Il valore, l’importanza, e la misura di Dmitrii Dmitriyevich Shostakovich come artista creativo non conoscono confini, pur tuttavia egli è innanzitutto un uomo e un compositore profondamente russo. E’ del tutto possibile che questa consapevolezza dell’avere numerosi attributi, che sono il cuore della cultura e tradizione russe e che lo avvicinano a Andrei Rublev, Pushkin, Dostoevsky e Lenin, ci aiuti a capire la sua arte e la sua vita.
Esistono, tuttavia, altri legami non deducibili.
Le composizioni di Dmitrii Dmitriyevich Shostakovich si elevano davanti a noi come radiose vette di montagna, e ci richiamano alla mente l’arte shakespeariana. Fortunatamente, Dmitrii Dmitriyevich è ora all'apice del suo genio e del suo enorme potere creativo; e noi, suoi grati contemporanei, ci rallegriamo con lui per il suo compleanno, e per la guarigione da una malattia recente che gli ha colpito il cuore, un cuore che ha spazio per tutti noi; e noi preghiamo e speriamo che sia ancora presto per fare un compendio della sua arte. La speranza di essere testimoni della nascita e realizzazione di molte opere da parte di questo famoso compositore ci riempie di felicità.
Se proseguiamo nell'analogia con Shakespeare, associamo l’arte di Shostakovich ad immagini abissali, sommovimenti del terreno, rapide, che consumano nella loro corsa inesorabile l’uomo e la natura, come in “Lady Macbeth di Mtzensk”, o nel dolore insopportabile della Decima Sinfonia, accanto alle vette quasi irraggiungibili della maggior parte delle sue sinfonie, dei quartetti, dei preludi e fuga, la seconda sonata per solo pianoforte, il ciclo vocale sulle poesie di Pushkin.
Facendo risuonare le ultime parole di Alexander Blok: “Impara attraverso la sofferenza!” - dal suo “‘KingLear’ di Shakespeare, discorso agli attori“ (Petrograd, 1920), inevitabilmente richiamiamo l’antica saggezza, quando percepiamo che la scossa emotiva vissuta nello spirito è una sorta di dono della sua musica tragica. Ci trascina nella vastità degli accadimenti storici: la Settima, l’Ottava e la Tredicesima Sinfonia, i corali, dedicati agli eventi del 1905, il Trio per Pianoforte, Violino e Violoncello. Il realismo narrativo senza precedenti di queste due composizioni, trasformate e portate a un livello mai sentito, supera a volte in potenza e verità accecante le cronache di Shakespeare come quelle di Pushkine il “Boris Godunov” di Mussorgsky. Dovremmo aggiungere che Shostakovich non si sforza di ottenere l’equilibrio di un’epopea, ma ci coinvolge direttamente nelle catastrofi dei tempi moderni.
Tuttavia, si conoscono anche esempi di incomparabile umorismo, vivacità di ingegno, inesauribile creatività, come nel “Il Naso“ (basata su un’opera di Gogol’), nei cicli vocali su testi inglesi e sui poemi di Sasha Chernyi; scintille di questo umorismo si sprigionano in tutte le sue composizioni, polverizzando qualsiasi traccia di indolenza spirituale.
Shostakovich e Pushkin sono geni della Russia europea. Il compositore denuncia i peccati dell’uomo e dell’umanità, come Dostoevsky e Mahler, scoppiando in lacrime di compassione, come Shakespeare; egli avvolge tutto e tutti. Eppure, sotto molti importanti aspetti, la sua arte ha legami con Mozart e Schubert. E’ giusto ricordare al lettore che ogni relazione o analogia con altri autori deve essere intesa solo come un confronto tra atmosfere spirituali affini; Dmitrii Dmitriyevich Shostakovich è sempre sé stesso, non “prende mai in prestito”, è traboccante dei suoi stessi tesori, che lui da solo porta in essere, ma per quanto geniale sia un creatore, egli non vive sempre in un vuoto interplanetario, piuttosto nella storia dell’uomo e dell’umanità! Shostakovich ha un linguaggio preciso, un proprio pensiero implicito, formule proprie di ritmo e di tonalità, segni, simboli e immagini.
Riprendiamo alcune analogie: Mozart e Schubert. Che cosa sono? Oh, sono nell'intero mondo, magnifico, luminoso e trasparente, di Shostakovich. Questi “finali illuminati “ - finali di molte delle sue composizioni, le code nei finali, “le ultime parole di un morente”, o le parole di un servizio funebre, la conclusione dei finali, l’incontro dell’uomo con l’Eternità, perla quale i Cristiani pregano per l’intera vita, “termine ultimo di pace, assenza di dolore e vergogna“...
Non chiederemo all'autore se questa fosse la sua linea di pensiero, che rappresenta il suo segreto e intimo mistero. Ciò che importa è la presenza di uno spirito angelico nelle pagine delle sue composizioni, e l’influenza di questa musica sugli ascoltatori.
In queste ultime parole dell’autore, quando sopraggiunge il sollievo alla fine del percorso intrapreso da lui stesso e dall'ascoltatore, il dolore si placa, giungono pace e tranquillità, brilla la purificazione dell’uomo, a volte persino un sorriso, o la sua trasformazione in un’essenza diversa, che non sempre è accessibile alla nostra comprensione; questa è,certamente, Trasfigurazione! Permetteteci di utilizzare le parole di Vladimir Solovyev: “Il Male passato \ Annega nel sangue \ Si innalza trasformato \ Sole dell’Amore”, o di Boris Pasternak:“La mano dell’artista è la più potente \ E lava il sudicio da ogni cosa” (“Dopo un temporale”).
Di conseguenza, concedendoci di commentare alcuni finali di Shostakovich, ora ne affronteremo alcuni, quelli che ci sembrano più significativi a questo proposito: il finale della Sonata per Violoncello, il finale del Quintetto con Pianoforte, il finale della Tredicesima Sinfonia (non parleremo del finale dell’Ottava Sinfonia - questa si distingue per argomento ed essenza). Il finale della sonata per violoncello ricorda vagamente una canzone popolare. E’ canticchiata a bocca chiusa da un personaggio leggermente brillo che in qualche modo richiama i protagonisti di Gor’ky, Hemingway, Andrei Platonov - un operaio ingenuo, che ha il proprio posto, necessario e irriducibile nella vita, con un ruolo lievemente filosofico, che ha attraversato grandi e piccoli guai a modo suo, che è ora in pace sia con il proprio passato che con l’oscuro futuro...
Il finale del quintetto è di gran lunga più complesso: dopo le prime esplosioni di felicità e l’inquietante asprezza del suo culmine che visualizza il sentiero percorso con le sue avversità - che riassumono l’eccezionale e significativa profondità e diversità dei quattro movimenti precedenti; l’inizio Gotico, spigoloso del preludio e a seguire il suo carattere elegiaco e pensoso, la grandiosità della fuga e dell’intermezzo che meditano sul significato della cultura medievale, si fondono con essa, le vanno incontro, per poi realizzarsi nella modernità. Dopo tutto ciò, tutte queste contraddizioni scompaiono nella coda: l’uccellino cinguetta gioiosamente, con leggerezza e felicità. Non è forse simile alla famosa e misteriosa gazza di Peter Bruegel il Vecchio presente presso le rovine carbonizzate tra quel che resta dopo l’ultima totale distruzione? No, l’uccello del Quintetto è più gentile e più saggio. E’ gioioso con tutti noi; la gazza di Breugel è “natura senza emozione”, enuncia solo i fatti, è del tutto ignara. L’intera composizione insiste sulla luce trasparente della gentilezza. La coda del finale della Tredicesima Sinfonia fa da corona a queste idee, combinate all'incredibile ed incomprensibile bellezza delle sue formule ritmiche e tonali.
Se passiamo ora ad alcuni dei movimenti lenti presenti nelle composizioni da camera di Shostakovich, cosa ci troveremo? Nel Largo della sonata per violoncello, come nella fuga del Quintetto, troviamo l’artista e l’Eternità che dialogano.Questa musica riordina il mondo interiore dell’ascoltatore (e di qui la sua vita e le sue azioni), allo stesso modo dell’arte russa, dei tesori della pittura delle icone, della cultura corale della musica religiosa, di Bach nelle “Passioni”...
Un breve commento: una volta ho scritto a Dmitrii Dmitriyevich a riguardo della coda della fuga: “Lei non sa cosa ha scritto. Ciò succede agli artisti geniali... Questa è la ‘Pietà’di Michelangelo. Persino nelle sue formule ritmiche...”
Ci siamo avvicinati ora al punto decisivo: il sentimento dell’amore e il cuore umano. Ci sono molti scritti sull'umanesimo, che tuttavia presentano parecchi errori, come le sue radici rinascimentali (non possiamo ora dilungarci su una analisi storica che non è in relazione diretta in questo articolo con l’arte e la vita di Dmitrii Dmitriyevich). Questa teoria e le fonti da cui è tratta sono astratte e fredde. E noi, popolo di cultura russa, non abbiamo né la capacità né la volontà di creare nell'insensibile indifferenza. L’immagine esterna della vita di Dmitrii Dmitriyevich circola nei viaggi, congressi e premières, nella sua cura per i compositori minori, nel battito del suo cuore appassionato. Egli porta nel suo cuore e nel suo intelletto un’immagine unificata di tutto il genere umano e l’unicità di ciascun essere umano, e quella di un genio; nella sua arte egli affronta l’Eternità. Porta in sé tutta la complessità dell’uomo e dell’artista moderni.
da "Moskovskii Komsomolets", Quotidiano Popolare del Partito della Gioventù, 1966
pubblicato su "transatlantico" n.1 - Estate 2008 - trimestrale dell'associazione Diabolus in Musica
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