Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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giovedì, aprile 01, 2021

Festival "Autunno di Varsavia" 1977

Il tratto caratteristico del Festival Inter
nazionale della Musica Contemporanea "Autunno di Varsavia" dell'anno 1977 è stato una specie di riconciliazione con il passato. Dopo venti anni di esistenza questa manifestazione ribelle ed avanguardistica fino a poco, tempo fa, si è riconciliata con la tradizione fino al punto che nel suo programma si è trovato posto per le musiche di Monteverdi, Pergolesi e Debussy. E' vero che questa concessione è stata fatta per la cantante Cathy Barberian, tuttavia un gesto del genere pochi anni fa difficilmente avrebbe potuto aver luogo. L'avanguardia mondiale in genere e quella polacca in specie già da circa dieci anni pian piano cercano di riconciliarsi con la tradizione ma mai finora avevano aperto ad essa le braccia così largamente come all’ultimo "Autunno di Varsavia".
Chi frequentava i primi festival di Varsavia e dopo una lunga assenza è venuto alla sua edizione 1977, certamente ha costatato che si trattava di una manifestazione ben diversa. In sostanza però il festival non è cambiato affatto, giacché rimane sempre lo specchio dell'attuale creazione musicale. E' cambiata solo questa creazione. Negli anni sessanta la ambizione di ogni compositore constava nel mostrare qualche cosa di inedito perfino in ogni nuova composizione, oggi invece i giovani compositori non nutrono ambizioni di innovazione spettacolare. Ciò non significa che ad essi sono diventate estranee le ricerche creative e che tutto si limita alla riproduzione dei modelli già esistenti. E' cambiato solo il terreno di ricerca. Se prima i giovani esploravano le regioni vergini, adesso - al contrario - si muovono sul terreno a tutti noto, cercando solo le stradine meno frequentate.
Nessuno dei giovani compositori polacchi che hanno preso parte nell’ultimo "Autunno di Varsavia" ha presentato un'opera che si potrebbe chiamare d’avanguardia; nessuno ha composto un'opera del genere di musica "pura". Tutti hanno mostrato composizioni tinte degli elementi extra-musicali. Anche numerose opere dei compositori polacchi della generazione più anziana erano in modo più palese o più occulto impostate sul descrittivismo. Così Henryk M. Gorecki nella sua III Sinfonia per soprano solo e orchestra, si basa sulle due melodie popolari e sfrutta due testi letterari. Wojciech Kilar ha composto un autentico poema sinfonico di cui la trama si basa su eventi nelle montagne di Tatra. Wlodzimierz Kotonski non ha rivelato il contenuto extra-musicale della sua Rosa dei venti, ma una illustrazione abbastanza percepibile del mormorio del mare fa sì che anche questa composizione occorre sia annoverata nel gruppo di composizioni non autonome. Appartengono a questo modello anche le opere quali Canti polacchi di Krzysztof Meyer, La malattia mortale di Tomasz Sikorski ed alcune altre. La corrente della musica sacra è stata rappresentata da un’opera assomigliante all’oratorio (quattro solisti, coro, tre arpe, organo) Universal Prayer di Andrzej Panufnik, compositore polacco residente in Inghilterra.
Tra le 25 opere polacche eseguite quest'anno al festival solo una decina apparteneva decisamente alla musica "assoluta". Tra esse si trovano: Mi-parti di Witold Lutoslawski, Ad libitum di Kazimierz Serocki e il Concerto per pianoforte e orchestra di Zygmunt Krauze. Queste tre opere sono state universalmente riconosciute come le migliori. Come quarta composizione molti indicano la III Sinfonia di Gorecki, ma c’e anche chi esprime opinioni contrarie. Questa Sinfonia è l'unica opera del festival che ha suscitato discussioni.
Calma, serenità e tendenza a creare un dialogo con il mondo non-musicale hanno caratterizzato anche molte opere dei compositori stranieri, partecipanti del festival. Crumb, Marco, Lachenmann, Andriessen, Takemitsu, Zechlin, Payne, Enriquez, Widovszky, Luganski - hanno presentato quest’anno composizioni più o meno programmatiche o in un'altra maniera sconfinanti dalla musica "pura". A loro hanno dato una mano sia i "classici del XX secolo": Stravinski (Messa) e Dallapiccola (opere vocali-strumentali), sia i debuttanti all’Autunno, due tedeschi dalla DDR che fanno un tandem compositivo-interpretativo: Hans-Karsten Raecks e Günther Sommer (riuscita simbiosi tra la musica "grande" e il jazz) come anche uno dei principali esponenti francesi della musica elettronica Jean-Claude Risset, che ha legato in modo interessante la voce femminile con il nastro magnetico. Le composizioni più interessanti - oltre alle opere universalmente riconosciute di Stravinski, Honegger, Hindemith, Prokofiev e Sciostakovic - sono Folk songs di Luciano Berio, la III Sonata per pianoforte di Pierre Boulez e Marginalia di Torn Tagemitsu. Quest’ultima cerca in modo armonioso di legare la tradizionale musica giapponese con le tradizioni europee.
E' sintomatico che tutti i compositori menzionati hanno già oltrepassato la quarantina. L’"Autunno di Varsavia" si basa dunque sugli autori della generazione media e anziana. Ma questa siccità di giovani di talento si nota non soltanto in Polonia ma anche in tutto il mondo.
La mancanza del flusso delle forze nuove ha dovuto per forza influire sull'aspetto del festival di Varsavia. Non soltanto la musica è diventata più blanda, ma anche il pubblico. Mentre prima si applaudiva e si fischiava dopo una prima esecuzione di ogni opera o quasi, oggi quasi tutto viene accettato pacificamente.
Nonostante una certa stasi l’ultimo "Autunno di Varsavia" non è stato peggiore degli altri, anzi, secondo l’opinione concorde dei critici, recensori ed ascoltatori, apparteneva ai più riusciti. Su ciò ha influito la scelta del repertorio assai curata e la ragionevole regia della manifestazione. Il pomeriggio si facevano concerti da camera, la sera - manifestazioni di carattere più leggero oppure sperimentale. La "sperimentazione" vuol dire qui non tanto una corsa verso il futuro in avanti, quanto "ai lati" - cioè alle regioni vicine (jazz, folklore, musica popolare) e verso le arti imparentate (teatro, pittura, scultura ecc.).
Sulla opinione generale positiva sull’ultimo "Autunno" ha influito anche la partecipazione di alcuni insigni solisti e complessi strumentali. Ecco alcuni nomi: Cathy Berberian, Maurizio Pollini, Henryk Szeryng, Bertram Turetzky, Jane Manning, Akeo Watanabe, Peter Burwik con il suo "Ensemble 20. Jahrhundert" da Vienna, la Symphonieorchester des Norddeutschen Rundfunks di Amburgo, la Tokyo Metropolitan Symphony Orchestra, la Gewandhaus Orchester di Lipsia e i più celebri artisti polacchi: il soprano Stefania Woytowicz, la sua eccellente giovane collega Olga Szwajgier, il baritono Andrzej Hiolski, i direttori Jan Krenz, Andrzej Markowski, Jerzy Maksymiuk.
La mancanza dei grandi talenti e delle nuove idee, stili e direzioni è la causa del fatto che l’"Autunno di Varsavia" è diventato una selva di musica, o più precisamente, di molte varie musiche in cui un ascoltatore anche ben familiare con la musica contemporanea può perdersi. Per dire la verità questo festival, largamente aperto a tutti gli stili, tranne un palese eclettismo, era sempre una specie di selva. Finora però ogni anno c’era qualche cosa che in questa selva si distingueva. Quest’anno per la prima volta non esisteva una simile dominante.
In questa selva ognuno ha potuto scegliere tutto ciò che più gli piaceva, giacché nel programma - al di fuori dell’opera e del balletto - c'era in sostanza tutto.
Le moderne forme "aperte" mescolate con quelle classiche. Le nuovissime composizioni elettroniche e i poemi sinfonici. I capolavori dei classici del XX secolo e i lavori portanti il timbro dell’attualità, ma che certamente lasceranno il tempo che trovano. Le composizioni di americani e russi, francesi e giapponesi, tedeschi "occidentali" e "orientali", rumeni e spagnoli, ungheresi e italiani, e naturalmente i polacchi, padroni di casa, quantitativamente dunque più numerosi.
Dopo i polacchi i più numerosi sono stati i tedeschi e gli italiani. Il pubblico polacco ha avuto occasione di conoscere le nuove opere di Luciano Berio, Luigi Nono, Niccolò Castiglioni e dell'ormai "classico" Luigi Dallapiccola, al quale è stata dedicata la metà di un concerto (interpreti: il soprano Jane Manning e l’"Ensemble 20. Jahrhundert" di Vienna, diretto da Peter Burvik).
Accanto ai celebri autori italiani c'erano anche interpreti non meno celebri. L’illustre Maurizio Pollini, che aveva cominciato la sua grande carriera proprio a Varsavia nel 1960 come vincitore del I premio al Concorso "Chopin", ha dato un recital composto da musiche di Schönberg, Nono e Boulez. Anche la fenomenale Cathy Barberian ha dato un recital o piuttosto uno "show" di rnusiche di varie epoche e stili da Monteverdi fino ai... Beatles. Inoltre nel quadro di un altro concerto ha eseguito Folk Songs di Berio.
I concerti "italiani" appartenevano ai più interessanti del festival e Cathy Barberian è stata riconosciuta come la migliore solista.
Tadeusz Kaczynski
(traduzione di W. Sandelewski)

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