Wolfgang Sawallisch (1923-2013) |
Gli inaffidabili, disse, sono come gli assi del volante nella versione rompicollo: capaci di doppiare tutti gli avversari, ma che, data la loro irruenza, raramente finiscono la corsa. Gli affidabili sono invece i piloti dotati di self-control (non disse prudenti perché è davvero difficile immaginare un corridore prudente) i quali, ultimando la corsa, anche quando non vincono fanno qualche punto in classifica. Per unanime opinione il bavarese Wolfgang Sawallisch è un esempio preclaro di quest'ultima categoria. Negli anni in cui il Nationaltheater di Monaco di Baviera fu stato affidato alla sua guida, l'organizzazione, oltre a dimostrarsi non indegna sul piano artistico dei tempi d'oro di Bruno Walter e di Hans Knappertsbusch, raramente diede luogo a recriminazioni per i contrattempi che sembrano essere ineliminabili della vita di ogni organizzazione teatrale. Questa maturità di Sawallisch ha involontariamente finito coll'assumere un particolare risalto agli occhi del pubblico bavarese per alcuni involontari confronti. Quello con il difficile Sergiu Celibidache, direttore dei Philharrnoniker, e quello con l'altro direttore del Nationaltheater, il maestro Carlos Kleiber, più volte sostituito dal Nostro durante gli anni '80 in seguito ad una cancellazione dell'ultimo minuto. Questa capacità di Sawallisch di rispettare gli impegni è una caratteristica apprezzata, non meno che dai sovrintendenti, dai produttori discografici; i quali, una volta stabilito un calendario di sedute di registrazione, hanno bisogno di vederlo rispettato. Se all'ultima "take" il "master" non è completo, inizia per il produttore un calvario di sedute straordinarie che, oltre ad essere onerose in quanto fuori contratto, cozzano con gli impegni già presi dall'orchestra e dai solisti. Occorre allora lavorare di notte, proprio quando, essendo gli artisti stanchi e la fallosità di tutti potenzialmente superiore, i tempi si allungano. Sawallisch, musicista capace di elevati standard artistici ma al contempo sempre preparato sotto il profilo musicale e scrupoloso sotto quello organizzativo, non ha mai dato simili grattacapi alle "majors" discografiche. Pragmatico, privo di atteggiamenti narcisistici anche in sala di registrazione, Sawallisch ha badato al sodo, all'efficacia della comunicazione più che al culto della propria personalità. È un'attitudine che traspare fin dall'aspetto del musicista, connotato da un "look" più da bancario che da sciamano del podio (il che inizialmente non ha giovato alla sua nomea presso il grande pubblico).
Fin dai primordi del disco long-playing, all'inizio degli anni '50, in controtendenza con la maggior parte dei colleghi che conservavano nei confronti del mezzo discografico un'ostilità preconcetta e un misoneismo nati nella stagione dei 78 giri, Sawallisch si buttò nel campo della musica registrata. I suoi primi lp li registrò per la Remington, etichetta americana minore che aveva potuto ricavarsi un suo spazio complice la penuria di titoli dei cataloghi discografici 33 giri. Com'è noto, agli inizi dell'era del Long-Playing si fronteggiarono per qualche anno due standard: quello della RCA Victor che utilizzava una rotazione di 45 giri al minuto e quello della Columbia che utilizzava il 33 1/ 3. Quando il secondo microsolco si guadagnò i favori del pubblico in virtù della maggior praticità (particolarmente nel diametro 30 cm i Columbia erano veramente Long Playing, ossia di lunga durata), i "vuoti" del catalogo Columbia furono riempiti da etichette che o utilizzavano registrazioni europee asportate come bottino di guerra o pubblicate piratescamente ricorrendo a pseudonimi (sui 33 giri Urania o Royale, ad esempio, grandi direttori e solisti diventavano anonimi signor Muller, e le Filarmonichedi Berlino e Vienna venivano presentate incopertina come orchestre della Patagonia).
"Ho inciso il mio primo disco a Berlino verso la fine degli anni Quaranta" racconta Sawallisch nelle memorie (La mia vita con la musica, Passigli, Firenze 198 ). "La casa americana Remington aveva avviato una collana di dischi e il suo direttore - un certo "mister Hallasch" - mi aveva pregato di incidere con l'Orchestra Sinfonica della Radio di Berlino, tra l'altro, i Concerti Brandeburghesi di Bach, il Concerto grosso in Re maggiore dell'op.6 di Haendel e il Concerto in Si bemolle minore per pianoforte e orchestra di Ciaikovski con Conrad Hansen quale solista. Lavorai così per la prima volta in uno studio di registrazione e per la prima volta ebbi la possibilità di montare un'incisione". La secchezza del resoconto (consueta in un uomo così pragmatico) non mette in luce l'elemento avventuroso che sicuramente dovette celarsi in quell'apprendistato discografico: con un'etichetta adusa a realizzazioni sbrigative (e poco prodiga con gli artisti sul piano pecuniario) e in una Berlino postbellica dove, oltre che colle lugubri macerie, i visitatori dovevano convivere con una tensione politica che si tagliava col coltello. L'ex capitale era assediata dai "rossi" e l'orchestra radiofonica di Berlino Ovest era da tutti sbrigativamente denominata Orchestra RIAS (iniziali di "Radio In American Sector": stazione radio nel settore americano). Agli inizi degli anni '50 due personaggi di significato più rilevante di "mister Hallasch" entrarono nella vita di Sawallisch. Il primo fu il direttore d'orchestra Igor Markevitch, di cui il bavarese fu prima allievo e poi assistente ai "Meisterkurse" estivi di direzione d'orchestra (1952-53) tenuti al Mozarteum di Salisburgo. Markevitch, che era stato allievo di Hermann Scherchen, aveva fin dall'epoca 78 giri dato il meglio di sé nelle incisioni discografiche (ricordiamo una serie di pagine verdiane con l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino nel primo dopoguerra) e con ogni probabilità passò al giovane assistente un forte rispetto per il mezzo discografico come strumento pedagogico e di formazione musicale. L'altra figura dotata di grande influsso nell'attività discografica di Sawallisch fu il produttore discografico inglese, Walter Legge, deus ex machina dell'etichetta con il cagnolino e marito del soprano Elisabeth Schwarzkopf. Nel 1954, quando Karajan diradò i suoi impegni con Legge e con la Philharmonia Orchestra di Londra da lui fondata, Sawallisch fu chiamato a completare le incisioni di alcuni caposaldi del repertorio omessi dal collega. "Nelle prime incisioni ci indirizzammo sul repertorio sinfonico" ricorda il direttore nell'autobiografia. "Pezzi come Il borghese gentiluomo di Strauss, le Sinfonie n. 8 in Sol maggiore e n. 9 in mi minore nonché lo Scherzo capriccioso di Antonin Dvorak, le Suites dello Schiaccianoci e del Lago dei cigni di Ciaikovski mancavano ancora dal catalogo EMI: Karajan non aveva fatto in tempo ad inciderli perché dopo la morte di Furtwaengler era passato a capo dei Berliner Philharmoniker. Per quanto fosse rimasto legato alla Philharmonia Orchestra come direttore ospite principale e continuasse a incidere dischi con quest'orchestra, i suoi rapporti con la Philharmonia si erano un po' allentati da quando aveva cominciato a produrre dischi anche con i Berliner. Per un giovane direttore tedesco come me fu veramente una fortuna incredibile poter lavorare con quell'orchestra. Soprattutto grazie all'aiuto di Walter Legge superai la paura del primo impatto e accettai di incidere la mia prima opera in studio: Capriccio di Richard Strauss. L'opera scritta da Strauss su libretto di Clemens Krauss, benché mai diretta prima dall'allievo di Markevitch, gli riuscì in modo eccellente grazie al fiuto di Legge e ad una compagnia di canto stratosferica (Schwarzkopf, Ludwig, Moffo, Fischer-Dieskau, Hotter, Waechter, Gedda).
Da quel momento - era il settembre del 1957 - la carriera discografica di Sawallisch come direttore di caratura internazionale prese il volo e da allora non si è più fermata. Nei quasi quarant'anni trascorsi da allora la sua discografia si è fatta imponente e sarebbe qui impossibile riassumerla anche per sommi capi. Ricordiamo che, dopo essere stato per molti anni artista esclusivo EMI, passò alla Philips. Con 1'etichetta olandese registrò di tutto, obbedendo alla regola suggerita dal suo maestro Markevitch di evitare le specializzazioni in modo da presentare la musica e non sé stesso. Per la Philips Sawallisch incise Wagner a Bayreuth (Der fliegende Hollaender, Tannhäeuser), cicli sinfonici di Brahms con i Wiener Symphonjker e cicli di Mendelssoln con la New Philharmonia. Sempre per la Philips agì anche nelle vesti di accompagnatore pianistico di grandi cantanti (una Winterreise col baritono Hermann Prey). Molto belli sono anche i suoi rari dischi incisi per la EMI con grandi strumentisti: i due Concerti di Strauss per corno con Dennis Brain, i mozartiani Concerti per piano K. 467 e K.482 con Annie Fischer. Proprio alla EMI Sawallisch ha negli ultimi anni fatto ritorno e per 1'etichetta inglese sta reincidendo il repertorio sinfonico con la sua nuova orchestra, quella di Philadelphia (forse a scopo scaramantico ha ricominciato proprio da Dvorak). Dappertutto nel mondo si guarda oggi a lui come ad un maestro. Il mensile parigino Le Monde de la Musique gli ha dedicato la copertina dello scorso mese di dicembre (n.183) sotto il titolo "Le champion de la grande tradition allemande". Annunciando nell'intervista a centro rivista i suoi prossimi programmi, il maestro si guarda dal montare in cattedra e ancora una volta preferisce presentarsi come un custode della musica. Un interprete che lavora, per citare il titolo originale tedesco dell'autobiografia, Im Interesse der Deutlichkeit: nell'interesse della chiarezza.
Michele Salvini
("Symphonia" N° 48 Anno VI, marzo 1995)
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