Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
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mercoledì, maggio 15, 2019

Quartetto Léner

Lener Quartet
Nel corso del Sette-Ottocento, quando i massimi esponenti della Scuola di Vienna, da Haydn a Beethoven, erano impegnati a dar corpo al nucleo del grande repertorio quartettistico, gli strumentisti chiamati a far conoscere al pubblico queste straordinarie partiture non erano, per quanto ci è dato saperne, musicisti di eccezionale carisma. All’epoca di Beethoven il quartetto d’archi più noto era quello che faceva capo al violinista Ignaz Schuppanzigh (1776-1830), degnissimo musicista ma assolutamente non comparabile ai virtuosi di scuola paganiniana venuti poi. Il primo grande violinista dell'Ottocento a dedicarsi stabilmente al repertorio cameristico fu Joseph Joachim (1831-1907), dedicatario del Concerto per violino in Re maggiore op. 77 di Johannes Brahms. Joachim fondò ben quattro Quartetti che portavano il suo nome: a Weimar (1851-52), a Hannover (1852-66), a Londra (1859-97) e a Berlino (1869-97). Con queste formazioni Joachim diede ripetute integrali dei quartetti beethoveniani, oltre a numerose prime esecuzioni (di opere di Brahms, Cherubini, D'Alpert, Dohnanyi e Dvorak). Sulla strada di Joachim si misero due altri leggendari virtuosi: il viennese Arnold Rosé e il belga Eugène Ysaye. Il primo fondò nel 1882 il Quartetto Rosé che, prima a Vienna,
poi a Londra, fu promotore della Neue Musik oltre a creare novità di Brahms, Pfitzner, Reger; il secondo fonodò a Bruxelles nel 1886 il “Quatuor Ysaye", formazione durata fino ai primi anni del `900 che rivestì un ruolo essenziale nella vita musicale parigina e belga (fra l'altro fu suo l’onore di creare nel 1893 il quartetto di Debussy e il concerto di Chausson). Altra formazione composta di stelle degli strumenti ad arco fu il Quartetto Boemo, fondato nel 1892 e scioltosi nel 1933. Creato da quattro allievi di Hanus Wihan al Conservatorio di Praga (il violinista Josef Suk, il violista Oskar Nedbal ecc.), il Quartetto Boemo acquisì una reputazione internazionale soprattutto per le sue interpretazioni di musica ceca (il quarletto n. 2 di Smetana fu il suo cavallo di battaglia). Nell'ultimo quindicennio del XIX secolo l'accresciuta domanda internazionale di esecuzioni professionali, rispondenti all'alto concetto della letteratura cameristica che la borghesia internazianale era venuta facendosi, stimolò la nascita di nuove formazioni. In Francia nacquero il Quartetto Parent (durato dal 1892 al 1913) e il Quartetto Capet (dal 1893 al 1928); sulla Costa Atlantica degli Stati Uniti, in quel New England che conservava forti radici europee, nacque nel 1886 a Boston il Quartetto Kneisel, dissoltosi nel 1917. Con il XX secolo e l’avvento della riproduzione fonografica, straordinaria cassa di risonanza per tutti gli interpreti, le formazioni quartettistiche si moltiplicarono. Nessuno di questi gruppi faceva più capo ad un solista carismatico come Joachim o Ysaye: in tutti prevaleva il concetto di gruppo specializzato, in possesso di riconoscibili caratteristiche timbriche e la cui linea interpretativa prescindeva dall’apporto delle singole personalità. Nel 1902 veniva fondato sul lago di Ginevra il Quartetta Flonzaley; nel 1908 nasceva a Londra il London String Quartet (già New String Quartet): nel 1912 a Bruxelles, sulle orme di Ysaye, ecco il Quartetto Pro Arte: nel 1913 Adolf Busch creava con alcuni membri dell'Orchestra del Wiener Konzertverein il Quartetto che portò il nome prima di Konzertverein Quartett, poi di Busch Quartett; nel 1917 quattro orchestrali dell'Opera di Budapest formavano il Quartetto di Budapest; nel 1919 Joseph Calvet fondava in Francia il Quartetto omonimo che, sostenuto da Nadia Boulanger, si dedicò con successo al repertorio contemporaneo.
Proprio nel 1918, a metà strada fra le ultime due date, ecco il Quartetto Léner. Quasi contemporaneamente al Quartetto di Budapest (Emil Hauser, Alfred Indig, Istvan Ipolyi, Hary Son), la città di Budapest battezzava un secondo Quartetto d’archi di grande levatura. Il fatto non sorprende chi conosca anche superficialmente l'eccellenza della scuola violinistica magiara. L’Ungheria ha dato - e seguita a dare - alla letteratura quartettistica un numero impressionante di poker di fuoriclasse: pensiamo al Quartetto Ungherese (1935-1970), al Quartetto Végh (1940-1980), al Quartetto Tatrai (1946), al Quartetto Bartok (già Komlos; 1957), al Quartetto Kodaly (1966) al Quartetto Eder (1972), e a odierne formazioni giovani quali il Takacs e il Keller. Come verificatosi per buona parte dei Quarletti celebri, anche il Lener nacaue sotto forma di sodalizio fra coetanei, compagni di scuola del medesimo istituto. Jeno (Eugenio) Lehner (cognome in seguito mutato in Léner) era nato nel 1894. Degli altri membri del Quartetto - Joseph Smilovitz, 2° violino, Sandor Roth, viola, Imre Hartmann, violoncello - uno era sua coetaneo; gli altri due, nati nel 1895, erano di un solo anno più giovani. Tutti avevano studiato con insegnanti formidabili: Hartmann era stato allievo di David Popper, fra i padri della scuola cellistica moderna, gli altri tre avevano studiato con Hubay. Jeno Hubay (Budapest 1858 - ivi 1937), violinista e compositore, figlio del celelore violinista Karl Hubay (1828-1885), aveva esordito a 11 anni come bambino-prodigio. A 13 anni si era trasferito a Berlino, alla Hochschule fur Musik, dove si era perfezionato con Joseph Joachim. Tornato in patria, era stato elogiato da Franz Liszt e, dietro sua raccomandazione, si era trasferito a Parigi, facendo amicizia con Vieuxtemps. Tornato a Budapest, Hubay si era dedicato all'insegnamento e aveva ereditato dal padre la cattedra di violino. Dal 1919 al '34 fu direttore dell'Accademia Liszt. Maestro di molti leggendari solisti (Vecsey e Szigeti fra gli altri), fu ecoezionale didatta nell'ambito dell'interpretazione di musica da camera. Oltre che solista, Jeno Hubay aveva infatti fondato nell'Ottocento un Quartetto a lui intitolato, che ricevette le lodi entusiastiche di Brahms. Léner, Smilovitz, Roth e Hartmann suonavano tutti nell’Orchestra dell’Opera di Budapest quando, nel 1918, al termine del primo conflitto mondiale, scoppiò in Ungheria la Rivoluzlone. Interrottasi la vita musicale a causa dei sanguinosi avvenimenti (la lotta fra il partito del conte Karolyi e quello di Béla Kun), i quattro giovani decisero di “mettersi in proprio" e di formare un Quartetto d'archi.
Ritiratisi in un paesino di campagna con gli strumenti e un baule pieno di partiture, entrarono in clausura e per due anni lavorarono alla costruzione di un repertorio e alla definizione di uno stile interpretativo personale. Dopo 24 mesi di duro lavoro si sentirono finalmente pronti per la prima esibizione. Il loro concetto di debutto ebbe luogo a Vienna nel 1920 di fronte ad un uditorio nel quale sedevano illustri compositori convenuti da tutto il mondo di lingua tedesca e dalla Francia. Fra questi ultimi c'era Maurice Ravel, il quale si dichiarò entusiasta di quei quattro ragazzi, sollecitandoli a esibirsi presso un pubblico appassionato e competente come quello di Parigi. Jeno Lener e i suoi tre amici accolsero l'invito e il loro primo concerto parigino destò enorme sensazione. Il concerto più cruciale per la loro affermazione internazionale doveva tuttavia rivelarsi quello londinese, il 15 marzo 1922. "Balance and quality of tone are for them of supreme importance" scrisse un critico della capitale. "Even the passionate eloquence of Brahms cannot induce them to overstep their self-imposed limits. When they have agreed to a climax their tone will be robust and sonorous. But they do not allow tone to wait on sentiment, but rather feeling on tone. Thus the impression the listener derives is one of extraordinary smoothness and finisch". Fra il Quartetto Lener e il pubblico londinese scoccò un vero e proprio "colpo di fulmine": i quattro ungheresi scalzarono dal cuore dei britannici le altre formazioni, anche perché, a differenza di un ensemble come il London String Quartet (Sammons, Petre, Waldo-Warner, Warwick-Evans), erano meno "Brithis-oriented" (Delius ecc.) e palesemente più "idiomatic" nell'ambito della letteratura mitteleuropea classica e romantica. I dirigenti dell'etichetta Columbia, persuasi di trovarsi di fronte ad una realtà del massimo rilievo, si affrettarono a mettere sotto contratto i quattro magiari e fecero registrare loro i capisaldi della letteratura da camera. In 18 anni (1922-1939), tanto durò la collaborazione del Quartetto Lener con la British Columbia, venne messo assieme un repertorio quartettistico imponente, Secondo la catalogazione di Michael Smith e Ian Cosens (Voices of the Past, vol.8, The Oakwood Press) i 78 giri Columbia della serie L (1922-1929) furono 121, quelli con la sigla posteriore LX (1929-1939) furono 87. A queste 416 facciate si devono aggiungere quattro "Guest Performances": nel 1930 il Settimino op. 20 di Beethoven (Lener, Roth, Hartmann, Hobday, Draper, A.Brain, Hinchcliffe), nel '33 il Quartetto in Fa maggiore pe oboe K. 370 di Mozart (Leon  , Goossens, Lener, Roth, Hartmann) e nel biennio '38-'39 le due Sonate per violino e pianoforte di Beethoven opera 24 e opera 30 n. 1 registrate da Lener con il suo connazionale Lajos (Louis) Kentner (futura "spalla" di Yehudi Menhuin).
Le strabocchevoli dimensioni del catalogo Columbia del Quartetto Lener ci impediscono di passare in rassegna anche solo in modo sommario le loro realizzazioni. Ricordiamo tuttavia che, fino alla metà degli anni '20, a motivo delle limitazioni imposta dalla registrazione con il metodo acustico, il Quartetto Lener incise soltanto miscellanee di opere e di autori diversi (su un lato il Notturno del quartetto n.2 di Borodin, ad esempio, sull'altro lo Scherzo del quartetto op. 11 di Ciaikovski). Fu nel 1923, al sesto disco, che il Lener poté incidere un intero quartetto (il mozartiano K. 464 in otto facciate). A partire dall'anno successivo, con il Quartetto in do diesis minore op. 131 (5 dischi), ebbe inizio il ciclo delle incisioni beethoveniane della formazione budapestina. Un ciclo che proseguì nel corso di tutti gli anni '20 e '30, concludendosi nel 1938 con il Quartetto in mi minore op. 59/2 (4 dischi). In quegli anni il Lener divenne la formazione più richiesta per l'esecuzione del ciclo completo dei quartetti beethoveniani. Fra le più prestigiose proposte del ciclo fuori Londra va ricordata quella al Concertgebouw di Amsterdam (sala piccola) nel periodo 2-13novembre 1935. Nei quasi vent'anni di attività discografica il Quartetto léner incise sovente in formazioni allargate, che includevano di volta in volta "guest performers" come la pianista Olga Loeser-Lebert, il clarinettista Charles Draper, i violisti D'Oliveira e William Primrose, i due Brain (papà Aubrey e Dennis) al corno francese. Nell'ottobre 1929 il Quartetto Lener sbarcò negli Stati Uniti per una tournée in tutte le principali città, inclusa New York. Sotto i grattacieli riscosse particolare successo un loro ciclo di concerti dedicati alla storia della musica da camera, dal Barocco al Novecento. In America tuttavia il Quartetto Lener non riuscì a rinnovare i successi incontrati in Gran Bretagna. Il suo stile aristocratico "vecchia Europa" non convinse parte della critica, che gli rimproverava monotonia di stile e insufficiente adattabilità ai vari linguaggi. Alla fine della guerra il Lener era ormai considerato da tutte le agenzie concertistiche un ensemble di gusto sorpassato. Negli Stati Uniti l'indiscusso leader era ormai il Budapest String Quartet (formato a quel punto interamente da musicisti di origini russa), dal 1940 formazione "in residence" alla Library of Congress di Washington. Per sottolineare il proprio orgoglio nazionale Jeno Lener partecipò nel gennaio 1946 alla commemorazione di Béla Bartok tenutasi alla New York Public Library con il concorso di altri musicisti magiari in esilio, come il contralto Enid Szantho e il pianista Gyorgy Sandor. Il Quartetto (la cui nuova formazione era Michael Kuttner, 2° violino, Nicholas Harsanyi, viola, Otto Deri, violoncello) propose cinque brani da Mikrokosmos nell'arrangiamento di Tibor Serly. Due anni dopo, nel 1948, Jeno Lener si spegneva a soli 54 anni e la seconda formazione del Quartetto si sbandava definitivamente. Di lui restavano i dischi ma, con l'apparizione del microsolco 33 giri nei primi anni '50, anche la memoria fonografica del Quartetto sparì presto. Rimpiazzati da registrazioni tecnicamente più moderne di formazioni più "à la page", gli ingombranti album 78 giri del Lener finirono in soffitta.
Non è di poco conto che, nell'ambito del generale riesame della storia dell'interpretazione, oggi si torni a proporre il lascito beethoveniano del Lener. L'ascoltatore s'imbatte in una formazione che, come chiosarono i critici, si apparenta al Quartetto Busch per il calore romantico delle esecuzioni, contrapponendosi allo stile cartesiano e raffinato del Pro Arte e delle formazioni di scuola franco-belga. Le interpretazioni dei quattro quartetti di Beethoven qui proposte dagli allievi di Hubay e Popper a noi paiono stilisticamente imparentate (mutatis mutandis) con le Sinfonie beethoveniane lasciateci negli anni da Felix Weingartner (1863-1942), musicista mitteleuropeo molto popolare a Londra. Nelle une enelle altre si sente vibrare quella stessa conciliazione primigenia fra forma e sentimento, quel beato stato di grazia destinato di lì a poco a scomparire fra le vampe della lotta scatenatasi fra interpreti classici e interpreti romantici. Una guerra santa fra filologi e ri-creatori che ebbe i suoi campioni nei Toscanini, nei Mengelberg e nei Furtwangler, ma che, nelle sue estreme propaggini (ahinoi) dura tuttora.
Michele Salvini
(Note al disco Stradivarius STR 78002, (c) & (p) 1994) 

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