Le trascrizioni che furono elaborate da Bach raggiunsero un numero così alto da potersi considerare come una sua abituale attività. Anche se una composizione era destinata a cambiare aspetto e colore nella scelta dello strumento per cui era stata trascritta, il lavoro rimaneva sempre ad un livello alto trasformandosi in una nuova creazione.
Tanto per citare alcuni esempi: la Fuga della Suite in si minore, creata prima per violino senza accompagnamento, fu dopo trascritta per organo. L'enorme differenza fra le due versioni - sia di qualità che di sonorità - fa pensare che in una trascrizione si potrebbe effettuare un'espressione completamente diversa, espressione che cambia, come detto sopra, a seconda dello strumento scelto. Sarebbe come sentire un episodio orchestrale prima affidato delicatamente solo ai legni e poi sentirlo più tardi brillantemente con le risorse dell'intera orchestra. Preferite uno o l'altro sarebbe dare poca importanza a quello che ogni musica richiede e cioè contrasto e sonorità.
Bach concepì ancora un'altra versione di quella Fuga e cambiando la tonalità da si minore a mi minore, la trascrisse per liuto. Quando Segovia la suonò in concerto con la chitarra (il cui suono rassomiglia in qualche modo a quello del liuto) trovò divertente leggere nella recensione di stampa piuttosto sarcastica del giorno seguente che se il pezzo aveva proprio bisogno di una trascrizione, perché poi cambiare la tonalità? (Evidentemente il critico aveva un orecchio assoluto ed attribuì la trascrizione all'esecutore). Segovia trovò anche divertente rispondere che era rimasto fedele a Bach quanto alla Fuga suonandola esattamente come era stata scritta! Questa seconda trascrizione è un'altra rivelazione nel mistero del suono e ci troviamo ora dinanzi ad una nuova, singolare personalità sonora. Non sarebbe assurdo anche il solo accennare ad un paragone? Tutto è scolpito dalla stessa mano, però con nuove linee.
E' ben conosciuto il fatto che le trascrizioni non sono accettate nei concorsi importanti di musica per due pianoforti. I Concerti di Bach scritti per due clavicembali (incluso quello spesso eseguito in do minore) non sono naturalmente soggetti ad alcuna restrizione. Eppure, il Concerto in do minore non è che una trascrizione dello stesso, scritto prima per violino ed oboe, raramente eseguito. Bisogna anche aggiungere che eseguire al pianoforte musica scritta per clavicembalo è, in certo senso, un'altra trascrizione. La musicalità del timbro pianistico, il maggior vantaggio di poter ritenere il suono più a lungo dopo la sua produzione, l'uso dei pedali e la maggiore possibilità coloristica, assumono nell'insieme un aspetto diverso. Il solo vantaggio che il clavicembalo possa avere sul pianoforte è nell'uso dei "couplers", ma si potrebbe ciò considerare un gran vantaggio sulle grandi risorse del pianoforte? Considerando che certa musica clavicembalistica guadagna in espressione se eseguita al pianoforte (sebbene questa teoria potrebbe non essere condivisa da tutti) il Concerto in do minore sopraccennato rappresenta, secondo la nostra opinione, una doppia trascrizione dalla sua prima creazione. E' pure importante far conoscere che il Concerto per due violini in re minore fu anche trascritto per due clavicembali in do minore. Questo ultimo, credo non venga mai eseguito, mentre l'altro, molto più espressivo, e eseguito frequentemente.
Bach attinse molta ispirazione dalla musica di Vivaldi ed allo scopo di ben conoscere e studiare lo stile di quest'ultimo ne trascrisse per organo ed anche per clavicembalo un gran numero dei Concerti Grossi per orchestra d'archi con uno o più violini obbligati. Il fervore che Bach sentiva per questo genere di trascrizione culminò nell'adattare per quattro clavicembali il Concerto scritto da Vivaldi per quattro violini, cambiando la tonalità da si minore a la minore, esigenza dovuta dalla limitata estensione della tastiera. Sarà stato certo un'interessante esperienza per il pubblico sentire in uno dei concerti estivi di Capodimonte, prima l'originale per quattro violini e poi l'adattamento per quattro clavicembali suonato allora su quattro pianoforti. Naturalmente, come in tutti gli altri Concerti, l'orchestra d'archi serviva di sfondo.
La testimonianza dei fatti, qui sopraccennati, denota che una trascrizione può considerarsi un lavoro d'arte quando viene fatta da mano maestra. In tal caso dovrebbe essere rispettata ed accettata in qualunque programma di concorso e in nessun caso dovrebbe essere considerata un'offesa all'arte anche nei programmi eseguiti in Olanda dove la parola trascrizione è quasi sinonimo di delitto!
Brahms era pure incline, se anche in modo più ristretto, a trascrivere una sua composizione per un mezzo diverso. Il famoso Quintetto per pianoforte ed archi nacque in origine come Quintetto per soli archi (mai pubblicato). In seguito fu trasformato in una Sonata per due pianoforti (che è pubblicata e che si nota non poche volte in programmi di musica per due pianoforti). Finalmente fu riaggiustata nella forma che divenne più conosciuta ed eseguita dalle altre, e cioè il Quintetto per pianoforte ed archi in fa minore.
Anche le variazioni di Brahms su un tema di Haydn hanno avuto per scopo due versioni, una per due pianoforti a quattro mani e l'altra per orchestra, ambedue eseguite spesso da prominenti pianisti specializzati in musica per due pianoforti e da prominenti direttori d'orchestra. Brahms ebbe mai in mente che la versione per due pianoforti potesse far sentir la mancanza dell'orchestra. Il pianoforte possiede un'individualità tutta propria, coloristica ed altamente musicale e completa, ciò che dovrebbe senz'altro soddisfare l'orecchio. Come per le trascrizioni di Bach, è necessario adattarsi al nuovo mezzo di sonorità, eppure si legge a volte che qualche critico nel sentire questo lavoro su due pianoforti deplorò la mancanza dell'oboe in qualche variazione o del corno in un'altra!
Compositori come Saint-Saëns e Castelnuovo Tedesco per nominarne solo due, ci hanno lasciato delle importanti trascrizioni dei loro lavori, sia dall'orchestra a due pianoforti che da uno a due pianoforti e non bisogna dimenticare Busoni che ci ha lasciato grandiose trascrizioni pianistiche di musiche di Bach e Mozart come pure una brillante trascrizione per pianoforte ed orchestra della Rapsodia Spagnola di Liszt. Liszt ci ha infine lasciato gran numero di ogni sorta di trascrizioni e sebbene talune abbiano di mira uno scopo virtuosistico (come dal repertorio operistico) altre conservano la linea puramente musicale ed espressiva delle trascrizioni originali, tanto da farci ritenere che i compositori stessi non avrebbero potuto superarle.
Lavori per organo trascritti per pianoforte
In linea generale, gli organisti non accettano l'idea che la qualità percussiva del pianoforte possa prendere il posto della qualità sonora dell'organo.
Se Bach non esitava (anzi ne era appassionato) di trascrivere per diversi strumenti alcuni dei suoi lavori, come anche alcuni di Vivaldi, trasportandoci in un nuovo mondo di sonorità, perché mai debba un ascoltatore, incline ad ammirare il suono dell'organo, opporsi a sentire un lavoro per organo col suono del pianoforte se la registrazione sonora organistica è musicalmente adeguata nella trascrizione?
A questo punto bisogna far notare che una trascrizione per due pianoforti a quattro mani tratta dall'organo, offre delle maggiori possibilità organistiche dal punto di vista della registrazione di quelle che possa offrire un pianoforte che possa disporre di sole due mani. Ciò che l'organista trova da obiettare è il fatto che il pianoforte non possiede la virtù della completa durata del suono fra una nota e l'altra che l'organo possiede, né il timbro dei diversi strumenti o la grandiosità dell'organo a pieno registro.
Questo è vero, ma d'altro canto vi sono dei vantaggi nell'uso di due pianoforti che mancano nell'organo: 1) la gradazione del suono in una linea melodica che è così importante per la sua espressività; 2) il contrasto dinamico fra diverse parti anche quando si dispone, nell'organo, di diversi manuali ed anche quando si tiene conto della maestria dell'esecutore nell'uso della registrazione. Questo contrasto manca nell'organo se si consideri che un tema non può risaltare con la sua dovuta chiarezza ed eloquenza quando è accompagnato da contrappunto, armonia o da qualche figurazione meno importante, incapaci di una ridotta sonorità.
Una trascrizione per due pianoforti (o dovremmo forse chiamarla adattamento?) può essere fatta bene o male. Se realizzando la registrazione organistica con logica e buon gusto, usufruendo bene delle quattro mani ed applicando tutte le risorse coloristiche del pianoforte, si potrebbe asserire che una composizione per organo bene eseguita su due pianoforti dovrebbe risultare musicalmente espressiva ed impressionante.
Ed ora un breve ma utile ammonimento al gentile ascoltatore: non aspettarsi né pretendere dal pianoforte quello che non possiede, cioè un diverso timbro, ma godere invece pienamente le particolari qualità sonore che questo magnifico strumento può rendere. Se Bach non fu avverso ai nuovi effetti che invariabilmente risultavano dal trascrivere un pezzo da uno strumento all'altro perché li considerava come nuove creazioni sonore, tanto più l'ascoltatore dovrebbe schiudere la sua mente e la sua immaginazione ad un concetto di musicalità più largo e profondo e ad un più esperto apprezzamento.
Ed ora per finire e rispondere alla domanda posta nel sottotitolo di questo scritto: «sono le trascrizioni un'offesa all'arte?›› Si, diciamo. Sono un'offesa all'arte se risultano mal fatte e nel qual caso non sarebbero meritevoli di una qualsiasi esecuzione, ma costituirebbero invece una rivelazione artistica e sarebbero degne di venir eseguite ovunque se fatte da mano maestra.
Silvio Scionti
("Rassegna Musicale Curci", anno XIX n. 2 giugno 1965)
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