Maurizio Pollini (5 gennaio 1942) |
Maurizio Pollini ha sempre rifiutato le diffuse preclusioni contro la musica di oggi, sostenendo la necessità della massima apertura e di un ampliamento del repertorio corrente. I protagonisti della seconda metà del secolo XX che ha interpretato (e che non esauriscono ovviamente i suoi interessi in questo ambito) sono finora Pierre Boulez, Karlheinz Stockha usen, Salvatore Sciarrino, Luigi Nono e Giacomo Manzoni. Le musiche pianistiche degli ultimi due sono quasi tutte nate dalla collaborazione con lui.
Pollini conobbe Nono nel settembre 1966, ma solo qualche anno dopo il campositore ne accolse la proposta di scrivere musica per il pianoforte, di cui prima non si era mai interessato. Como una ola de fuerza y luz (1971-72) fu inizialmente pensato per Maurizio Pollini e Claudio Abbado (che ne furono i primi interpreti alla Scala di Milano il 18 giugno1972); ma la notizia della morte improvvisa a 27 anni, nel settembre 1971, di Luciano Cruz, un dirigente del MIR cileno di cui Nono era amico, fu determinante per l'ispirazione del pezzo, che divenne una sorta di epitaffio, con l'inserimento di un testo di Julio Huasi affidato a una voce di soprano.
Nel nastro rnagnetico sono registrate e rielaburate voci femminili e il pianoforte di Pollini, in modo da creare un gioco di echi, rimandi e prolungamenti tra gli interpreti dal vivo e il suono su nastro (sempre presente). La collocazione degli altoparlanti dietro l'orchestra consentì a Nono una ricerca sullo spazio. Egli parlò di una musica che “fosse come uno spazio che si apre e si chiude, qualcosa come una vita che si estende e si richiude, qualcosa come una metafora programmatica, ma libera". Si ritrovano qui i suoi tipici contrasti tra scoppi e silenzi, tra violenze sonore e terso lirismo. Il pianoforte è usato soltanto dal registro medio al grave (con la trasformazione elettronica il suono pianistico su nastro è portato ancora più in basso). La scrittura orchestrale è prevalentemente concepita a blocchi. Il pianoforte dal vivo è presente a partire dalla seconda sezione del pezzo, dopo la lirica invocazione e il lamento iniziale del soprano; ma sonorità pianistiche elaborate su nastro sono presenti anche prima. Nella terza e quarta parte tace invece il soprano dal vivo. La terza parte si configura come un grande processo ascensionale, della massima tensione, verso l'estremo acuto. E nell'ultima parte si ha una sorta di esplosione collettiva, che si spegne lasciando la conclusione al solo nastro magnetico.
Luigi Nono ritornò per la seconda e ultima volta al pianoforte nel 1976 con ...sofferte onde serene..., un pezzo per pianoforte e nastro magnetico che fu presentato da Maurizio Pollini in prima esecuzione il 17 aprile 1977 nella sala del Conservatorio di Milano ed è dedicato “A Maurizio e Marilisa Pollini". Fu il primo lavoro composto dopo l’azione scenica Al gran sole carico d'amore (1972/74), e può essere considerato un pezzo di transizione, che muove in una direzione nuova; in una certa misura il carattere meditativo, di riflessiva introspezione, il rilievo determinante dell'attenzione al suono e anche la concezione formale per frammenti lo avvicinano alle opere dell’ultimo Nono.
...sofferte onde serene... è però l'ultimo suo pezzo con il nastro magnetico (prima del live electronics): nel nastro è elaborato e manipolato un materiale musicale registrato dallo stesso Pollini. Nono ebbe a dichiarare: "Mi sentivo molto attratto dalla tecnica di Maurizio Pollini, non solo dal suo straordinario modo di suonare, ma da certe sfumature del suo tocco, che nelle sale da concerto non si riescono a percepire. Con l'ausilio dei microfoni questi dettagli inafferrabili e straordinari avrebbero potuto essere amplificati e diffusi in una dimensione assolutamente nuova, ottenendo fra l'altro, attraverso l'elaborazione elettronica una specie di risonanza senza tempo".
Nella scrittura del pezzo l'insistenza, che potrebbe apparire statica, sulle brevi ripetizioni e sulla scrittura pianistica "percussiva" per aggregati sonori corrisponde all'estrema mobilità delle sfaccettature, mentre l'attenzione al suono si manifesta nervosamente in un costante cangiare, che conosce trasparenze e momenti densi, tormentosamente aggrovigliati, stupefazioni contemplative e scatti di tensione. Nono volle poeticamente indagare e reinventare il suono del pianoforte nella sua specifica natura, appunto, di strumento a percussione, capace di addensare e sciogliere grumi di materia sonora. E' determinante l'idea di concepire il nastro come un "doppio" dello strumento dal vivo, in uno straordinario gioco di rifrazioni, rimandi, ambivalenti fusioni o dialoghi. La struttura del pezzo non presenta alcuna linearità, non si può riassumere in un “percorso" univoco. Si presenta, difatti,come un labirintico intrecciarsi di frammenti.
A Maurizio Pollini è dedicato anche Masse: Omaggio a Edgard Varése di Giacomo Manzoni, composto nel 1977 su commissione della Komische Oper di Berlino, dove è stato presentato in prima esecuzione il 6 ottobre 1977. Dopo le esperienze dodecafoniche e seriali degli esordi il percorso creativo di Giacomo Manzoni è proseguito sotto il segno di una costante tensione di ricerca, di un continuo interrogare la materia sonora da diverse angolature e prospettive. ln questo percorso Masse rappresenta un momento particolare: è l'unico pezzo per pianoforte e orchestra ed è uno dei pochi che approfondiscono la ricerca sui suoni multipli dei legni, sulla tecnica cioè che consente di emettere due o più suoni insieme con questi strumenti di solito considerati monodici e di piegarli ad una vasta gamma di nuove trascolorazioni timbriche.
E' un “omaggio a Varése" in senso ideale, grazie ad una ricerca volta all'esplorazione di nuovi vocaboli sonori nella loro aspra, concreta oggettività. E si intitola Masse perché nella scrittura orchestrale predominano coaguli di materia sonora definiti nel loro effetto d'insieme, di massa appunto. Anche la scrittura dei suoni multipli dei legni è attenta agli effetti complessivi: troviamo suoni multipli omogenei e non omogenei, in registri più o meno deterrninati, e inoltre frullati tremoli, glissandi, intonazioni quartitonali, variazioni timbriche sulla stessa nota. Accanto a questa orchestra la presenza di un solista comporta di per sé l’instaurazione di un rapporto dialettico, di una antitesi drammatica. Il pianoforte è uno strumento temperato, ma Manzoni è riuscito a risolvere il problema dell'eterogeneità del solista rispetto alla massa orchestrale attraverso una scrittura pianistica fatta di densi aggregati, di accordi e blocchi, di sonorità scure e spesse, di masse che stabiliscono con quelle dell'orchestra un rapporto originale, Questo è uno dei caratteri decisivi del pezzo, posto sotto il segno di una tesa urgenza comunicativa, di una gestualità severa, ma dalla forte carica espressiva.
Pollini conobbe Nono nel settembre 1966, ma solo qualche anno dopo il campositore ne accolse la proposta di scrivere musica per il pianoforte, di cui prima non si era mai interessato. Como una ola de fuerza y luz (1971-72) fu inizialmente pensato per Maurizio Pollini e Claudio Abbado (che ne furono i primi interpreti alla Scala di Milano il 18 giugno1972); ma la notizia della morte improvvisa a 27 anni, nel settembre 1971, di Luciano Cruz, un dirigente del MIR cileno di cui Nono era amico, fu determinante per l'ispirazione del pezzo, che divenne una sorta di epitaffio, con l'inserimento di un testo di Julio Huasi affidato a una voce di soprano.
Nel nastro rnagnetico sono registrate e rielaburate voci femminili e il pianoforte di Pollini, in modo da creare un gioco di echi, rimandi e prolungamenti tra gli interpreti dal vivo e il suono su nastro (sempre presente). La collocazione degli altoparlanti dietro l'orchestra consentì a Nono una ricerca sullo spazio. Egli parlò di una musica che “fosse come uno spazio che si apre e si chiude, qualcosa come una vita che si estende e si richiude, qualcosa come una metafora programmatica, ma libera". Si ritrovano qui i suoi tipici contrasti tra scoppi e silenzi, tra violenze sonore e terso lirismo. Il pianoforte è usato soltanto dal registro medio al grave (con la trasformazione elettronica il suono pianistico su nastro è portato ancora più in basso). La scrittura orchestrale è prevalentemente concepita a blocchi. Il pianoforte dal vivo è presente a partire dalla seconda sezione del pezzo, dopo la lirica invocazione e il lamento iniziale del soprano; ma sonorità pianistiche elaborate su nastro sono presenti anche prima. Nella terza e quarta parte tace invece il soprano dal vivo. La terza parte si configura come un grande processo ascensionale, della massima tensione, verso l'estremo acuto. E nell'ultima parte si ha una sorta di esplosione collettiva, che si spegne lasciando la conclusione al solo nastro magnetico.
Luigi Nono ritornò per la seconda e ultima volta al pianoforte nel 1976 con ...sofferte onde serene..., un pezzo per pianoforte e nastro magnetico che fu presentato da Maurizio Pollini in prima esecuzione il 17 aprile 1977 nella sala del Conservatorio di Milano ed è dedicato “A Maurizio e Marilisa Pollini". Fu il primo lavoro composto dopo l’azione scenica Al gran sole carico d'amore (1972/74), e può essere considerato un pezzo di transizione, che muove in una direzione nuova; in una certa misura il carattere meditativo, di riflessiva introspezione, il rilievo determinante dell'attenzione al suono e anche la concezione formale per frammenti lo avvicinano alle opere dell’ultimo Nono.
...sofferte onde serene... è però l'ultimo suo pezzo con il nastro magnetico (prima del live electronics): nel nastro è elaborato e manipolato un materiale musicale registrato dallo stesso Pollini. Nono ebbe a dichiarare: "Mi sentivo molto attratto dalla tecnica di Maurizio Pollini, non solo dal suo straordinario modo di suonare, ma da certe sfumature del suo tocco, che nelle sale da concerto non si riescono a percepire. Con l'ausilio dei microfoni questi dettagli inafferrabili e straordinari avrebbero potuto essere amplificati e diffusi in una dimensione assolutamente nuova, ottenendo fra l'altro, attraverso l'elaborazione elettronica una specie di risonanza senza tempo".
Nella scrittura del pezzo l'insistenza, che potrebbe apparire statica, sulle brevi ripetizioni e sulla scrittura pianistica "percussiva" per aggregati sonori corrisponde all'estrema mobilità delle sfaccettature, mentre l'attenzione al suono si manifesta nervosamente in un costante cangiare, che conosce trasparenze e momenti densi, tormentosamente aggrovigliati, stupefazioni contemplative e scatti di tensione. Nono volle poeticamente indagare e reinventare il suono del pianoforte nella sua specifica natura, appunto, di strumento a percussione, capace di addensare e sciogliere grumi di materia sonora. E' determinante l'idea di concepire il nastro come un "doppio" dello strumento dal vivo, in uno straordinario gioco di rifrazioni, rimandi, ambivalenti fusioni o dialoghi. La struttura del pezzo non presenta alcuna linearità, non si può riassumere in un “percorso" univoco. Si presenta, difatti,come un labirintico intrecciarsi di frammenti.
A Maurizio Pollini è dedicato anche Masse: Omaggio a Edgard Varése di Giacomo Manzoni, composto nel 1977 su commissione della Komische Oper di Berlino, dove è stato presentato in prima esecuzione il 6 ottobre 1977. Dopo le esperienze dodecafoniche e seriali degli esordi il percorso creativo di Giacomo Manzoni è proseguito sotto il segno di una costante tensione di ricerca, di un continuo interrogare la materia sonora da diverse angolature e prospettive. ln questo percorso Masse rappresenta un momento particolare: è l'unico pezzo per pianoforte e orchestra ed è uno dei pochi che approfondiscono la ricerca sui suoni multipli dei legni, sulla tecnica cioè che consente di emettere due o più suoni insieme con questi strumenti di solito considerati monodici e di piegarli ad una vasta gamma di nuove trascolorazioni timbriche.
E' un “omaggio a Varése" in senso ideale, grazie ad una ricerca volta all'esplorazione di nuovi vocaboli sonori nella loro aspra, concreta oggettività. E si intitola Masse perché nella scrittura orchestrale predominano coaguli di materia sonora definiti nel loro effetto d'insieme, di massa appunto. Anche la scrittura dei suoni multipli dei legni è attenta agli effetti complessivi: troviamo suoni multipli omogenei e non omogenei, in registri più o meno deterrninati, e inoltre frullati tremoli, glissandi, intonazioni quartitonali, variazioni timbriche sulla stessa nota. Accanto a questa orchestra la presenza di un solista comporta di per sé l’instaurazione di un rapporto dialettico, di una antitesi drammatica. Il pianoforte è uno strumento temperato, ma Manzoni è riuscito a risolvere il problema dell'eterogeneità del solista rispetto alla massa orchestrale attraverso una scrittura pianistica fatta di densi aggregati, di accordi e blocchi, di sonorità scure e spesse, di masse che stabiliscono con quelle dell'orchestra un rapporto originale, Questo è uno dei caratteri decisivi del pezzo, posto sotto il segno di una tesa urgenza comunicativa, di una gestualità severa, ma dalla forte carica espressiva.
Paolo Petazzi (note al CD DGG 471 362-2)
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