Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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sabato, marzo 01, 2014

Anton Bruckner: Quarta Sinfonia

"Brucknerhaus", Linz
La genesi della Quarta di Bruckner è particolarmente complessa. Una prima versione fu compiuta tra il gennaio e il novembre 1874: non fu mai eseguita durante la vita di Bruckner perchè egli decisc di rivederla e vi ritornò sopra nel 1878 e tra la fine del 1879 e il giugno 1880. Il risultato di queste revisioni è la versione che si è soliti considerare definitiva, e che fu eseguita per la prima volta a Vienna sotto la direzione di Hans Richter il 20 febbraio 1881 (una successiva versione, del 1887-88, fu stampata nel 1889; ma presenta la problematicità di altre versioni tarde delle Sinfonie bruckneriane).
Per la Quarta, caso unico tra le Sinfonie di Bruckner, esiste un titolo, “Romantica", e qualche frammentaria indicazione riguardantc un “programma", che si limita in verità a timide suggestioni di natura evocativa, A proposito del primo rnovimento una testimonianza indiretta del 1905, dovuta a Theodor Helm, afferma che Bruckner avrebbe voluto evocare queste immagini: “Città medievale - Alba - Dalle torri della citta risuonano segnali che salutano il mattino - Le porte si aprono - Su fieri cavalli i cavalieri galoppano fnori all'aperto, l'incanto della natura li avvolge - Mormorio del bosco - Canto di uccelli - e così si sviluppa questo quadro romantico...". Questa testimonianza trova conferma in una lettera di Bruckner a Paul Heyse del 10 dicembre1890, dove fra l'altro il secondo tema del primo movimentu è collegato al “zi-zi-be" della cinciallegra, il secondo tempo e definito "Lied, preghiera, serenata", il terzo fa riferimento a scene di caccia. Tutti i critici, del resto, riconobbero nel primo movimento della Quarta l'evocazione di paesaggi, la suggestione di una mistica della Natura, e il titolo stesso di “Romantica” ne è una ulteriore conferma. “Romantico" era per Bruckner un mondo affine a quello del Lohengrin, “religioso, misterioso e libero da tutto ciò che è impuro” (così scrisse con riferimento ad un progetto d'opera, in una lettera a Gertrud Bollé-Hellmund il 5 settembre 1893). Queste indicazioni definiscono alcuni aspetti del clima poetico della Quarta senza delineare un programma propriamente detto, e senza concessioni ad un banale descrittivismo, Nella pacata, luminosa grandezza di questa Sinfonia (che conosce anche momenti di riflessivo ripiegamento), più ancora della influenza wagneriana si coglie con immediata suggestione l'eredità di Schubert e Weber, e nella felicità di alcune invenzioni melodiche si svelano atmosfere di agreste amabilità di carattere “austriaco".
Le prime battute propongono un tipico inizio bruckneriano, di elementare e arcana suggestione (cui funge da lontano modello l'attacco della Nona di Beethoven): sul tremolo in pianissimo degli archi si profilano gli appelli del corno in un clima sospeso, senza tempo, finché prende forma la prima vigorosa ondata sinfonica. fondata su una nuova idea di cinque note (dal caratteristico ritmo: duina + terzina di quarti), Nel profilarsi di questo primo gruppo tematico si ha un esempio dell’organico svilupparsi e crescere dei blocchi bruckneriani, della dinamica formale che regge il divenire del flusso sinfonico. Esso perviene ad una prima cesura, ad un arresto, dopo il quale il secondo tema apre un episodio completamente diverso, una parentesi cantabile fondata su una doppia
idea: al lirico canto delle viole i primi violini sovrappongono un disegno che imita liberamente il “zi-zi-be” della cinciallegra. Poi la sezione conclusiva dell’esposizione non presenta un nuovo tema, ma trasforma l’idea di cinque note del prima gruppo tematico: un poderoso crescendo approda ad una zona “vuota”, di attesa, alla sospensione che precede lo sviluppo. Esso è relativamente conciso, articolato in due blocchi e culminante (nel secondo di questi) in un corale di ampio respiro, che prende le mosse dall'idea iniziale dei corni. Una breve ed intensamente espressiva trasformazione del secondo tema conduce quindi alla ripresa, dopo la quale una maestosa coda ribadisce accenti di grandiosa e serena vastità.
L’inizio dell’Andante quasi Allegretto rimanda immediatamente a certi malinconici andamenti di marcia schubertiani, ripensati però originalmente, in un clima velato, di struggente mestizia. Nell’elegiaco canto dei violoncelli in do minore si avverte l’eco lontana di una marcia funebre; poi si passa ad una nuova idea, un assorto andamento di corale, e infine, dopo una cesura netta, le viole presentano una lunga melodia sullo sfondo del pizzicato degli altri archi con sordino. Sono queste le idee principali del secondo movimento, presentate nella lunga sezione iniziale, che indugia in un clima di assorta, dolente contemplazione, sostanzialmente statica. Solo dopo la terza idea il brano si apre ad un moto espansivo, ascensionale, che su frammenti della prima idea conduce ad un grande crescendo e ad un primo momento culminante. La seguente ripresa omette la seconda idea e approda quindi più rapidamente ad una nuova sezione espansiva, ad una perorazione ancora pin intensa, ad un più massiccio accumulo di sonorità. Nel suo disegno complessivo il brano va visto soprattutto in questa alternanza di zone di intimo, malinconico raccoglimento e di esuberanti espansioni. La chiusa però ci riporta alla vena più segreta e accorata, con una pagina di rara suggestione, in cui si avvertono più evidenti presagi mahleriani. Non è chiara la pertinenza delle indicazioni programmatiche di Bruckner (“Lied, preghiera, serenata": l’idea della serenata sembra ironicamente l'opposto della serietà dolente o dei momenti espansivi del pezzo).
Nello Scherzo invece si coglie con evidenza il riferimento ad evocazioni naturalistiche e cavalleresche, a scene e paesaggi di caccia: è una pagina di robusta vitalità ritmica e di immediata, elementare efficacia, dove agli squilli di fanfare si affianca una seconda idea nettamente differenziata con le sue inflessioni cromatiche. Il Trio schiude una parentesi di delicato idillio, con le sue tenere movenze di Ländler.
Il Finale fu forse il movimento più ampiamente e tormentosamente rimaneggiato nelle diverse rielaborazioni della Sinfonia, Il materiale tematico richiama in parte quello dei movimenti precedenti, confermando la tendenza della Sinfonia ad una integrazione tematica. Una cupa, misteriosa introduzione conduce, in un crescendo di tensione, alla magniloquente affermazione del primo tema: con il carattere massiccio dell’epico blocco di apertura contrasta poi un secondo gruppo tematico basato su idee diverse, che dopo un inizio elegiaco conducono a toni più “leggeri” e semplici, non senza movenze umoristiche e reminiscenze schubertiane. Una nuova sezione a piena orchestra conclude l'esposizione. Lo sviluppo culmina anche qui in un solenne corale ed è segnato da violenti contrasti, da drammatiche impennate: solo la coda risolve questo tempestoso Finale in chiave francamente affermativa, concludendo maestosamente il movimento più tormentalo e complesso della Sinfonia.

Paolo Petazzi (c) 1988

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