Scrivere di Guido Cantelli, rievocarne la figura, l'arte, parlare della sua vita, è cosa che fa un poco tremare, tanto triste e vivo è ancora il ricordo di quella giovane esistenza così duramente spezzata!
Si diceva allora, mi rammento, che quel ragazzo era eccezionalmente fortunato, fortunatissimo! Direttore alla Scala a soli ventotto anni, protetto da Toscanini (anzi allievo suo, "pupillo" addirittura), procedeva veloce sulla strada che doveva condurlo alle più alte vette del magistero orchestrale; idolo di pubblici nostrani e stranieri, già ricco di successi internazionali e di critiche concordi e osannanti!
Poi un giorno, un breve volo, un urto, una fiammata e tutto finì! Aveva 36 anni! Bella fortuna!!
Ventisette luglio 1945: si presenta al battesimo del pubblico milanese un nuovo Maestro: il giovanissimo Guido Cantelli. Ce lo fa conoscere Riccardo Pick Mangiagalli, direttore del Conservatorio, proponendolo per un Concerto con l'Orchestra della Scala (nientemenol). E il Concerto ha luogo nel cortile della Rocchetta, al Castello Sforzesco, con un programma impegnativo (vi figura fra 1'altro la 6a Sinfonia di Ciaikowsky e una Humoresque di Pick Mangiagalli eseguita dal bravo Marcello Abbado, pianista); l'esito è buonissimo e il successo è dovuto, oltre che alla bravura degli interpreti, anche alla suggestione favorevole che i due giovani esercitano sul pubblico.
Così comincia Cantelli: ha fretta, molta fretta perché la sua bella carriera sarà breve (sembra quasi che già lo sappia!): ha diretto qua e là, in provincia, qualche recita d'opera lirica ingoiando di malavoglia certe orchestre da paese (col primo trombone calzolaio e il primo flauto farmacista) mettendo a dura prova nervi e carattere; poi si è dato alla musica classica dirigendo un anonimo gruppo strumentale nelle serate musicali di casa Majno e ora spera nella Scala, vuole arrivare lì, anzi, con il Concerto al Castello si può dire che è già arrivato!
Tuttavia quasi tre anni dovranno ancora trascorrere prima del 21 maggio 1948, data della vera consacrazione scaligera di Guido Cantelli: tre anni di maturazione di studio di attesa. E in questo periodo quante cose accadono! La ricostruzione del Teatro e il ritorno di Toscanini sono gli avvenimenti più importanti, legati l'uno all'altro. Il vecchio, celebre Maestro riprende l'antica sua vita scaligera: è sempre in Teatro, vede tutto, vuol sapere tutto.
Ascolta alcune prove dirette da Cantelli, si interessa al giovanissimo "collega", s'intenerisce anche perché crede di rivedere in lui sé stesso in gioventù e se lo tiene vicino e gli vuol bene. Subito si sparge la voce che Cantelli è l'allievo, il "pupillo" di Toscanini. Tanto basta per determinare interesse nel pubblico e la carriera di Cantelli inizia così, con insperata fortuna! Ma la gente si stanca presto delle favole e delle leggende: dopo un certo tempo l'interesse decade, i meriti di Cantelli vengono attribuiti più che altro a Toscanini e gli applausi ai suoi concerti si fanno meno intensi, meno convinti. Cantelli si impunta, risale la corrente, dimostra di saper fare da solo e di non aver bisogno di appoggi.
E vediamo questo ragazzo dalla figura ascetica vincere la seconda battaglia con i suoi soli mezzi, grazie alla serietà e alla forza del suo carattere, alla volontà e alla sua bella natura direttoriale. Ormai non è più il "fanciullo prodigio", ma è il Maestro, riconosciuto, classificato, ammirato e da ora in poi la sua "strada" continuerà a salire.
Oltre alle inevitabili vicissitudini artistiche che favorirono o intralciarono la via del successo, Cantelli dovette anche superare forti incomprensioni e non pochi contrasti con l'Orchestra della Scala.
Il suo carattere chiuso, difficile, introverso non ispirava simpatia: durante le prove assumeva atteggiamenti "più grandi di lui" e si dimostrava sostenuto, freddo, ostile, come se avesse a che fare con dei nemici. Non ci amava né ci stimava e lo faceva capire. Una volta, parlando a un giornalista di cose musicali d'America, fece un paragone fra le orchestre italiane e quelle americane. Forse il suo pensiero fu male interpretato o intenzionalmente esagerato, come sovente accade nelle interviste: sul giornale apparve un articolo inopportuno e sleale, tutto a nostro scapito.
Ne nacque un incidente piuttosto serio che fu appianato dopo difficili colloqui, trattative e ritrattazioni. Poi, finalmente, col tempo e con l'esperienza il Maestro si convinse che aveva degli amici fra coloro che collaboravano con lui, che doveva un pizzico di gratitudine agli esecutori che contribuivano ai suoi successi e che l'Orchestra della Scala (la "sua" orchestra!) aveva poco o nulla da invidiare alle sorelle d'oltremare. Allora il ghiaccio si disciolse, un sorriso di tanto in tanto apparve sul suo pallido viso e se questa trasformazione spianò quel volto solitamente corrucciato, molte facce anche in orchestra si rischiararono con evidente beneficio di tutti.
Cantelli possedeva, fra le molte sue doti, una buona memoria e ha sempre diretto senza musica sul leggio. Si impadroniva delle partiture mediante uno studio severo, poi, con originale personalissimo sistema, per tenersi "sotto pressione" nell'imminenza di un Concerto quando era in viaggio o fuori casa, ripassava i punti salienti del programma consultando più e più volte un pacchetto di cartellini che teneva nelle tasche. In questi biglietti erano trascritti brevi brani strumentali, passaggi difficili da tenere a mente, appunti di interpretazione, convenzioni mnemoniche e altro che riguardava i pezzi che doveva eseguire.
Aveva un gesto chiaro e mani belle, forse un poco rigide, ma espressive. Sapeva tenere in pugno l'orchestra e otteneva ciò che voleva. Confessava di studiare avidamente con gli occhi gli altri Maestri e, a quelli che stimava, tentava di carpire i segreti, l'esperienza e gli atteggiamenti. Ma non aveva bisogno di imitare nessuno perché la sua personalità artistica era valida e convincente.
Dopo un lungo periodo (otto anni!) dedicato esclusivamente alla musica sinfonica, il Maestro volle tentare l'opera: e ci riuscì benissimo! "Così fan tutte" di Mozart fu l'unica che diresse alla Piccola Scala; una magnifica esecuzione, con un «cast» eccezionale, addestratissimo, e con un'orchestra ben preparata attraverso prove e prove!
Quest'opera ebbe un esito trionfale e fu replicata nella stessa edizione e con il medesimo successo a Johannesburg, nel Sud Africa. Solitamente scontroso e incontentabile, il Maestro si trasformava quand'era soddisfatto. Accadeva di rado, ma qualche recita di "Così fan tutte" compiva il miracolo, poiché in quest'opera sentiva di essersi avvicinato alla mèta impossibile: la perfezione! Allora si esaltava: tutto in lui esprimeva un senso di radiosa felicità e il suo viso si illuminava per la gioia. Quando invece non era contento, e purtroppo non lo era il più delle volte, si isolava imbronciato e non c'era verso di distrarlo, di farlo parlare. Rammento una serata a Nizza, dopo il Concerto inaugurale della tournée europea. Avevamo iniziato molto bene il nostro "giro" e il Console Italiano invitò il Maestro con la moglie, la contessa Wally Toscanini e noi quattro del Quartetto della Scala a una cena notturna in un Albergo sulla Promenade des Anglais.
Malgrado il grande successo, Cantelli non era contento: qualche cosa non era riuscita come lui desiderava. A tavola rimase sempre muto senza assaggiar nulla, scuro in volto, creando col suo atteggiamento una situazione imbarazzante per tutti noi. In queste cose somigliava stranamente a Toscanini!
La tournée in Europa iniziata così bene a Nizza, si svolse poi felicemente in tutte le città del nostro itinerario e altrettanto fortunate furono le esibizioni che seguirono in Italia nel lungo giro da Milano a Catania e da Palermo a Trieste. Vedemmo non poche volte il pubblico (meravigliato e commosso per la rivelazione offerta dal giovane Maestro) in piedi alla fine del Concerto, applaudire a lungo, assolutamente entusiasta! E la doppia tournée si chiuse con un bilancio artistico e positivo.
A Johannesburg, ove avevamo esportato un pezzetto di Piccola Scala mietendo magnifici allori, nel lungo viaggio aereo di ritorno (ben 25 ore di volo poiché allora non esistevano i jet!) eravamo un piccolo gruppo in coda all'apparecchio, gruppo del quale facevano parte maestri e alcuni artisti. Cantelli, cui era riservata da un crudele destino quella tragica fine che sappiamo a poco più di un mese di distanza, forse per la gioia del ritorno o per la soddisfazione del lavoro compiuto, era allegro e spensierato: un vero ragazzo! Faceva a cuscinate con i compagni di viaggio, scherzava, giocava, si divertiva e divertiva tutti. Era il compleanno di un collega quel giorno e il Maestro, cosa stranissima dato il suo schivo carattere, seguito da un piccolo umoristico corteo, arrivò trionfante dalla cambusa dell'aereo con una fetta di torta in un piattino e relativa candelina accesa, suscitando un mondo d'allegria. Chi avrebbe mai pensato!... Poi venne l'inaugurazione del rinnovato Teatro di Novara, ultima tappa della sua breve carriera.
Si può dire che il Coccia era stato rimesso a nuovo per lui, cittadino ormai illustre, e a lui spettava la riconsacrazione. Serata indimenticabile! Dopo una breve prova di sistemazione, vari discorsi e un rinfresco, l'orchestra aveva lasciato il Teatro. C'era un programma importante: io rimasi in camerino e rimandai la cena a dopo il Concerto. Nell'attesa suonavo per ingannare la solitudine e il silenzio. Ad un tratto si aprì la porta e, inatteso, apparì Cantelli che era pure rimasto in Teatro e che, attirato dal suono del violino, veniva a dividere con me quell'ora di riposo e di pace. Il violino tacque e noi parlammo, parlammo a lungo della nostra attività passata, presente e, in special modo, della futura. "Vedrà (mi diceva) belle e grandi cose ci attendono (era stato nominato in quei giorni direttore della nostra Orchestra), viaggeremo molto, andremo anche in Giappone, siamo già in trattative: ci va Karajan con la sua Orchestra, perché non dovremmo andarci noi pure con la nostra? E poi, lei ha visto come è stato bello e tranquillo il nostro viaggio in Africa. Gli aerei sono ormai sicuri, non è più il caso di temere come molti paurosi ancora temono...". E quella sera fu un trionfo: l'entusiasmo dei concittadini del giovane Maestro rasentò il delirio.
Fra i "bis" eseguimmo il Largo di Haendel che Cantelli faceva cominciare con un lungo assolo di violino, quel Largo di Haendel che qualche tempo dopo suonammo alle sue esequie, col nodo alla gola, senza direttore, nella Chiesa di Novara e poi sempre a suo ricordo e in suo onore, alla Scala con gli altoparlanti all'esterno del Teatro per la folla silenziosa e commossa in ascolto.
Ed ecco un'altra data: 24 novembre 1956! Quel nebbioso mattino d'autunno! La telefonata di un amico alle sette. Accostarsi all'apparecchio quasi con timore per l'ora insolita, sentire una voce concitata: "Sai, un disastro aereo, questa notte, a Orly... Cantelli fra le vittime!..." e l'istintivo presagio venne purtroppo confermato dalla tristissima notizia!
Povero Guido! Ho visto per lui colleghi in lacrime, uomini che non avrei mai pensato di veder piangere, e io pure piansi, lo confesso, come se avessi perduto un carissimo, indimenticabile fratello!
Enrico Minetti
("Rassegna Musicale Curci", anno XXII, n.4 dicembre 1969)
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