"Quando morì il padre, Agnes dovette organizzare la cerimonia funebre. Desiderava che il funerale si svolgesse senza orazioni e consistesse unicamente nell'ascolto dell'Adagio della decima sinfonia di Mahler, una musica che il padre amava. Ma era una musica terribilmente triste e Agnes temeva che durante la cerimonia non sarebbe stata in grado di trattenere le lacrime. Le sembrava intollerabile singhiozzare in pubblico e così mise sul grammofono il disco con l'Adagio e lo ascoltò. Una, due, tre volte. La musica le ricordava il padre e lei piangeva. Ma quando l'Adagio risuonò nella stanza per l'ottava, la nona volta, il potere della musica si attenuò; quando fece suonare il disco per la tredicesima volta, non ne fu più commossa che se avesse ascoltato l'inno nazionale del Paraguay. Grazie a questo allenamento riuscì a non piangere al funerale."
"Laura amava la musica sinceramente e profondamente; nel suo amore per Mahler vedo un significato preciso: Mahler è l'ultimo grande compositore europeo che ancora si rivolge ingenuamente e direttamente all`homo sentimentalis. Dopo Mahler, il sentimento nella musica diviene sospetto; Debussy vuole incantarci, non commuoverci, e Stravinsky addirittura si vergogna del sentimento. Mahler è per Laura l'ultimo compositore e quando lei sente dalla camera di Brigitte il rock a tutto volume, il suo amore ferito per la musica europea che scompare sotto il frastuono delle chitarre elettriche la fa andare su tutte le furie; dà a Paul un ultimatum: o Mahler o il rock; il che significa: o io o Brigitte."
«Mia moglie adora Mahler» disse poi. «Mi ha raccontato che quando mancavano quattordici giorni alla prima della sua Settima sinfonia, Mahler si chiuse in una rumorosa stanza d'albergo e passò le notti intere a rivedere l'orchestrazione››.
«Sì,» confermai «fu a Praga nel 1906. L'albergo si chiamava Modrá hvĕzda, Stella azzurra››.
«Me lo immagino in quella stanza d'albergo circondato da fogli di note,›› continuò Paul senza lasciarsi interrompere «convinto che tutta la sua opera sarebbe stata rovinata se nel secondo movimento la melodia fosse stata suonata dal clarinetto invece che dall'oboe››.
«E' proprio così» dissi pensando al mio romanzo.
Paul continuò: «Vorrei che un giorno quella sinfonia fosse eseguita davanti a un pubblico di famosi esperti, prima con le correzioni delle ultime due settimane e poi senza correzioni. Vi garantisco che nessuno riuscirebbe a distinguere una versione dall'altra. Intendiamoci: certamente è meraviglioso che il motivo suonato dal violino nel secondo movimento sia ripreso nell'ultimo movimento dal flauto. Tutto è elaborato, meditato, profondamente sentito, nulla è lasciato al caso, ma questa immane perfezione ci supera, supera la capacità della nostra memoria, la nostra capacità di concentrazione, cosicché anche l'ascoltatore più fanaticamente attento non percepirà che una centesima parte della sinfonia e sicuramente quello che per Mahler era meno importante››.
Il suo pensiero, così palesemente giusto, lo rallegrava, mentre io diventavo sempre più triste: se un mio lettore saltasse una frase del mio romanzo non lo capirebbe, eppure quale lettore al mondo non salta neanche una riga? Io stesso non sono forse il più grande saltatore di righe e di pagine?
«Non nego alle sinfonie la loro perfezione›› continuò Paul. «Nego soltanto l'importanza di quella perfezione. Queste arcisublimi sinfonie non sono che le cattedrali dell'inutile. Sono inaccessibili all'uomo. Sono inumane. Abbiamo ingigantito il loro significato. Ci hanno fatto sentire inferiori di fronte ad esse. L'Europa ha ridotto l'Europa a cinquanta opere geniali che non ha mai capito. Immaginate questa diseguaglianza provocatoria: milioni di europei che non significano nulla, contro cinquanta nomi che rappresentano tutto! La diseguaglianza di classe è il male minore, rispetto a questa ingiuriosa diseguaglianza metafisica, che trasforma gli uni in granelli di sabbia e proietta sugli altri il senso dell'essere!››.
da "Život je jinde" (La vita è altrove), Adelphi, 1987
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