Omeopatia musicale: pillole per attenuare il male dell'insensibilità culturale dilagante.
Curarsi con la musica senza necessariamente ricorrere al suono...

martedì, maggio 09, 2006

Wagner sull'"Eroica" di Beethoven

Questo poema musicale d'altissima importanza - la terza sinfonia del Maestro, l'opera con la quale egli cominciò ad incamminarsi sulla via del suo personale indirizzo - non è, sotto diversi aspetti, facile a comprendersi come la sua denominazione farebbe supporre.
Il titolo di Eroica, infatti, induce involontariamente a desiderare di vedere una serie di azioni eroiche rappresentate in immagini musicali, in un certo senso storico-drammatico. Chi cercherà di comprendere l'opera con questa aspettativa, si troverà dapprima smarrito e poi deluso, senza avervi in verità trovato godimento alcuno. Se dunque mi permetto di esporre qui, più brevemente che mi sia possibile, la concezione che mi son fatto del contenuto poetico di questa creazione musicale, è perché ho la convinzione sincera che, a parecchi ascoltatori della prossima esecuzione dell'Eroica, faciliterò una comprensione che essi non potrebbero raggiungere da soli se non con l'audizione più volte ripetuta di esecuzioni particolarmente vive di quest'opera.
Anzitutto bisogna prendere il qualificativo 'eroico' nel senso più generale, e non già intenderlo come attinente a un eroe militare. Se intenderemo in generale per 'eroe' l'uomo completo, che possiede in sé tutti i sentimenti puramente umani - dell'amore, del dolore, della forza - nella loro più alta potenza e nella loro massima pienezza, allora comprenderemo il vero soggetto che l'artista ci comunica con gli eloquenti ed avvincenti accenti della sua opera.
Tutte le diverse e potentemente intrecciate impressioni di un'individualità forte e completa, cui niente d'umano è estraneo, e che contiene in sé ed esprime tutto ciò che v'è di veramente umano, riempiono il quadro artistico di quest'opera. Avendo manifestato sinceramente tutte le nobili passioni, questa individualità giunge ad una conclusione conforme alla propria natura, che unisce la mollezza più sentimentale al più energico vigore. Il cammino verso tale conclusione costituisce la tendenza di quest'opera d'arte.
Il primo tempo comprende, come in un ardente punto di ignizione, tutte le impressioni d'una ricca natura umana, accesa da un'insaziabile passione e dotata di un'attività giovanile. Delizie e dolori, gioia e sofferenza, fortuna e sfortuna, riflessione e desiderio, stanchezza e eccitazione, ardimento, irrefrenabile orgoglio di sé, si alternano e si compenetrano così strettamente ed immediatamente che, per noi, nessuna di queste impressioni in particolare può nettamente separarsi dalle altre, mentre arde la nostra simpatia di andare ogni momento all'eroe che si rivela a noi come un uomo capace di provare tutto. Però, tutte quelle impressioni sono scaturite da una capitale facoltà, ch'é la forza. Questa forza, infinitamente esaltata da tutti gli stimoli delle sensazioni, e spinta ad esprimere la sovrabbondanza della propria natura, costituisce l'anima motrice di tutto questo brano di musica: essa si condensa - verso la metà del tempo fino a diventare una forza distruttrice e, nella sua più audace manifestazione, crediamo di vedere davanti a noi un flagello celeste, un Titano che lotta contro gli dei.
Questa forza devastatrice, che ci colma di entusiasmo e insieme di terrore, si spingerebbe verso una catastrofe tragica, il cui primo accenno si rivela al nostro sentimento nel secondo tempo della sinfonia.
Il musicista riveste questo accenno della forma musicale d'una marcia funebre. Una impressione, sulla quale domina un profondo dolore, mossa in una funerea solennità, ci si comunica con un linguaggio musicale avvincente: una severa e maschia malinconia passa dal lamento alla dolce commozione, alla rimembranza, alle lacrime d'amore, all'intima elevazione, alla esclamazione entusiastica. Dal dolore germina una forza nuova che ci riempie di un fuoco di vino; per alimentare questa forza, ricorriamo inconsapevolmente al dolore; ci abbandoniamo ai sospiri; ma appunto allora raccogliamo nuovamente tutte le nostre forze; e per non soccombere, vogliamo sopportare. Non respingiamo il dolore, ma noi stessi vogliamo sostenerlo sulle potenti onde di un cuore virile e coraggioso. A chi sarebbe possibile dipingere con parole le impressioni infinitamente varie, ma indicibili, che qui si mescolano, dal dolore alla più alta esaltazione, da questa alla più dolce tristezza, fino all'ultimo svanire in un ricordo infinito? Solo il musicista ha potuto riuscirvi in questo meraviglioso pezzo.
La forza cui - dominata dal profondo dolore - è tolto l'orgoglio che annienta, ce la mostra il terzo tempo. Il suo impeto selvaggio si è trasformato in alacrità fresca e serena; abbiamo ora davanti a noi l'uomo gentile, gaio, che vaga, snello e felice, per i campi della natura, contempla sorridendo i fiori, e fa risuonare dall'alto delle verdeggianti colline l'allegro corno da caccia; e tutto ciò che allora egli prova, il Maestro ce lo comunica nel suo sereno e vigoroso quadro musicale; ce lo fa dire infine anche da quei corni da caccia che esprimono con le loro fanfare l'animazione virile, bella e festosa, e nel contempo sentimentale. In questo terzo tempo, il musicista ci mostra l'uomo ed i suoi sentimenti sotto un aspetto opposto a quello che ci ha mostrato prima, nel secondo tempo; là, l'uomo che profondamente e potentemente soffre; qui l'uomo che agisce con gioia e serenità.
Questi due aspetti, il Maestro h congiunge ora nel quarto ed ultimo tempo per mostrarci finalmente l'uomo completo, in armonia con se stesso, animato da sentimenti nei quali il ricordo stesso del dolore si trasforma in agile e nobile attività. Questo tempo finale presenta, ora, l'antitesi, netta e significativa, del primo; in quello incontrammo tutte le impressioni umane, che ora si compenetrano nelle manifestazioni esteriori variate all'infinito, ora contrastano con loro violentemente; in questo vediamo quella contrastante diversità placarsi in una conclusione che raccoglie armoniosamente in sé tutte le impressioni, e che si presenta a noi sotto una forma plastica, benefica.
Questa forma, il Maestro la mantiene da principio in un tema estremamente semplice, che ci si presenta sicuro e preciso, e che è suscettibile d'infiniti sviluppi dalle più delicate finezze alla maggiore potenza. Intorno a questo tema, che possiamo considerare come l'espressione della ferma individualità virile, si aggirano e si slanciano, fin dal principio dei tempo, tutte le impressioni più dolci e più tenere; esse si sviluppano fino alla manifestazione dell'elemento puramente femminile, che si rivela finalmente in rapporto al tema virile principale - che percorre energicamente tutto il pezzo - con un'irruenza via via più esaltata e variata, come la sovrana potenza dell'amore.
Questa potenza si apre - sul finire del tempo - col movimento di una nobile e sentimentale calma; l'amore si esprime dolce e tenero in principio, elevandosi poi sino al sentimento sublime dell'estasi, per conquistare finalmente fino alle più profonde radici tutto il cuore dell'uomo. Qui, questo cuore esprime ancora una volta il ricordo del dolore di vivere: gonfio d'amore si dilata, lui che tra le sue delizie accoglie anche il dolore, perché delizie e dolori, in quanto sentimenti puramente umani, sono una cosa sola. Il cuore sussulta ancora una volta, e allora cade una lacrima, ricca di nobile umanità; intanto, dissipando l'incanto della malinconia, erompe ardita la lode della forza, della forza che unisce all'amore, e nella quale ora l'uomo completo e perfetto ci grida giubilando la confessione della propria divinità.
Ma solo col linguaggio dei suoni fu possibile al Maestro esprimere l'indicibile, ciò che appunto queste parole non possono accennare se non con grande difficoltà.
 
scritto di Richard Wagner (Beethoven's "Heroische Symphonie", 1851) Passigli Editore, 1991

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