Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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lunedì, gennaio 20, 2025

Il segno di Claudio

Claudio Abbado (1933-2014)
Il lascito del patrimonio artistico a Berlino (accessibile in realtà), un libro... Documenti inediti e nuove riflessioni illuminano il mondo di un interprete che continua ad avere molto da dirci.


La carriera musicale di Claudio Abbado è durata quasi sessant'anni, un repertorio vastissimo che si estendeva da Monteverdi a Nono. Oggi non solo è possibile ricostruire il percorso artistico di uno dei più grandi direttori del Novecento, ma la cosa importante è che sarà accessibile a chiunque. Daniele, con sua sorella Alessandra Abbado (due dei quattro figli di Claudio), sono i motori della Fondazione Abbado che il 3 marzo scorso ha siglato un accordo con i Berliner Philharmoniker per custodire il patrimonio artistico del padre. Si tratta di 1.746 partiture, 985 spartiti provenienti dalla famiglia del maestro, oltre a registrazioni video, 1.400 cd, 357 monografie, testi di musicologia, fac-similia (ovvero rare edizioni di case editrici, copie anastatiche delle partiture), materiale iconografico, lettere. La Fondazione, di cui è presidente Paolo Lazzati, esecutore testamentario del direttore d'orchestra e amico di famiglia, è stata istituita nel 2014 proprio per preservare nella sua interezza tale patrimonio. Il problema era di garantirne la conservazione e l'archiviazione secondo standard internazionali, e di renderla disponibile al più vasto pubblico possibile.

La scelta sull'eredità artistica di Claudio Abbado è caduta su Berlino per diversi motivi. Li racconta Daniele Abbado: «Quella dei Berliner è l'Orchestra che ha diretto di più nella sua vita, è il luogo della sua maturità, lì ha realizzato quei progetti trasversali fra teatro, pittura e letteratura, a cui teneva molto, in cui tutte le istituzioni collaboravano e dialogavano. Fu un'esperienza entusiasmante. E poi (Claudio (Daniele, come tutti i suoi figli, lo chiama così, per nome, n.d.r.) è stato un artista europeo, Londra, Vienna, Berlino, Lucerna. Ha fondato orchestre giovanili...››. Lazzati aggiunge: «Non volevamo favorire una nazione, dobbiamo essere fieri che Berlino ospiti con il tappeto rosso un esponente della nostra cultura». È un'operazione complessa, che ha un costo di alcune centinaia di migliaia di euro. Berlino è la città che ha offerto maggiori garanzie, e gli artefici dell'accordo tengono a sottolineare che non è stato raggiunto in funzione anti-Scala o anti-Bologna, la città dove negli ultimi anni andò a vivere Abbado. Dietro le indicazioni e i segni di Abbado, c'è un mondo poetico e di affetti. Uno dei primi problemi è stato quello di trovare uno spazio congruo: alla fine del  2017 tutto il materiale sarà raccolto in una stanza della Biblioteca di Stato berlinese che verrà dedicata a Claudio Abbado.

Nel frattempo il lavoro di scansione, di restauro delle partiture e di catalogazione va avanti, dalla fine di maggio dovrebbe essere possibile accedere alla “collezione” anche dall'Italia, attraverso la Bibliomedioteca dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il cui presidente Michele dall'Ongaro dice:
«Non siamo solo un 'istituzione di concerti ma un ente che ha una struttura, un know how e un archivio che raccoglie la Storia della musica››. C'è una persona che, dietro le quinte, ha un ruolo di primo piano in questo  progetto. Si chiama Alessandra Calabrese, 32 anni, ha un master alla Bocconi in management dello spettacolo, ha lavorato alla Scala, è stata l'archivista personale di Abbado (nonché dell'Orchestra “Mozart” da lui fondata) negli ultimi anni della sua vita. Decifrandone i segni, si può risalire alla genialità di questo gigante della musica. Ma cerchiamo di entrare nell'officina di Claudio Abbado, e di carpirne i “segreti”.

Le partiture sono divise in sottosezioni. Quelle tascabili (461) sono suddivise a loro volta in sette box, che il direttore portava con sé ovunque andasse; sono sistemate in scatolette di legno, con vetro in plexiglass, le due maniglie permettevano il trasporto da una città all'altra. Soprattutto le partiture piccole, la cui provenienza era legata a lasciti familiari, sono preservate in modo “artigianale”, usando lo scotch, oppure il direttore le ricuciva con nuove copertine. Il problema è che lo scotch si deteriora facilmente, e lascia brutti segni, così per esempio le partiture dei Concerti n. 3 e n. 5 di Beethoven si sono logorate. Ci sono 1.049 partiture grandi, Abbado le conservava in un sistema di armadi protetti da cinque vetrine in plexiglass: erano le librerie della sua casa a Bologna. Sono partiture legate soprattutto al  repertorio sinfonico, in ordine alfabetico seguendo il nome del compositore e del genere musicale: Sinfonie, Concerti, Messe, e via dicendo. «È stato mantenuto quell'ordine di catalogazione», spiega Alessandra Calabrese, «ma in tempi recenti sono arrivate acquisizioni da altre orchestre, o sono state trovate altre partiture nella casa di Abbado in Sardegna. In futuro potranno essere disposte in coda, secondo un sistema numerico da archiviazione di biblioteca. Poi 179 opere, di cui 57 fuori misura (per le dimensioni) di musica contemporanea: qui trova posto il Prometeo di Luigi Nono››.
Nelle opere del grande repertorio c'è molto Rossini e Verdi (manca del tutto Puccini, fuorché qualche aria incisa con i cantanti). Per La Cenerentola, la revisione critica di Alberto Zedda doveva ancora andare in stampa e Abbado accolse, nella versione di Ricordi, le correzioni di Zedda sulla  partitura con la penna rossa. Abbado invece i segni li faceva tutti a matita, che nel tempo si cancella:  adesso si tratta di creare un percorso di digitalizzazione della partitura che permetta di tenere il segno in modo perenne. Gli anni della Scala rivivono nella Messa da Requiem di Verdi, nei concerti nelle fabbriche, nelle registrazioni, nei periodi d'oro con Pollini, nella nascita della Filarmonica. «Claudio aveva capito che bisognava investire nel recupero, nella salvaguardia, nella conservazione», dice l'archivista.

Uno dei capitoli più affascinanti riguarda i foglietti che raccolgono l'organizzazione delle parti orchestrali. Sono schemi della partitura e riprendono un metodo che Claudio aveva acquisito a Vienna ai tempi degli insegnamenti avuti da Swarowsky. Questi foglietti sono delle prove di memoria, come dei quadri all'interno dei quali si trova, in una sorta di Bignamino, tutta la partitura: i tempi, gli ingressi degli strumenti... «Era molto geloso di questi foglietti che teneva riservati», dice  Alessandra Calabrese. Per ogni partitura si seguono standard legati a data e luogo di esecuzione, e periodo di studio. Nel frontespizio a destra si trovano città e data, a sinistra l'elenco dei concerti. Se sono avvenute più esecuzioni nella stessa città, Abbado aggiungeva una X laterale; nel caso di registrazioni audio-video inseriva la sigla della casa discografica, le aggiunte a volte si riferivano a cambi dei solisti per malattie. La pianista argentina Martha Argerich la  chiamava Martita, con un diminutivo affettuoso, mentre per un altro storico collaboratore e amico come Maurizio Pollini usava nome e cognome.
Sulle partiture si ritrovano le didascalie le correzioni, le indicazioni dinamiche che aiutano a ricostruire i suoi studi, diventano luoghi dell'anima. La varietà dei segni musicali è massima, la loro stratificazione è percepibile all'interno della partitura. Lo studio era costante e ogni volta ricominciava da capo. Anche qui, metteva la X per il primo tipo di correzione, una X col cerchio per la seconda correzione. I segni dipendono dall'orchestra con cui eseguiva il pezzo, e dalla sala in cui teneva i concerti. Sull'orchestrazione era fedele ai compositori. Ma a volte si trovano dei raddoppi e, per fare un esempio, dagli archi le parti durante la prova potevano essere date allo strumento di un'altra famiglia, un modo per far meglio comprendere il tipo di dinamica che si voleva ottenere (spesso per la linea di un pianissimo). Abbado non parlava di correzioni ma di miglioramenti. Questo tipo di indicazioni, o soluzioni, avvenivano dunque durante le prove, ma poteva capitare che in concerto egli facesse dei raddoppi affidando le parti a due strumenti. Le sostituzioni dinamiche venivano sintetizzate con due sigle: EV (sta per eventualmente) e DIV (divisi). Quanto alle indicazioni di tempo, di rado venivano cambiate. La Nona sinfonia di Mahler è una storia a sé. Sulla partitura troviamo riferimenti ritmici e armonici; c'è il lavoro sul silenzio del finale di questo capolavoro, le note che si spengono e sembrano evaporare, quelle note che Abbado voleva in accordo col buio della sala, secondo una esatta percentuale di oscurità, tracciando così il lento diradarsi della luce. E c'è l'idea della morte ripresa dalla partitura di Mengelberg. Il dubbio su cosa ci sia dopo la morte è un tema di cui parlava spesso.
Valerio Cappelli
("Amadeus", Anno XXVIII, Numero 5 (318), Maggio 2016)

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