Il contributo dei compositori di Spagna alla concretizzazione delle forme, degli stili, delle tecniche vocali e strumentali durante gli ultimi secoli del medioevo, la rinascenza e il barocco soltanto di recente è stato oggetto di approfondite investigazioni.
Infatti dopo i quattro volumi di Historia de la Musica española, pubblicati da M. Soriano-Fuertes tra il 1855 e il 1859, solo alla fine del secolo scorso Felipe Pedrell intraprese e sviluppò indagini ordinate raccogliendo e riesumando in moderne edizioni critiche un ampio e interessante materiale. Un esteso studio panoramico deve considerarsi quello che nel 1914 Rafael Mitjana redasse per l'Encyclopédie de la musique del Lavignac.
Ma da alcuni decenni il ritmo delle indagini e delle riesumazioni si è intensificato mercé la rinnovata azione dell'Istituto spagnolo di Musicologia diretto da Mons. Higini Anglés, il quale nei suoi anni giovanili era stato allievo e collaboratore di Pedrell.
Cogliamo l'occasione per ricordare che, a mezzo della Scuola spagnola di Storia e Archeologia, collegata alle istituzioni predette, è stata già da alcuni anni iniziata la pubblicazione di una serie di nuovi volumi Monumentos de la Musica española.
I volumi in pubblicazione sono stati divisi in tre gruppi:
1) i compositori spagnoli che servirono nella Cappella pontificia come cantori dal tempo del soggiorno papale in Avignone sino al XVII secolo, creando un assiduo scambio con le cappelle reali di Castiglia e d'Aragona-Navarra. Vedranno in tal modo la luce le opere di Juan Escribano, Andreas de Silva, Marturià Prats, Alfonso Troya, Juan Palomares, Juan del Encina, Francisco de Peñalosa, Gabriel Merino, Juan Escobedo de Zamora, Cristobal de Morales, Pedro Ordonez, Melchior Robledo, Francisco Soto de Langa, Pedro Merendia;
2) compositori spagnoli, italiani e stranieri che furono al servizio della corte reale di Napoli dal XV al XVII secolo con riferimenti anche all'attività musicale in Sicilia durante lo stesso periodo. Ed ecco le opere di Filippo da Caserta, Bernardo Ycart, Pedro de Oriola, Johannes de Cornago, Vincenet, Guillermus Guarnier, Johannes Tinctoris, Diego Ortiz, Francisco Martinez de Losco, Bartolomeo de Roy, Jean de Macque, Francisco Salinas, Pedro Cerone, Bernardo Clavijo del Castillo, Sebastian Raval.
3) compositori spagnoli che senza fissa residenza vissero e operarono in Italia dal XVI al XVII secolo: Bartolomé Ramis de Pareja, Fernando de las Infantas, Pedro de Venezuela, Tomas Luis de Victoria, Domingo de Terradellas, David Pérez, ecc..
Lasciamo qui da parte la ricchissima produzione vocale popolaresca o nobililare vocale e strumentale per soffermarci sulle caratteristiche proprie della muslca sacra di quella terra, così profonde e colorite da misticismo e da intima fede, quale risulta sin dal secolo XV in tante pregevoli composizioni per culminare nella produzione di Cristobal Morales agli inizi del secolo XVI, produzione che si enuncia nel filo conduttore di Josquin des Prez attraverso la generazione di Nicolas Gombert, Jacques Clement (Clemens non papa) e Adriano Willaert.
Anche su questo grande musicista Morales, non molte sono state le biografie. Citiamo quella di Rafael Mitjana y Gordon apparsa nel 1920, l'importante prefazione di Mons. Anglés alla pubblicazione dei libri di Messe (1953). Dedicato a Morales è anche l'Annuario Musical dell'Istituto spagnolo di Musicologia del 1953. E' da segnalarsi inoltre lo studio sulle Messe di G. A. Trumpff di Gottinga e l'altro studio di R. Stevenson sullo stile e la tecnica delle composizioni.
Note biografiche. Le investigazioni non hanno consentito finora di precisare la data di nascita di Morales. Le sue composizioni e i documenti pontifici lasciano comprendere che sia nato a Siviglia verso il 1500; riteniamo più probabile qualche anno prima.
Sappiamo che si dedicò alla musica e agli studi religiosi fin da fanciullo, come egli stesso ci fa sapere: «Quantum vero profecerim, aliorum sit judicium; equidem puto nunquam fore, ut Musicam didicisse me poeniteat aliquando››.
Nell'agosto 1526 risulta Maestro di Cappella nella cattedrale di Avila. Nel 1530 lo troviamo a Plasencia con la funzione di rettore della Cappella della cattedrale. Nel maggio 1534 venne nominato dal Pontefice Clemente VII beneficiario della chiesa parrocchiale di Salamanca.
Nel 1535 Morales giunse a Roma e venne ammesso con esame e valutazione unanime cantore della Cappella pontificia. Era in quegli anni decano di detta Cappella il compositore spagnolo Juan Escribano, fin dal 1507 componente della Cappella Sistina, nella quale figuravano illustri musicisti francesi, fiamminghi, italiani e spagnoli.
Dal Diario della Cappella Sistina si apprende che Morales proveniva da Napoli, dove fece ritorno dopo alcune settimane, forse perché manteneva impegni di servizio con la Cappella del Vicerè Pedro di Toledo marchese di Villafranca.
L'alta estimazione artistica e religiosa che il Morales conquistò presso Paolo III è confermata dalla nomina fattagli nello stesso anno 1535 di conte del Sacro Palazzo e di San Giovanni in Laterano, notaro e familiare. Nel 1537 era già talmente consolidata la sua fama artistica, che il cantore della Cappella pontificia Antonio Cappello inviò, nel maggio, al duca di Ferrara due Mottetti di Morales in omaggio e nel 1538 una Messa a cinque voci e un altro Mottetto a sei voci insieme ad un Mottetto a sei voci di Bartolomè Escobedo Castigliano, compagno di Morales.
Nel giugno 1538 Morales accompagnò Paolo III a Nizza e fu incaricato di comporre un Mottetto o Cantata celebrativa per la pace stipulata fra l'imperatore Carlo V e il Re di Francia Francesco I.
Parimenti nel 1539 Ippolito d'Este, assunto alla porpora cardinalizia, gli dette incarico di comporre il Mottetto celebrativo. Dopo alcuni mesi di soggiorno nella sua terra nativa fece ritorno a Roma.
Dal 1540 incominciano ad apparire in stampa le sue composizioni. Messe e Mottetti polifonici si susseguono con frequenza: due libri di Messe a quattro, cinque voci (1544); due libri di Magnificat a quattro voci (1542-1562); due libri di Mottetti a quattro voci (1541-1546); lamentationes a quattro, cinque, sei voci (1564); Madrigali a quattro, cinque voci in raccolte di quegli anni.
Il libro di Messe edito nel 1544 reca la dedica al duca Cosimo de Medici. Nel maggio 1545 Morales ottenne dieci mesi di licenza dalla Cappella Sistina per far ritorno in Spagna. Essendosi là reso vacante il posto di Maestro di Cappella nella grande cattedrale di Toledo, i canonici unanimi lo designarono, ed egli accettò l'incarico, in considerazione anche che il clima di Roma non riusciva favorevole alla sua delicata salute. Prese possesso dell'incarico il 1° di settembre e lo mantenne sino al 1547, rinunziandovi probabilmente per andare ad assumere il posto di Maestro della musica nel palazzo del duca d'Arcos in Marchena.
Il 27 novembre 1551 risulta Maestro nella cattedrale di Malaga.
Nell'agosto 1553, i canonici della cattedrale di Toledo, essendo ancora una volta rimasti senza direttore della Cappella per la rinunzia di Torrentes, decisero di richiamarlo, ma la morte lo colse inopinatamente tra il 4 settembre e il 7 ottobre di quell'anno.
Le Messe polifoniche. Ne sono state finora accertate 22, di cui 16 stampate nei due volumi del 1544.
Sono per lo più composte su melodie gregoriane e su mottetti. Sono soltanto 8 quelle che sono composte o su canti spagnoli Tristezas Me Matan e De Silde al caballero (2), due Messe su la canzone l'Hornme armé, una a 4 voci, una a 5 voci e una Messa Mille Regretz a 6 voci, costruita sulla omonima canzone di Josquin des Prez, a 4 voci.
Nella prima di queste, la voce con il motivo Tristezas reca parole spagnole, mentre altre voci cantano il testo liturgico. Alcune Messe di Morales includono testi profani sulla falsariga di molti compositori da Dufay in poi, compreso Josquin.
La Messa a 4 voci l'Homme Armé mantiene integro l'antico cantofermo, mentre nell'altra Messa l'Homme Armé Morales fa che il cantofermo permei tutte le voci, secondo la tecnica più recente.
Nella Messa Mille Regretz, il soprano inizia il Crucifixus nel punto che la canzone reca le parole "J'ay si grand dueil et paine".
Appartengono allo stesso gruppo di otto le Messe seguenti: Messa su l'esacordo, Missa Cortilla (detta anche Missa super fa re ut fa sol fa) e Missa Caça.
Sono 6 le Messe costruite su mottetti: Quaeramus cum pastoribus sopra un mottetto di Mouton; Benedicta es coelorum regina costruita anch'essa sopra un mottetto di Mouton; Aspice Domine costruita sopra un mottetto di Gombert; Si bona suscepimus costruita sopra un mottetto di Verdelot; Quem dicunt hornines sopra un mottetto di Richafort; Vulnerasti cor rneum, costruita sopra un mottetto anonimo, apparso nel 1° libro dei Mottetti de la Corona di Ottaviano de Petrucci.
Nel Kyrie della Missa Quaeramus a 5 voci le due linee superiori iniziano come quelle del mottetto, mentre le 3 voci più gravi presentano il tema del basso del mottetto. I temi del basso e del tenore sono usati a punti sempre diversi.
La Missa benedicta est trae anche qualche spunto, specie nel Benedictus, dall'omonimo mottetto di Josquin.
Le Messe composte sopra melodie gregoriane comprendono una Missa de Beata Vergine a 4 e a 5 voci.
Le tre sezioni del Kyrie sono composte ciascuna sul cantopiano con una contromelodia libera; il Kyrie 1° usa i due spunti imitativamente a coppie. Il soprano parafrasa il canto nel Gloria, che comprende i tropi mariani, mentre le altre voci impiegano il medesimo materiale in imitazioni tra loro. Anche il Credo sviluppa lo stesso ordine, salvo che la melodia è affidata al tenore. Il Crucifixus è composto per le 3 v. gravi. Al 1° Osanna viene aggiunta una 5a v.; le due voci superiori cantano in canone alla 5a. Il materiale è rilevato da 4 neumi del cantopiano.
Nel 2° Osanna il basso ripete su gradi diversi un motivo tratto dai primi due neumi. Nel 1° Agnus la melodia si enuncia nella voce acuta; viceversa nel 2° Agnus si enuncia nella voce grave. Il 3° Agnus è, come di prassi, composto per 5 v. In qualche voce il cantopiano non è nettamente definito alle parole "Dona nobis pacem", al quale punto il tenore assume il motivo del cantopiano mantenendolo sino alla fine. Si osserva qui che normalmente Morales tratta le melodie gregoriane con grande rispetto evitando di contaminarle nei loro contorni essenziali; mantiene solo pochi abbellimenti.
Mentre la Messa a 5 v. De Beata Virgine è, come di consueto, basata almeno in parte sul cantopiano della Messa IX, il Credo non è costruito sul Credo I gregoriano, ma sull'antifona Ave Maria.
Una Messa su Tenor a 4 v., costruita direttamente sull'antifona, aggiunge per il 3° Anus, che enuncia il cantofermo, un canone con 2 v. in più.
Anche nella Missa Ave Maris Stella a 5 V. figura un canone. Il Kyrie I inizia col cantofermo nel soprano mentre le altre 2 v. sviluppano un canone alla 4a con un motivo diverso. La 4a voce e il basso, che entrano prima delle altre voci, cantano rispettivamente ad imitazione del cantopiano e del canone. In questo tratto del Kyrie, in prosieguo, le due voci che incorporano il cantopiano lo abbandonano e si associano al canone in imitazione. Nel Sanctus vi è pure un canone alla 4a basato sul motivo gregoriano ed eseguito dal 2° soprano e dalla 2a voce grave. Il canone comprende tutte le singole frasi del cantopiano, ripetendo l'ultima. La presenza della voce grave della melodia del Sanctus avvantaggia l'unità e la struttura del pezzo.
Nel Requiem a 5 v. composto da Morales si osserva che i temi singoli si riodono nei vari pezzi. Si tratta di un lavoro che aderisce alle melodie del cantopiano in maniera più completa in confronto coi Requiem degli autori francesi di quel tempo.
Morales impiega come Graduale il Requiem aeternam invece del motivo Si ambulem. Il cantofermo, tuttavia, si mantiene su note lunghe e con poche varianti. Qualche melisma gregoriano viene omesso. ciò che documenta la perenne sobrietà dello stile di Morales. Anche a differenza dagli autori francesi suoi contemporanei, lo spagnolo termina quasi sempre il suo tema sulla medesima nota della melodia gregoriana. Le altre voci mantengono spesso il cantopiano, di solito in maniera anticipatoria e procedendo ad imitazioni per 4e o per 5e.
Nel Graduale le voci procedono a coppie, due col motivo gregoriano, due con un motivo indipendente. Il Sanctus presenta una scrittura ad accordi omoritmici.
L'Officium defunctorum alternatim cum choro (nel quale il cantopiano si alterna con la polifonia) è scritto a 4 v. in stile sobrio e contenuto, con un'elaborazione limitata del motivo gregoriano, quasi sempre al soprano dei tratti polifonizzati, e con frequente tendenza alla scrittura omoritmica. Un uso convincente del silenzio utilizzato per fini espressivi si osserva nel Parce mihi Domine l'interruzione di una battuta prima e una dopo la parola Peccavi.
Osserviamo in un passaggio ripetuto insistentemente nel Ne recorderis che il nostro compositore non respinge con rigore l'impiego di quinte consecutive quando una di esse risulta dalla presenza di una nota di passaggio.
Nel suo Magnificat, contenuto in un volume edito a Venezia nel 1545, si osserva l'alternanza di cantopiano e di polifonia. In detto volume che contiene 16 brani a 8 v. di Morales con i versi parimenti numerati scritti in polifonia, usualmente a 4 voci.
Nell'ultimo di questi brani l'VIII Tono appare volta a volta nel soprano, nel basso, nell'alto, nel tenore, e ancora nel soprano. Nel versetto ultimo vengono introdotte altre due voci che cantano l'VIII Tono in canone.
Nel Salve Regina osserviamo altresì che il cantopiano si alterna con la polifonia, la quale è condotta ad imitazioni per coppie di voci.
I Mottetti. Ne son stati individuati e raccolti oltre 90, in gran parte inediti.
In un mottetto giovanile per cerimonia a 6 v. Jubilate Deo, composto per l'incontro di pacificazione organizzato dal papa Paolo III ed effettuato a Nizza nel 1538 tra Carlo V e Francesco I, la 5 v. canta Gaudeamus sopra le note dell'Introito gregoriano Gaudeamus omnes. Anche in un altro mottetto per cerimonia composto nel 1539 per l'elevazione al cardinalato di Ippolito d'Este osserviamo una voce che commenta sul testo delle altre parti vocali. Ciò conferma il piacere provato da Morales nell'impiego di una voce che canta su testo diverso dalle altre.
Così nel suo Pater peccavi a 6 v. il tenore 2° canta il Pater noster a note lunghe, mentre le restanti voci procedono sulle parole del figliol prodigo. Nel mottetto a 4 V. Hoc est praeceptum meum, una 5a v. invoca all'inizio due volte un santo con «Ora pro nobis››.
Questa preferenza di Morales per l'impiego di testi diversi risulta anche nel mottetto Emendemus in melius. Morales vi intreccia il Responsorio Emendemus del mercoledì delle Ceneri e le parole che il sacerdote pronunzia imponendo le Ceneri «Momento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris››. Il tenore le intona per ben sei volte. La melodia del Responsorio di cantopiano, appare soltanto durante una parte della composizione, spogliata da alcuni dei suoi melismi. Il brano risulta di grandiosità drammatica. Altro esempio di impiego simultaneo di due testi si osserva nel mottetto Andreas Christi famulus. Il secondo soprano canta un ostinato sulle parole "Sancte Andrea, ora pro nobis".
Ma nel suo mottetto più celebre Lamentabuntur Jacob in tutte le 5 v. si sviluppa lo stesso testo. Morales presenta un punto di contatto con Nicolas Gombert, in quanto i suoi primi mottetti editi appaiono nel 1541 in volumi dedicati a lavori di Gombert.
Caratteri stilistici. Molto giustamente mons. Anglès ha osservato che «per conoscere quale fu il merito ed il contributo personale di Morales al repertorio della musica sacra della sua epoca è necessario dunque paragonare la sua opera non con quella del grande Palestrina, né con quella dell'incomparabile Victoria, ma bisogna invece metterla in rapporto con quella di altri maestri che lo precedettero. Quando si conoscerà con esattezza il repertorio delle Messe polifoniche composte in Europa fino al 1544 e si sia ben confrontato con le opere di Morales, potremo allora dire con cognizione di causa quale sia stato il contributo personale del maestro spagnolo; quando si conoscerà meglio il repertorio dei mottetti scritti sino al 1553 e saranno pubblicati tutti quelli di Morales che ci sono pervenuti, potremo dire con esattezza in che consista il suo carattere tipico e fin dove arrivi il contributo dell'insigne maestro spagnolo nella forma musicale del mottetto››.
E' facile rilevare che il numero delle sue Messe non raggiunge né quelle di Orlando Di Lasso, né quelle di Palestrina. Anche il numero di 90 mottetti repertati è inferiore ai 100 di Guerrero, ai 300 di Palestrina, ai 1200 di Orlando Di Lasso.
Si osserva la preferenza del maestro spagnolo per le fonti sacre e gregoriane quali ispiratrici del suo repertorio sacro, insieme con la già enunciata serietà e sobrietà di linguaggio polifonico. Come già abbiamo detto, lo stile di Morales discende dai grandi modelli di Josquin des Prez (un esempio evidente sta nei canti a coppia bicinia); si osserva peraltro anche un qualche influsso dello stile di Gombert che fu suo immediato maestro.
Nel complesso, possiamo sin da ora con sicurezza affermare che la personalità di Christóbal Morales nel campo della polifonia sacra del secolo rinascimentale presenta sue inconfondibili caratteristiche derivate massimamente dalla sua natura di spagnolo e dalla sua formazione artistica e religiosa.
Comunque, soltanto quando tutto il materiale del suo repertorio sarà raccolto, riedito e diffuso potrà aversi la definitiva, concreta valutazione storica ed estetica, e questa sarà certo nobile e austera.
Adriana Mannino Pasca
("Rassegna Musicale Curci", anno XXI n. 2 giugno 1968)
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