Rubiera (RE), Corte Ospitale |
Il luogo era Rubiera; un paesino ridente e rosso dell’Emilia felix; fra Reggio e Modena.
Io e Renato Sarti si era lì a provare credo ”Io santo tu beato“, lo spettacolo contro la chiesa in cui io faccio una specie di padre Pio, pugliese/balanzone e lui Pio XII, secco secco e bianco cenere, spettacolo che in giro per l’Italia nessuno vuole comprare (ma dai!?) insomma eravamo lì ospiti della “Corte Ospitale“ - un luogo bellissimo dove ti ospitano, c’è una specie di ostello con camere, ci sono delle sale prove, una cucina, una sala a mangè enorme… come essere ospiti di chi ama il teatro e ti accudisce e ti coccola… in cambio? una replica a prezzi stracciati.
C’è anche la Rubierese; società di calcio diretta con amore familiare e con tante squadre dai più piccini ai più grandi; tanti successi ed una sala trofei impressionante… allenatore dei portieri? per dirne una… Taibi
Bene, eravamo lì io e Renato. E il gelo e la neve ricoprivano le belle campagne reggiane, che diventano magiche e misteriose nei rigori dell’inverno… un buon bicchiere di vino ed un pane e salame in una qualche osteria di un borgo a scelta fra i tanti e la vita acquista tutto un suo senso…
Dove eravamo rimasti? Ah sì! a quell’incapace di Bondi!
Bene. Il nostro amico, e deus ex machina della corte ospitale, Walter Zambaldi ci propone, già che eravamo lì, di fare una serata/incontro con il pubblico per chiacchierare di ”Io santo tu beato” e, idea sua, per sovrappiù di leggere le poesie di Bondi… così a tempo perso e per vedere di nascosto l’effetto che fa…
Subito io e Renato dopo aver riso per venti minuti all’idea che Bondi possa aver scritto delle poesie, ed aver vomitato altri venti minuti saputo che era vero accettiamo… con sprezzo del pericolo e toccandoci anche un po’ i coglioni ci diamo appuntamento con Walter per il giorno dopo… al teatro verso le nove… vestiti come capita e con il libro (gliele hanno pubblicate!!!!) di Bondi in mano… coi guanti.
Nasce il problema subito evidente a me e a Renato di come affrontare la materia… come le leggiamo ‘ste poesie? Come ci mettiamo? Di traverso-ironici-seri ma con garbo-irridenti-con le misure protettive del caso?
Decidiamo alla fine di leggerle normalmente come, e ci vuole il pelo sullo stomaco, fossero le poesie di un qualsiasi poeta. E ci viene di nuovo un rigurgito, ma tant’è, oramai l’avevamo promesso a Walter e non ci potevamo più tirare indietro.
La sera del giorno dopo arriva in fretta… passata la giornata a provare il tempo ci è volato e ci troviamo senza renderci conto alle nove davanti al teatro… la serata va avanti allegra… si chiacchiera col pubblico… si parla di politica… di chiesa… di preti di frontiera e di papi assassini… ma, anche non volendo, dopo un po’ gli argomenti si esauriscono e viene il momento tanto atteso dal pubblico della lettura delle terzine del ministro della Cultura (e già qui parte la prima risata oceanica).
Cominciamo come d’accordo così… semplicemente a leggerle e dopo un poco, con somma sorpresa, l’ilarità serpeggia… partono le prime timide risate come di chi non sa se deve ridere o se bisogna stare seri… dopo un poco le titubanze ed il pudore vengono accantonati e le risate risuonano sonore… cominciano, da parte mia e di Renato, i paragoni impietosi e le battute anche pesanti… volevamo lasciare brechtianamente al pubblico ogni giudizio, ma trascinati dall’euforia generale non ci siamo trattenuti… quella sensazione di nausea se n’è andata e la serata si chiude con un lungo applauso e il risuonare delle risate si mischia ai commenti salaci “ministro d’la culteura! Ma va a cagher!“, “soccia che poeta!” e via così.
Fuori infuria la bufera e la neve scende copiosa… tutti torniamo a casa a scaldarci con un buon bicchiere di vino… sereni e con la convinzione di aver reso un servizio al paese… e alla poesia.
di Bebo Storti (Il Fatto Quotidiano, 22/10/2010)
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