senso che questo conteneva già il germe della perdizione. Ci vuole una certa arroganza per cantare contro Cristo e il Signore Iddio, non è possibile a diciott’anni. In fondo erano tutti inorriditi.
FLEISCHMANN
Chi era inorridito?
BERNHARD
La gente in chiesa, c’era un convento di monache lì vicino, erano così scosse!
FLEISCHMANN
E oggi canta ancora?
BERNHARD
Al gabinetto, li c’è l’acustica migliore. Tutta l’opera classica e classicissima e la letteratura da oratorio. Vastissima. - Alla fin fine è indifferente, perché nessuno sta a sentire ciò che si canta. Il contenuto lo leggono nel programma. Ascoltano dei suoni, ma non hanno la minima idea del contenuto, a meno che il nonno non glielo abbia raccontato da bambini. I nonni hanno sempre raccontato benissimo i contenuti delle opere. Le nonne hanno sempre raccontato fiabe, ma i nonni, quelli di città, hanno sempre spiegato le grandi opere, dall’inizio alla fine.
FLEISCHMANN
Anche suo nonno l’ha fatto?
BERNHARD
Lui odiava l’opera. L’ho portato solo una volta a vedere La traviata, perché io da ragazzo, da adolescente, ero uno di quei fanatici dell’opera, e mio nonno per farmi piacere c’è venuto, e ha pure detto "magnifico", ma quando mi sono voltato non c’era più, era andato via dopo il primo atto. Dopo ha detto "l’opera è la cosa più innaturale e orrenda che ci sia al mondo". Mi ha dato da pensare, devo dire. Nel mio entusiasmo si è insinuata una leggera frattura, una specie di crepa sottile - nella parete, come si suol dire, così è accaduto nella mia percezione dell’opera. E' davvero formidabile, quando un nonno manifesta dei dubbi sulla grande arte. - Ecco, così stanno le cose con la grande arte e le sue conseguenze. - Beh, la Spagna è qualcosa di meraviglioso, questo è proprio chiaro.
FLEISCHMANN
Cosa c’è di meraviglioso in Spagna?
BERNHARD
Il rigore, è sempre stato il rigore, a differenza dell’Italia, che ostenta in tutto una leggerezza superficiale, piacevolissima per la massa, che gradisce queste cose. La Spagna invece non è così affabile, ma piuttosto riservata, più severa, Il regime è sempre stato più severo. E il vino un po’ più aspro, la gente un po’ più scortese, no?
FLEISCHMANN
E qui si trova bene?
BERNHARD
Le auto puzzano un po’ di più, molto piacevole, e c’è una bella architettura e un terreno rognoso. Ma questo mi piace. Si viaggia per cento chilometri e si vede solo deserto. Nient’altro che regioni aride, in sostanza è un’unica, gigantesca discarica, fino a Toledo.
(...)

Conversazioni con Thomas Bernhard ("Un incontro", SE, 2003)

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