Luciano Sgrizzi è stato fin dalla sua fondazione il fedelissimo clavicembalista della Società Cameristica di Lugano. Bolognese di nascita, solista di fama internazionale, il M° Sgrizzi ha realizzato moltissime incisioni discografiche per le etichette Erato, Cycnus e Accord producendosi nella doppia veste di clavicembalista e di pianista (sua la parte solistica nella bellissima registrazione della Petite Messe Solennelle di Rossini pubblicata nel numero l4 di Symphonia del marzo 1992). Fra i suoi dischi migliori ricordiamo anche l'integrale delle Sonate di Scarlatti realizzata negli anni '70 sempre per l'Erato/Musidisc.
Luciano Sgrizzi ha oggi 83 anni e vive a Mentone sulla riviera ligure. Lo incontriamo nella sua casa per rievocare la sua strettissima collaborazione con Edwin Loehrer.
Quando arrivò a Lugano, e come conobbe Loehrer?
Arrivai per caso a Lugano, il primo maggio del 1947. Col tempo rimpiazzai Walter Lang, diventando così il pianista stabile nell'Orchestra della RTSI: fu allora che conobbi Edwin Loehrer. Un anno o due dopo, incidemmo il Combattimento di Tancredi e Clorinda, di Monteverdi, che ancora non conoscevo.
Qual era il livello del coro in quegli anni?
E' difficile rispondere. Loehrer aveva dei sogni, una visione personale dell'interpretazione della musica: il suo ideale era un coro che cantasse piano. Detestava chi cominciava a voler fare il solista, anche se cantava bene, perché voleva una compagine corale e non una voce emergente. Era gentilissimo e capace di una bontà incredibile, perché era un uomo di cuore: ma quando si trattava di musica si trasformava. Era molto originale; io, però, con lui non ho mai litigato, ed egli alla fine si è molto affezionato a me. Musicalmente parlando, avevo qualche difficoltà a lavorare con lui, a causa del suo ideale di perfezione: era qualcosa da raggiungere assolutamente. Ma questo significava pretendere da un'orchestra modesta gli stessi risultati della Filarmonica di Berlino! Il coro non era male; Loehrer era molto scrupoloso nello scegliere i cantanti: qualcuno era di Lugano, anche se non professionista. La sua esigenza non aveva limiti; se una cosa riusciva bene, diceva: "Sì, va benino, però proviamo a rifarlo!". Soffriva, per questa ricerca, soffriva veramente per non aver raggiunto la perfezione. Io non ero d'accordo, anzi, ero spaventato, perché ciò che è al di là delle possibilità umane diventa pazzia, alienazione.
Com'erano i rapporti di Loehrer con l'orchestra?
Egli aveva diritto a provare il sabato e la domenica, per sei ore al giorno; ma francamente non era tagliato per dirigere. Aveva anche seguito i corsi all'Accademia di Siena con un direttore olandese, van Blatten, ma non gli era servito un gran che. L'orchestra è un po' come una classe elementare: anche se ottimi musicisti, gli orchestrali considerano il maestro come qualcuno che non deve avere incertezze, ed egli come direttore invece ne aveva.
Come si arrivò a registrare il primo disco?
Anche lì fu un caso: una cantante, Basia Rechitzka, mandò l'incisione del Combattimento a un tale di Parigi di sua conoscenza. Questi la reputò bella al punto da poterne fare un disco, ma Loehrer rispose di no, perché era imperfetto. Venne allora da Copenhagen un eccellentissimo regista del suono, Willemoes. La registrazione avvenne nella cattedrale di San Lorenzo, a Lugano. Finché tutto non andava alla perfezione, Willemoes, dalla sacrestia, chiedeva di ripetere: "Noch einmal!". Dopo sei, sette, otto volte, finalmente gridava: "Gut!"; tuttavia Loehrer rispondeva: "Sì, ma facciamolo un'altra voltal". Per me era detestabile: cercare il meglio è un errore come cercare il peggio,
È nata in quell'occasione la Società Cameristica di Lugano?
Sì. Il primo disco di Loehrer, con il Combattimento e altre cose di Monteverdi, aveva avuto il Grand Prix du Disque, che allora valeva molto. Il nostro produttore allora ciconsigliò di fare dei concerti a Parigi, perché i dischi venivano venduti rapidamente e la gente era interessata. Nel marzo del 1963 andammo a Parigi con alcuni orchestrali (le prime parti degli archi). Facemmo due concerti alla Salle Gaveau: uno dedicato a Monteverdi, l'altro a Rossini, perché Loehrer aveva ripescato, e fu tra i primi, i famosi Péchés de vieillesse. Subito dopo tenemmo un concerto a Londra. Anche in quei casi, Loehrer era scontento della sua esecuzione, ed ero io a rimettergli una certa calma. La carriera così iniziata non ha tuttavia avuto seguito, per la mania di Loehrer di far sempre di più e meglio. Un grande pianista, un direttore, normalmente hanno un repertorio che preferiscono, che meglio riesce: questo non valeva per lui. In quel periodo si dedicava molto alla musica contemporanea, ed era convinto che la si dovesse far conoscere. Era in contatto con Dallapiccola e aveva trovato Francis Travis, che cominciò a lavorare a Lugano come specialista proprio della musica contemporanea. Loehrer, a suo modo, era un sognatore: sperava di dare a Lugano, piccolo centro, un'allure di grande città, con cose che si facevano, si e no, a Zurigo.
In che cosa consisteva il suo lavoro di trascrittore ed elaboratore delle partiture?
In un caso come il Combattimento, tutto è prescritto da Monteverdi, e io non dovetti fare nulla. Le discussioni con Loehrer cominciarono con il Laudario di Cortona. Me ne diede una copia rielaborata da un musicologo italiano con accompagnamento pianistico, dicendomi che era molto bella e che ne voleva un'orchestrazione. Io non ero d'accordo, perché ritenevo quella musica molto più vicina alla monodia; gli suggerii perciò di pensare ai quadri del Trecento, dove si vedono angeli che suonano qualcosa che assomiglia a un liuto o a un violino. La sua risposta fu di ordine pratico, ma molto giusta: non poteva convocare l'orchestra per far suonare solo un violinista.
Com'era il carattere di Loehrer?
C'era in lui un che di ufficiale prussiano, specialmente sul lavoro, che nascondeva quella parte di allegria e di bontà che lo caratterizzava. Molti orchestrali spesso pensavano: "Ah, c'è Loehrer domani: che noia!". Li ossessionava l'idea di dover rifare in continuazione, soprattutto dopo l'arrivo del nastro. Prima non era possibile: il nastro è stato una tragedia, per Loehrer, da un lato. C'era in lui una specie di contraddizione tra una quasi violenta mania di pretendere di più, che alla fine poteva diventare un insulto, e una bontà interiore verso tutto ciò che era umano: ma tale bontà spariva appena si entrava nel regno della musica.
Come sono proseguiti, negli anni, i suoi rapporti con Loehrer?
Col tempo si è creato sempre più una sorta di distacco tra noi, di estrema gentilezza l'uno per l'altro. Sembrava che egli rispettasse in me quello che per caso (nella vita tutto è per caso!) aveva avuto successo. Anch'egli a sua volta ne aveva avuto: ma poi ha smesso di incidere dischi, forse per questa sua idea di perfezione che lo tormentava.
Giuseppe Clericetti
("Symphonia" n° 32, Anno IV, novembre 1993)
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